sabato 20 agosto 2011

Bonjour, messieurs dames

kennen sie mich herren
kennen sie mich herren
kennen sie mich herren
meine damen und herren
Ernst Jandl

'Morgen.
'Morgen.
Bitte.
Danke.
Irgendwo,  irgendwann.

Generalmente crediamo che "bonjour" e "merci" appartengano ad un vocabolario universale che accompagna i gesti fondamentali del saluto e della gratitudine. Ci sbagliamo, perché queste parole in apparenza semplici sono in realtà di difficile impiego per coloro che vengono da altrove, nel senso che ciò è profondamente legato al modo particolare di essere con gli altri presupposto dalla lingua francese. "Bonjour" e "merci" presuppongono un "essere insieme" molto diverso da quello che si trova iscritto nella lingua giapponese. Mi sono reso conto presto che non si poteva dire in Francia "bonjour" e "merci" come si direbbe in Giappone "konnichiwa" (o "ohayôgozaimasu") e "arigatô".
Nelle panetterie, nelle tabaccherie o in altri piccoli negozi, fui colpito dal fatto che degli uomini (e, meno spesso, delle donne) entrassero nel negozio dicendo a tutti: "Bonjour, messieurs-dames", o semplicemente "bonjour" o ancora, succintamente: "Messieurs-dames". Salutare degli sconosciuti? E sì, è una cosa frequente in Francia; basta camminare per le vie di Parigi o prendere il métro, prestare attenzione agli spettacoli che si offrono qua e là nei luoghi pubblici. Al contrario, nel mio paese, un simile gesto, potenzialmente creatore di legami, sarebbe percepito come una violenza inaccettabile o quanto meno come un'incongruità sospetta. La vita sociale è organizzata in modo tale che un individuo (non un gruppo costituito come i militanti politici o i sindacalisti...) non si deve rivolgere, per quanto si possa evitare, ad uno sconosciuto, vale a dire a qualcuno che non appartenga alla sua stessa comunità. Gli sconosciuti sono per definizione sospetti. Il 3 febbraio, i giapponesi festeggiano il primo giorno di primavera gridando "Fuori gli orchi, felicità in casa!"; il gesto che accompagna questo grido, quello della lapidazione, consiste nel gettare dei semi di soia sugli orchi che si aggirano per il mondo esterno. L'interno è benedetto; l'esterno è popolato da stranieri pericolosi o potenzialmente maligni. Da cui la tendenza al conformismo, al desiderio di non turbare la pace del gruppo. Da cui anche, inversamente, la difficoltà di entrare in contatto con altre persone al di fuori del proprio gruppo di appartenenza.
In Francia, non sono mai riuscito a dire nella mia panetteria: "Bonjour, messieurs-dames."

Akira Mizubayashi, Une langue venue d'ailleurs, Gallimard, 2011

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