Slaapt ze? Ze slaapt. Na drieëntachtig jaar,
driehonderdvijfenzestig keer per jaar.
haar haar gekamd te hebben, op ik weet niet hoeveel
schoenen door de stad te zijn gelopen,
steeds maar weer die veters, vorken, lepels,
mensen, wat voor mensen, waar dan, slaapt ze.
Ze slaapt en ik, morbide als ik ben, denk aan
haar kam, haar nagelschaar en wenkbrauwstift,
hoe alles, nachtcrème, bankpas, tijdsgewricht,
wordt weggeworpen, uitgewist. En dit,
is dit beschaamde slepen een begrafenis?
Alsof je ongemerkt een munt verliest,
op een verveeld station je krant vergeet, zoiets.
Noem het tragiek, noem het ritme, de tijd,
die vuile carnivoor, zorgt steevast voor een eind
dat stinkt. Maar ze slaapt nu, ze slaapt.
Dus dek haar toe en zorg dat haar vermoeide voeten
nooit meer de straat op hoeven.
Menno Wigman
Davanti alla bara comunale della signora P.
Dorme? Lei dorme. Per più di ottantatré anni,
trecentosessantacinque volte all'anno
si è pettinata, non so in quante
scarpe ha percorso la città,
sempre ininterrottamente tutti quei lacci, forchette, cucchiai,
persone, che persone, dove poi, lei dorme.
Lei dorme ed io, morbido come sono, penso al
suo pettine, alla sua forbice per le unghie e alla sua matita per le sopracciglia,
a come tutto, crema da notte, bancomat, epoca,
venga gettato via, cancellato. E questo,
questo vergognoso trascinarsi sarà mica una sepoltura?
Come se si perdesse una moneta senza accorgersene,
come se ci si dimenticasse un giornale in una noiosa stazione, una cosa così.
Chiamatela tragedia, chiamatela ritmo, il tempo,
la sporca carnivora provvede sempre ad una fine
che puzza. Ma ora lei dorme, lei dorme.
Allora rimboccatela e abbiate cura che i suoi piedi affaticati
non debbano più percorrere strade.
Alle volte ciò che sta dietro un testo non dovrebbe stare costretto in una piccola nota a piè di pagina, ma dovrebbe, se possibile, affiancare il testo o persino avvilupparlo (un contesto che si fa veramente con-testo). Mi pare sia una di quelle volte, quindi ricomincio.
*
In Olanda ci sono dei poeti che accompagnano alla tomba le persone che concludono la loro vita con una morte solitaria, in totale assenza di amici o parenti (
Eenzame Uitvaart - dichters begeleiden eenzaam gestorven mensen naar hun graf). Componendo e leggendo una poesia ad ognuna di queste persone, ne hanno accompagnate già
più di cento, perché non sono così rari coloro che muoiono e vengono sepolti o cremati alla sola presenza dei necrofori, di qualche addetto delle pompe funebri e di un rappresentante dei servizi sociali del comune.
Quella che segue è la poesia che Menno Wigman, uno dei più noti poeti olandesi delle ultime generazioni, appartenente al gruppo di poeti di Eenzame Uitvaart (esequie solitarie) di Amsterdam, ha composto e dedicato alla signora P. Non solo la signora P. è morta in solitudine, ma la sua sepoltura è stata rimandata dal comune fino all'ultimo momento possibile, il 31 dicembre, di mattina prestissimo, perché i costi ne fossero minimizzati.
Mi piace pensare che la signora P. avrebbe approvato tutto, comprese le dilazioni e l'attesa fino al 31 dicembre. Mi piace anche pensare che, in fondo, la signora P. è stata una delle relativamente poche persone al cui funerale la cerimonia abbia previsto qualcosa di concepito espressamente per lei, e non per i vivi, qualcosa di piccolo, di esiguo, denudato di ogni velleità di poterla raggiungere e anche di ogni pretesa di ricordarne il nome.
BIJ DE GEMEENTEKIST VAN MEVROUW P.
Slaapt ze? Ze slaapt. Na drieëntachtig jaar,
driehonderdvijfenzestig keer per jaar.
haar haar gekamd te hebben, op ik weet niet hoeveel
schoenen door de stad te zijn gelopen,
steeds maar weer die veters, vorken, lepels,
mensen, wat voor mensen, waar dan, slaapt ze.
Ze slaapt en ik, morbide als ik ben, denk aan
haar kam, haar nagelschaar en wenkbrauwstift,
hoe alles, nachtcrème, bankpas, tijdsgewricht,
wordt weggeworpen, uitgewist. En dit,
is dit beschaamde slepen een begrafenis?
Alsof je ongemerkt een munt verliest,
op een verveeld station je krant vergeet, zoiets.
Noem het tragiek, noem het ritme, de tijd,
die vuile carnivoor, zorgt steevast voor een eind
dat stinkt. Maar ze slaapt nu, ze slaapt.
Dus dek haar toe en zorg dat haar vermoeide voeten
nooit meer de straat op hoeven.
Menno Wigman
Davanti alla bara comunale della signora P.
Dorme? Lei dorme. Per più di ottantatré anni,
trecentosessantacinque volte all'anno
si è pettinata, non so in quante
scarpe ha percorso la città,
sempre ininterrottamente tutti quei lacci, forchette, cucchiai,
persone, che persone, dove poi, lei dorme.
Lei dorme ed io, morbido come sono, penso al
suo pettine, alla sua forbice per le unghie e alla sua matita per le sopracciglia,
a come tutto, crema da notte, bancomat, epoca,
venga gettato via, cancellato. E questo,
questo vergognoso trascinarsi sarà mica una sepoltura?
Come se si perdesse una moneta senza accorgersene,
come se ci si dimenticasse un giornale in una noiosa stazione, una cosa così.
Chiamatela tragedia, chiamatela ritmo, il tempo,
la sporca carnivora provvede sempre ad una fine
che puzza. Ma ora lei dorme, lei dorme.
Allora rimboccatela e abbiate cura che i suoi piedi affaticati
non debbano più percorrere strade.