giovedì 28 giugno 2012

Tuto è corpo d’amore

Tuto è corpo d'amore
la tera 'l cielo 'l pa'
i ucceli de cità
spenati, senz'unore,

gati cessi arboreli
drento l'aiole grame,
l'esse sazi e ave' fame,
el coce sui forneli

- 'st'ora de mezogiorno -
de mile e mile pasti,
i luoghi streti e i vasti
liberi dal contorno,

i scolari che sorte
in massa da le scole
e le composte fiole
de sé più meio acorte,

i operai del cantiere
co' le sue azzure tute
(inteligenze mute
coi tapi del potere)

i ladri i questuri'
sempre dal sud sortiti
- musi guzi aneriti
schiene da signorsì –

le casalinghe (strane
anime d'umidicio)
quele che va in uficio
le operaie le putane,

i fenochi estromessi
de l'ama' 'nte 'l dicoro,
tuti i ribeli, loro,
che manco a vive è amessi

ma pure l'obediente
da la fadiga zita
scartato da la vita
quando non dà più niente.

Tuto è corpo d'amore
mischiato al bene e 'l male,
tuto è 'l fenomenale
essece: serpe o fiore

ortiga o albaspina
infedeltà, costanza
fortuna, malandanza
sesso d'omo o vagina

e te, dialeto caro
che da l'infanzia sorti,
t'ha cinguetato i morti
su l'alto colombaro

e te, arboro mio,
c'arfoi a tute le lune,
'nte le tue fieze brune
io so' pedochio e dio

Franco Scataglini
So’ rimaso la spina, 1977


(Everything is body of love
earth sky bread
plucked, unhonored
city birds

cats johns little trees
within afflicted flowerbeds,
being full and being hungry,
cooking on cookers

- at this noon hour -
thousands of meals,
narrow and wide places
free from outline,

crowds of pupils
coming out of school
and well-behaved,
more mindful girls,

construction workers
in their blue working clothes
(dumb minds
deafened by power)

thieves policemen
always from the south
- dark pointed faces
and nodding backs –

housewives (bizarre
water souls)
those going to the office
workers whores

gays banned
from loving with decency,
all rebels, those
who are denied life

but also the obedient
who silently struggles
thrown out from life
when he has nothing more to give.

Everything is body of love
mixed with evil and good,
everything is extraordinary
being there: snake or flower

nettle or hawthorn
infidelity, constancy
being lucky, failing
male member or vagina

and you, my dear dialect
coming from my childhood,
tweeted by the deads
on the high pigeonry

and you, my tree,
pushing out leaves with each new moon,
in your brown locks
I'm louse and god)

mercoledì 27 giugno 2012

Un verso

Was bleibt, geht stiften*.

Erich Fried

*
"Nella pubblicistica dell'esilio, le relazioni del 1933-1934 sui campi di concentramento assunsero uno spazio relativamente ampio e trovarono spesso molta risonanza. La Rundschau über Politik, Wirtschaft und Arbeiterbewegung offrì un primo sguardo già nel suo articolo "da 30 a 35 campi di concentramento in Germania con oltre 30000 prigionieri" il 7 aprile del 1933. Unsere Zeit lo ristampò il 15 aprile, la Arbeiter-Illustrierte-Zeitung il 10 maggio. La Rundschau del 2 giugno pubblicò nuove cifre dei detenuti. Il Braunbuch offrì ad agosto uno sguardo più ampio sui lager e sulle persone che vi erano recluse. Da parte socialdemocratica seguì, sul quotidiano di Saarbrücken Deutsche Freiheit, un rapporto più completo l'8 dicembre.
Nel frattempo, comunicazioni di ex detenuti, nonché altre informazioni e ricerche, avevano svelato molti dettagli sui primi campi di concentramento. Oltre a segnalazioni, brevi rapporti, commenti, foto e disegni, giornali comunisti e servizi di stampa pubblicarono descrizioni più lunghe, spesso toccanti:


Tra le innumerevoli pubblicazioni, emerse il Braunbuch über Reichstagsbrand und Hitler-Terror, che fu pubblicato nell'agosto del 1933. Per informare l'opinione pubblica sui crimini tedeschi nella misura più ampia possibile, si dovettero sfruttare tutte le possibilità, considerare i fatti, comporli e corredarli di ulteriori dettagli. Così, il comunista tedesco Heinz Willmann fu inviato ad Amburgo ad approfondire i dettagli su Fuhlsbüttel. In quella circostanza venne però arrestato e gettato nel campo di concentramento. Interrogando degli evasi, si raccolsero 536 protocolli su maltrattamenti e 375 note su torture. Inoltre, furono presentati 137 certificati medici su danni alla salute.
I documenti ottenuti in tal modo e per altre vie vennero rielaborati dal collettivo degli autori sotto la supervisione di Alexander Abusch e Otto Katz. Abusch preparò la bozza del capitolo sui crimini mortali fascisti, Alfred Kantorowicz quello sulla persecuzione ebraica, Gustav Regler quelli sugli altri aspetti del terrore nazista.
Con il Braunbuch e le sue 36 pagine dedicate ai campi di concentramento, ulteriori dettagli a riguardo in altri capitoli nonché sulle vittime nei lager, con la lista degli omicidi fu presentata non solo la prima  inchiesta autonoma, ma anche per molto tempo la più ricca sui lager fascisti. Potè essere letta in tutto il mondo. Edizioni del Braunbuch furono pubblicate in almeno 20 lingue in circa mezzo milione di esemplari, di cui circa un decimo, prodotto in edizione su carta sottile e truccato da fascicolo pubblicitario, entrò nella Germania nazista per vie illegali. Nel Magdeburgo si potè addirittura riprodurre un'edizione in più parti, che trovò altrettanta circolazione."

Klaus Drobisch, Günther Wieland, System der NS-Konzentrationslager: 1933-1939, Akademie Verlag, 1993
Edition Carrefour, Paris 1933
 
 


Del Braunbuch circolarono copie anche in Italia. A Trieste fu sequestrato dal questore tra il 13 aprile e l'8 giugno del 1934 (Giorgio Fabre, Il contratto, Edizioni Dedalo, 2004, che segnala anche il ritiro del provvedimento di sequestro da parte degli organi centrali di Roma), proprio nell'anno in cui si diede avvio alla costruzione del nuovo palazzo della questura, cui il sito della polizia di stato, il 27 giugno del 2012, riserva parole non prive di un'attenta, curata e fedele visione storica:

"Il palazzo della Questura di Trieste si trova nel centro cittadino, in via Tor Bandena civico 6 ed è facilmente raggiungibile sia a piedi (10 minuti dalla stazione ferroviaria) sia con il sistema di trasporto locale. L’edificio venne edificato durante il periodo fascista, nel 1934, ed inaugurato nel 1942, con il nome di “Casa del Fascio”: da sempre, dunque, è un punto di riferimento per la città e per i cittadini, luogo dell’Autorità nei diversi periodi storici che si sono susseguiti."

martedì 26 giugno 2012

Nessun'offesa varcava la porta

Domenica, 15 ottobre 1933, mentre la Germania nazista abbandona la conferenza per il disarmo, Meazza, uno dei cannonieri più precisi del campionato di calcio italiano, le orecchie intasate dalle proteste assordanti dei tifosi che riempiono lo stadio del Littorio per un più che dubbioso fallo di mano di Loschi in area, prende la palla e la sistema sul dischetto dopo averla rigirata più volte per evitare di colpire la cucitura.

BUUUUUUUUUUUUU!

Meazza, che è arrivato assieme ai suoi compagni di squadra il venerdì precedente col treno diretto delle 20.37 ed è arrivato per vincere, guarda a lungo dritto negli occhi Blason, già in posizione al centro della porta, poi arretra di qualche metro e, sentito il fischio del sig. Dattilo di Roma, che fende a malapena l'aria satura dei fischi del pubblico, prende la rincorsa, fa una finta che riesce ad ingannare Blason, che si allunga e cade da un lato, ma spara la palla lontano dallo specchio della porta dall'altro lato. 

AAAAEEEEEEEEEEEEH!


Il boato di gioia, tra le più effimere e quindi intense che esistano, è uguale a quello che migliaia di stadi di calcio hanno conosciuto e conoscono nel tempo e nello spazio, ma è pronunciato con le vocali larghe ed ariose che solo il tifo triestino può produrre.


UNIOONE UNIOONE ALÈ ALÈ ALÈ!


L'Ambrosiana, a Trieste, non passa.


U-NIO-NE! U-NIO-NE!


Il giorno dopo, i giornali dedicano almeno tre colonne all'errore di Meazza e nessuna riga al pubblico, ai suoi colori, alla gioia che ad ondate ha accompagnato i novanta minuti di gioco, nonostante la partita sia rimasta a reti inviolate. Eppure, nella memoria collettiva odierna, i titoli a tre colonne non hanno lasciato traccia alcuna dell'errore di Meazza del 15 ottobre del 1933.

La Triestina della stagione '33-'34 in tutta la rigida compostezza della foto di rito. Riconosco il portiere Blason (gioco facile), alla sua sinistra Loschi, alla sua destra (forse) Colaussi, Pasinati con la benda, e Rocco, che è chiaramente il secondo da destra. Gli altri sono Cudicini, Villini, Spanghero, Baldi, Rosa e Niccolai.

In migliaia di antologie, però, restano tre momenti di uno spettatore della partita Triestina-Ambrosiana, uno spettatore che il calcio aveva incontrato per opera del "caso", mettendo la parola caso fra virgolette, perché - pur senza saper darne le ragioni - dubitava molto che a questo mondo esistesse un "caso". Credeva, quello spettatore, nel destino.

Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune. Poi,
quello che nasce poi
che all’altra parte vi volgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.

Il portiere su e giù cammina come
sentinella. Il pericolo
lontano è ancora.
Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia,
e all’erta spia.

Festa è nell’aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessun'offesa varcava la porta,
s’incrociavano grida ch’eran razzi.
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d’amore orna Trieste.

Umberto Saba

D'altra parte, in Tre momenti, la seconda delle Cinque poesie per il gioco del calcio, è del tutto assente il contesto storico in cui si svolse la partita e nessun accenno è fatto alla ritualità fascista che avvolgeva la vita quotidiana di allora, e quindi anche il calcio: non vi compare il nome dello stadio dell'epoca né emerge la forma di saluto, a braccio teso levato in aria, che i giocatori allora rivolgevano alle tribune ad inizio gara. In questa come in altre occasioni, oscillo tra il riconoscervi il più pavido disimpegno o la più alta forma di resistenza possibile, senza sapermi - forse senza volermi - decidere tra l'uno e l'altro dei due estremi.

Grazie a Giuliano Sadar, Una lunga giornata di bora. Trieste e la Triestina, storie di calcio attraverso terre di confine, Limina 2003 e ai giornali dell'epoca.
La questione di caso e destino è trattata da Saba stesso in Storia e cronistoria del Canzoniere.
Tra le squadre incontrate nella stagione 2011-2012, nella Lega Pro Prima Divisione, Girone B, la Triestina ha incontrato il Pergocrema, che ha battuto in casa con un brillante 3 a 2 all'andata e con cui ha onestamente pareggiato 0 a 0 in trasferta.
Nonostante questi ottimi risultati, alla fine del campionato si è classificata quartultima, nella Lega Pro Prima Divisione, Girone B.
Il FeralpiSalò ha fatto meglio.
La Triestina è fallita e, ad oggi, nessuno vuole acquistarla, neanche a prezzo ribassato: è tempo di bagiges et circenses.
La Triestina è, ora più che mai, la mia squadra del cuore.
Comunque il fallo di Loschi non c'era.

mercoledì 20 giugno 2012

Weitermachen

Die Geschichtenerzähler machen weiter, die Autoindustrie macht weiter, die Arbeiter machen weiter, die Regierungen machen weiter, die Rock’n’Roll-Sänger machen weiter, die Preise machen weiter, das Papier macht weiter, die Tiere und Bäume machen weiter, Tag und Nacht macht weiter, der Mond geht auf, die Sonne geht auf, die Augen gehen auf, Türen gehen auf, der Mund geht auf, man spricht, man macht Zeichen, Zeichen an den Häuserwänden, Zeichen auf der Straße, Zeichen in den Maschinen, die bewegt werden, Bewegungen in den Zimmern, durch eine Wohnung, wenn niemand außer einem selbst da ist, Wind weht altes Zeitungspapier über einen leeren grauen Parkplatz, wilde Gebüsche und Gras wachsen in den liegengelassenen Trümmergrundstücken, mitten in der Innenstadt, ein Bauzaun ist blau gestrichen, an den blauen Bauzaun ist ein Schild genagelt, Plakate ankleben Verboten, die Plakate, Bauzäune und Verbote machen weiter, die Fahrstühle machen weiter, die Häuserwände machen weiter, die Innenstadt macht weiter, die Vorstädte machen weiter. Einmal sah ich eine Reklame für elektrische Schreibmaschinen in einem Schaufenster, worin Büromöbel ausgestellt waren. Ein Comicbildchen zeigte, wie jemand Zeichen in eine Steinplatte schlug, und eine Fotografie zeigte eine Schreibmaschine. Ich war verblüfft. Wo ist der Unterschied, fragte ich mich. Sie wollten mir doch damit einen Unterschied klar machen. Hier sitze ich, an der Schreibmaschine, und schlage Wörter auf das Papier, allein, in einem kleinen engen Mittelzimmer einer Altbauwohnung, in der Stadt. Es ist Samstagnachmittag, es ist Sonntag, es ist Montag, es ist Dienstagmorgen, es ist Mittwoch, es ist Donnerstag, es ist Freitagnachmittag, es ist Samstag und Sonntag. Es ist ein erstaunliches Gefühl, meine ich, das den Verstand erstaunt. Nun erinnere ich mich, an mich selbst, und da gehe ich eine lange Strecke zurück, gehe über warme Asphaltschichten von Seitenstraßen, die Turnschuhe kleben daran, aus einer Musikbox, ganz weit zurück, kommt Rock’n’Roll-Musik und läßt mich die lateinische Übersetzung vergessen. Ich haue ab, trete über verharschte Wiesen im Winter, außerhalb des Ortes, schleppe die Schultasche mit den Büchern mit mir herum, bis Mittag ist und ich zum Mittagessen kann, hellweiße kalte Vormittage in Norddeutschland mit den Wetterberichten nach den Nachrichten. Zwischen den weißen, frischen, zusammengelegten Bettlaken im Schlafzimmerschrank lag immer eine kleine matt-schwarz glänzende Pistole, bequem für eine Handtasche. Und wie war das Wetter, als ich geboren wurde? Meine Eltern waren jung, sie sprachen deutsch. Ich mußte das erst lernen, man wächst immer in eine schon gesprochene Welt rein. Das Lernen macht weiter. Deutsch macht weiter. Wiesen im Winter und warme Asphaltstraßen machen weiter, die Straßenecke macht weiter, die Wetterberichte machen weiter, die Bücher machen weiter, Pistolen, Schultaschen, Turnschuhe machen weiter. Die Nachrichtensprecher machen weiter. Der Sonntag macht weiter. Der Montag macht weiter. Der Postbote macht weiter. Der Dill macht weiter, und die Blätter machen weiter, die Zwiebeln, die Kuh, die Steine, der Film. Der Schallplattenspieler, repariert, macht weiter. Auch die Interpretationen machen weiter. Es sind die Bücher. Ich muß bei diesem Satz sehr lachen. Das Lachen ist angenehm. Als ich in einem gräßlich eingerichteten Apartment in Austin morgens gegen fünf Uhr auf dem vollgepackten Koffer kniete und die Kofferschlösser zuzukriegen versuchte, hörte ich aus dem Radio ein Lied, das mir sofort, nachdem es angefangen hatte, gefiel. Ich stelle das Lied, so wie ich es nach der Schallplatte aufgeschrieben habe, als erstes Gedicht hierher, denn mir gefällt es noch immer, und ich denke, daß das Lied gut als Zitat für meine Gedichte paßt. Der Beifall macht weiter, die Wörter machen weiter, die Knöpfe machen weiter, der Stoff macht weiter, das Marihuana macht weiter, was hat die Grammatik mit Marihuana zu tun? Das Marihuana war sanft und würzig. Die teueren Vororte sind durch Stille gesichert. Manchmal gibt es dort keine Fußgängerwege, und nur manchmal sieht man, beim Hindurchgehen, ein erhelltes Fenster, ganz oben, unterm Dach. Davor werden Bäume bewegt. Im Moment habe ich keinen Hunger, obwohl ich weiß, daß der Hunger weitermacht, der Moment weitermacht, die Erde weitermacht, die sozialen Lagen machen weiter, und der Hund, der in der Nachbarwohnung eingesperrt ist und schon den ganzen Morgen bellt, macht weiter. Die Erklärung ist sinnlos. Der Finger ist sprachlos‘, wie R. D. Laing sagt. Ich blättere durch Bücher. Ich fliege etwas und sehe: ‚So wie der Nahrungstrieb sich subjektiv als Hunger und objektiv als ‚Tendenz‘ zur Erhaltung des Individuums präsentiert, so der Sexualtrieb subjektiv als Bedürfnis nach Sexualbefriedigung und objektiv als ‚Tendenz‘ zur Erhaltung der Art. Diese ‚objektiven Tendenzen‘ sind aber keine konkreten Gegebenheiten, sondern bloß Annahmen. Es gibt in Wirklichkeit ebensowenig eine Tendenz zur Erhaltung der Art wie eine solche zur Erhaltung des Individuums.‘ Erstaunlicher Wilhelm Reich, schöne Sexualität, die weitermacht, und tatsächlich, Utopia ist eine Kiste. Das Geld macht weiter, und die Zusammenbrüche, wie die Songs weitermachen. Ich hätte gern viele Gedichte so einfach geschrieben wie Songs. Leider kann ich nicht Gitarre spielen, ich kann nur Schreibmaschine schreiben, dazu nur stotternd, mit zwei Fingern. Vielleicht ist mir aber manchmal gelungen, die Gedichte einfach genug zu machen, wie Songs, wie eine Tür aufzumachen, aus der Sprache und den Festlegungen raus. Mag sein, daß deutsch bald eine tote Sprache ist. Man kann sie so schlecht singen. Man muß in dieser Sprache meistens immerzu denken, und an einer Stelle hörte ich, wie jemand fluchte: Ihr Deutschen mit Euren Todeswünschen, wenn Ihr sprecht! Bezogen auf die Erfindung der Psychoanalyse stimmt das. Was für Entzückungen eine Straße entlangzugehen, während die Sonne scheint. Die Gedichte, die ich hier zusammengestellt habe, sind zwischen 1970 und 1974 geschrieben worden, zu den verschiedensten Anlässen, an den verschiedenen Orten, ob sie gut sind? fragst Du. Es sind Gedichte. Auch alle Fragen machen weiter, wie alle Antworten weitermachen. Der Raum macht weiter. Ich mache die Augen auf und sehe auf ein weißes Stück Papier.

Rolf Dieter Brinkmann, 11./12. Juli 1974, Köln
Vorbemerkung zu Westwärts 1&2 - Gedichte, Rohwolt, 2005



I narratori continuano, l'industria automobilistica continua, i lavoratori continuano, i governi continuano, le canzoni di rock'n'roll continuano, i prezzi continuano, la carta continua, gli animali e gli alberi continuano, l'alternarsi di giorno e notte continua, sorge la luna, sorge il sole, si aprono gli occhi, si aprono le porte, si apre la bocca, si parla, si fanno segni, si fanno segni alle pareti di casa, segni per strada, segni sulle macchine che si mettono in movimento, movimenti nelle stanze, attraverso un appartamento, quando non c'è nessuno a parte se stesso, il vento fa volare vecchia carta di giornali su un vuoto parcheggio grigio, cespugli selvatici ed erba matta crescono nei terreni abbandonati pieni di macerie, in mezzo alla città, una palizzata è dipinta di blu, alla palizzata blu è inchiodato un cartello, Divieto di Affissione, palizzate e divieti continuano, gli ascensori continuano, le pareti di case continuano, il centro cittadino continua, le periferie continuano. Una volta ho visto una pubblicità per macchine per scrivere elettriche in una vetrina in cui erano messi dei mobili per ufficio. Un fumetto mostrava qualcuno che incideva una lastra di pietra e una fotografia mostrava una macchina per scrivere. Sono rimasto interdetto. Dov'è la differenza, mi chiedevo. Eppure me ne volevano mostrare la differenza. Mi trovo seduto qui, alla macchina per scrivere, e batto parole sulla carta, da solo, in una piccola, stretta, camera centrale di un appartamento di un vecchio stabile, in città. È sabato pomeriggio, è domenica, è lunedì, è martedì mattina, è mercoledì, è giovedì, è venerdì pomeriggio, è sabato e domenica. È un sentimento stupefacente, voglio dire che stupisce l'intelletto. Ora mi ricordo, di me stesso, e allora torno indietro per un lungo tratto, procedo su caldi strati di asfalto di strade laterali, le scarpe da ginnastica vi si appiccicano, da un carillon, molto lontano alle mie spalle, arriva della musica rock'n'roll e mi fa scordare la traduzione latina. Me la svigno, calpesto prati innevati in inverno, trascino in giro la cartella con i libri finché arriva mezzogiorno e posso mangiare, fredde mattine abbaglianti nella Germania settentrionale con le previsioni del tempo dopo le notizie. Tra le bianche, fresche lenzuola riposte nell'armadio della camera da letto c'era sempre una piccola pistola nero opaco, perfetta per una borsetta. E che tempo faceva, quando sono nato? I miei genitori erano giovani, parlavano tedesco. Ho dovuto dapprima apprenderlo, si cresce sempre dentro ad un mondo già parlato. L'apprendimento continua. Il tedesco continua. I prati in inverno continuano e le calde strade asfaltate continuano, l'angolo della strada continua, le previsioni del tempo continuano, i libri continuano, le pistole, le cartelle, le scarpe da ginnastica continuano. I presentatori del telegiornale continuano. La domenica continua. Il lunedì continua. Il postino continua. L'aneto continua e le foglie continuano, le cipolle, la mucca, le pietre, il film. Il giradischi, riparato, continua. Anche le interpretazioni continuano. Sono i libri. Giunto a questa frase devo ridere molto. Il riso è piacevole. Quando mi sono inginocchiato verso le cinque di mattina su una valigia strapiena in un appartamento di Austin arredato orrendamente e ho cercato di chiudere i lucchetti della valigia, ho sentito una canzone alla radio che mi è piaciuta subito, fin dalle sue prime note. Metto la canzone, nella versione che ho trascritto ascoltandone il disco, come prima poesia perché mi piace ancora, e penso che la canzone sia adatta come citazione alle mie poesie. L'applauso continua, le parole continuano, i bottoni continuano, il tessuto continua, la marijuana continua, cosa c'entra la grammatica con la marijuana? La marijuana era lieve e aromatica. I sobborghi cari sono garantiti dal silenzio. Qualche volta lì non ci sono percorsi pedonali, e solo qualche volta si vede, passandovi, una finestra illuminata, in alto in alto, sotto il tetto. Davanti ondeggia il fogliame degli alberi. Al momento non ho fame, nonostante sappia che la fame continua, il momento continua, la Terra continua, le condizioni sociali continuano e il cane che è rinchiuso nell'appartamento dei vicini e sta abbaiando tutta la mattina continua. "Il chiarimento non ha senso. Il dito è privo di parola", come ha detto R. D. Laing. Sfoglio libri. Sorvolo qualcosa e mi soffermo su: "Così come la pulsione per il cibo si presenta soggettivamente come fame e oggettivamente come ‚tendenza‘ alla conservazione dell'individuo, così la pulsione sessuale si presenta soggettivamente come bisogno di liberazione sessuale e oggettivamente come ‚tendenza‘ alla conservazione della specie. Queste ‚tendenze oggettive‘, però, non sono dati di fatto concreti, ma mere ipotesi. C'è in realtà tanto poca tendenza alla conservazione della specie quanta tendenza alla conservazione dell'individuo". Strabiliante Wilhelm Reich, bella sessualità che continua e, in effetti, l'utopia è una cassa. Il denaro continua e i tracolli, così come le canzoni, continuano. Avrei desiderato scrivere molte poesie semplicemente come canzoni. Purtroppo non sono capace di suonare la chitarra, so solo scrivere a macchina, e in più solo a balbettii, con due dita. Forse, però, qualche volta mi è riuscito di realizzare abbastanza le poesie semplicemente come canzoni, come aprire una porta, lontano dalla lingua e dalle limitazioni. Può essere che il tedesco sia presto una lingua morta. La si può cantare così male. Si deve pensare quasi ininterrottamente in questa lingua e in un posto ho sentito qualcuno imprecare: voi tedeschi con i vostri desideri di morte, quando parlate! Con riferimento all'invenzione della psicoanalisi, è corretto. Che entusiasmo percorrere una strada quando splende il sole. Le poesie che ho raccolto qui sono state scritte tra il 1970 e il 1974, nelle occasioni più diverse, nei diversi posti, se sono belle? chiedi. Sono poesie. Anche tutte le domande continuano, così come tutte le risposte continuano. Lo spazio continua. Apro gli occhi e lo sguardo si posa su un pezzo di carta.

Rolf Dieter Brinkmann, 11-12 luglio 1974, Colonia
Premessa a Westwärts 1&2 - Gedichte, Rohwolt, 2005


Il testo posto all'inizio della raccolta di poesie è quello di Plane, too di Loudon Wainwright III, di cui ho trovato una cover:
  
La citazione è tratta da Wilhelm Reich, Der Einbruch der sexuellen Zwangsmoral: zur Geschichte der sexuellen ÖkonomieKiepenheuer & Witsch, 1972.
Il mio debole per Brinkmann continua.
C'era una lista elettorale, al mio liceo, intitolato fantasiosamente a Petrarca, il cui nome era a prima vista velleitario: panta rei, Petrarca manetA me sembrava una specie di condanna a morte, il fatto che il liceo non scorresse.

domenica 17 giugno 2012

From Sverdlovsk with love

Приобретут всеевропейский лоск
слова трансазиатского поэта,
я позабуду сказочный Свердловск
и школьный двор
в районе Вторчермета.
Но где бы мне ни выпало остыть,
в Париже знойном,
в Лондоне промозглом,
мой жалкий прах советую зарыть
на безымянном кладбище
свердловском.
Не в плане не лишённой красоты,
но вычурной и артистичной позы,
а потому что там мои кенты,
их профили из мрамора и розы.
На купоросных голубых снегах,
закончившие ШРМ на тройки,
они споткнулись с медью в черепах
как первые солдаты перестройки.
Пусть Вторчермет гудит своей трубой.
Пластполимер пускай свистит
протяжно.
А женщина, что не была со мной,
альбом откроет и закурит важно.
Она откроет голубой альбом,
где лица наши будущим согреты,
где живы мы, в альбоме голубом,
земная шваль: бандиты и поэты.

Борис Рыжий

Per sentirla letta da Boris, bastano tre clic, volendo: un primo clic ivi, un secondo su poetry clips ed un terzo sul terzo video dall'alto (when the words of this poet...). Tre clic a perenne memoria dell'onta che mi si deve per non essere riuscita ad incorporare il video con la poesia completa, ma solo il video del trailer del film da cui è tratta, questo:

Da Sverdlosk con amore

Quando le parole di questo poeta
avranno assunto smalto europeo,
dimenticherò la mia favolosa Sverdlovsk
e il cortile della scuola tra i rottami di Vtorčemet.
Ma in qualsiasi aria debba rarefarsi il mio ultimo respiro,
che sia nell'afa di Parigi
o nel freddo di Londra,
vi chiedo di seppellire le mie povere ossa
in un anonimo cimitero
di Sverdlovsk.
Non in un disegno non privo di bellezza
e tuttavia in posa artificiale ed artistica
ma perché là giacciono i miei compagni
con i loro profili di marmo e rose.
Su campi di neve al vetriolo blu,
dopo aver lasciato la scuola superiore
sono caduti col rame nel cranio
come primi soldati della Perestrojka.
Si spieghino le sirene della fabbrica di rottami di Vtorčemet
e che a fondo fischino quelle dell'impianto di fibre sintetiche.
E che la donna che allora non era con me
apra l'album e fumi a pieni polmoni.
Aprirà questo album azzurro
in cui i nostri volti sono caldi di futuro
l'album azzurro in cui siamo vivi,
noi feccia della terra: banditi e poeti.

Boris Ryžij (1974-2001)

venerdì 15 giugno 2012

scut

scut

i don’t know
how many hours
of my life
i’ve spent
cleaning up after
other people.
when you don’t
have any skills
and you need $$
you either work
in fast food
or become a janitor.
i’ve cleaned office
buildings, restaurants,
hardware stores, horse
stables, grocery stores,
prison work camps
and visiting rooms.
my friends always
seemed to have jobs
that were somehow
more bearable; they
worked in record shops
or vintage clothing stores or their
parents had their
own businesses and
they worked for them.
i always ended up
as a janitor.
in prison that term
is never used; instead you
are a porter.
i am not sure why;
i thought a porter
was a guy who helped people
get on trains
or something.
all thru my teens
and twenties, right
up until i got arrested
i worked crappy little jobs with low pay
and zero prestige;
let’s face it,
scrubbing toilets isn’t
a sexy occupation.
it seemed that whenever
i found a job that
paid well i was laid
off within a few months.
i’ve never been laid off
from a job
that only paid minimum wage.
i had to quit those jobs, only to be
forced to find other, similar
jobs after a few months
of starving
and sleeping on people’s couches.
it wasn’t much of
a life
but it was what
i did.

Raegan Butcher


feccia

non so
quante ore
della mia vita
ho passato
a pulire dove
la gente sporca.
quando non si ha
esperienza
e si ha bisogno di euro
o si lavora
in un fast food
o ci si mette a fare le pulizie.
ho pulito
uffici, ristoranti,
negozi di ferramenta, stalle
di cavalli, drogherie,
campi di lavoro e parlatori
di carceri.
sembrava sempre
che i miei amici avessero lavori
in qualche misura
più sopportabili;
lavoravano in negozi di dischi
o di abbigliamento vintage o i loro
genitori avevano un'attività
in proprio e
lavoravano per loro.
io finivo sempre
a fare le pulizie*.
in carcere non
si dice mai così; si dice invece
facchino.
non sono sicuro del motivo;
pensavo che un facchino
fosse un tizio che aiutava la gente
a salire sul treno
o una roba così.
per tutta l'adolescenza
e i miei vent'anni, fino
al mio arresto
ho avuto lavori schifosi con una paga bassa
e zero prestigio;
ammettiamolo,
pulire cessi non è
un'occupazione sensuale.
sembrava che ogni volta
che trovavo un lavoro
ben pagato dovessi essere licenziato
in pochi mesi.
non sono mai stato licenziato
quando avevo un lavoro
con una paga minima.
dovevo lasciare quei lavori lì solo per essere
obbligato a trovarne un altro simile
dopo pochi mesi
a pancia vuota
e di dormite su divani altrui.
non è stata una gran
vita
ma è quello che
ho fatto.***

*Per quel che può interessare, nella mia famiglia a diverse persone, anche a persone con una certa esperienza, è toccato, in certi periodi, fare le pulizie**, ma siccome non è loro toccato in tempi comunemente detti di crisi, la maggior parte della gente era inclinata a ritenere che si trattasse semplicemente di sfiga personale.
** Donna delle pulizie, come dimostra banalmente questa poesia, è termine quanto meno inadeguato, esattamente come lo sono Putzfrau e femme de ménage. È un lavoro dignitoso, dicono, come qualsiasi lavoro, ma a me pare che resti, oltre che mal definito (addetto alle pulizie non migliora la situazione, presupponendo l'assegnazione di un incarico di cui nessuno vorrebbe farsi carico, potendo), anche un lavoro tutto sommato di merda.
*** Chiaro poi che la traduzione in italiano è altrettanto inadeguata. Avrei dovuto tradurla in dialetto. Ripensandoci, non è troppo tardi:

canaia

no so
quante ore
dela mia vita
go passà
a netar dove
la gente scagazza.
se no te ga
esperienza
e te ga bisogno de bori
o te lavori
in un fast food, come che se disi ogi
o te se meti a netar scale.
mi go netà
ufici, ristoranti,
negozi de feramenta, stale
de cavai, drogherie,
campi de lavor e le stanze dove riva le visite
in canon.
pareva sempre
che i miei amici gaveva lavori
un fià
meio;
i lavorava in negozi de dischi
o de straze usade o 
mama e papà i gaveva qualche atività
in propio e
i lavorava per lori.
mi finivo sempre
a netar scale.
in canon no
se disi mai cussì; se disi piutosto
fachin.
no go alba perché;
mi pensavo che un fachin
iera un mato che iutava la gente
a montar sul treno
o una roba cussì.
quando che iero muleto
e fin ai miei vinti ani, fin
che me ga becà la pulia
go fato lavori de merda de poche fliche
e nissun prestigio;
disemo pur
che netar cessi no xe
propio un'ocupazion figa.
pareva che ogni volta
che trovavo un lavor
pagà ben pulito i me dovessi dar el chez
in pochi mesi.
no i me ga mai dà el chez
quando che gavevo un lavor
co' una paga del clinz.
dovevo molar quei lavori là solo per 
dover trovar un altro compagno
dopo pochi mesi
morendo de fame
e spavando sul canapè de chi capitava.
no xe stada
fraia
ma xe quel che
go fato.

martedì 12 giugno 2012

Dizionario di tutte 'e cose - D come Dovizia

Per molto tempo in questo spazio mi sono limitata a copiare delle poesie. Poi ho provato a tradurle, o direttamente dall'originale o per interposizione di traduzioni, spesso timidamente, spesso sperando in qualche dritta da parte di gente brava (invano, questo). Qualche volta le ho inserite in qualche racconto, qualche volta vi ho aggiunto delle note, o anche solo una misera nota, la forma letteraria che più sento vicina alla mia indole. Poi qualcuno ha iniziato a passare di qui (straordinario, trovo). Qualcuno di quelli che ha iniziato a passare di qui e ha poi continuato a farlo (più che straordinario, arcano, questo) ogni tanto mi chiede qualche chiarimento, perché tendo o a nascondermi dietro i testi* - dicono - o, nella migliore delle ipotesi, ad emergere laconicamente.

Oggi vorrei condividere due mie risposte recenti ad altrettante domande di altrettanti lettori, risposte in cui, con dovizia di particolari, sempre tenendo conto di biografia e stile dell'autore e di contesto storico e gusto letterario dell'epoca, in un caso fornisco dei ricchissimi ed articolati commenti a testi già proposti, nell'altro assumo una netta e ferma posizione tra le diverse interpretazioni possibili.

- Ricetta di donna è ironico?
- Sì.

- Spiegami la poesia di Kosovel sull'Europa, ché io non l'ho capita.
- La si può leggere come una profezia della Seconda guerra mondiale. O solo come un modo per esprimere le tensioni che in Europa lui avvertiva allora, negli anni '20. O piuttosto per esprimere le disuguaglianze tra persone pur nate sullo stesso suolo e sotto lo stesso cielo. O anche come un'ammissione della nostra pochezza, visto che è un pappagallo, quello cui affida il responso sui motivi di quelle tensioni e di quelle disuguaglianze. Io la vedo così. O, meglio, io la sento così.

* soprattutto dietro alle vocali.

domenica 10 giugno 2012

All of my friends, all of my loved ones, were on the shelves above

September 15, 2006

Dear Shawna Thorup:

I'm glad to hear that you good people will be celebrating my book, "Fahrenheit 451." I thought you might want to hear how the first version of it, 25,000 words and which appeared in a magazine, got done.

I needed an office and had no money for one. Then one day I was wandering around U.C.L.A. and I heard typing down below in the basement of the library. I discovered there was a typing room where you could rent a typewriter for ten cents a half hour. I moved into the typing room along with a bunch of students and my bag of dimes, which totaled $9.80, which I spent and created the 25,000 word version of "The Fireman" in nine days. How could I have written so many words so quickly? It was because of the library. All of my friends, all of my loved ones, were on the shelves above and shouted, yelled and shrieked at me to be creative. So I ran up and down the stairs, finding books and quotes to put in my "Fireman" novella. You can imagine how exciting it was to do a book about book burning in the very presence of the hundreds of my beloveds on the shelves. It was the perfect way to be creative; that's what the library does.

I hope you enjoy reading my passionate output, which became larger a few years later and became popular, thank God, with a lot of people.

I send you all my good wishes,

Ray Bradbury

(Thanks to Letters of note)


15 settembre 2006

Cara Shawna Thorup,

Mi fa piacere venire a sapere che voi brava gente festeggerete il mio libro "Fahrenheit 451". Ho pensato che potreste voler sentire come fu realizzata la sua prima versione, di 25.000 parole, che fu pubblicata su una rivista.

Avevo bisogno di un ufficio e non avevo soldi per permettermene uno. Poi, un giorno, mentre gironzolavo per la U.C.L.A., sentii battere a macchina giù, nel seminterrato della biblioteca. Scoprii che c'era una stanza per scrivere a macchina in cui si poteva noleggiare una macchina per scrivere per dieci centesimi all'ora. Mi spostai in quella stanza con un gruppo di studenti e il mio sacchetto di spiccioli, che conteneva un totale di 9,80 dollari, che spesi, e creai la versione di 25.000 parole de "Il pompiere" in nove giorni. Come riuscii a scrivere così tante parole così velocemente? Fu grazie alla biblioteca. Tutti i miei amici, tutti i miei cari, stavano sugli scaffali ai piani di sopra e mi urlavano, gridavano e strillavano: "Sii creativo!". Così correvo su e giù per le scale per cercare libri e citazioni da inserire nella mia novella "Pompiere". Può immaginare quanto emozionante fosse scrivere un libro su roghi di libri proprio in presenza dei miei cari sugli scaffali. Era il modo perfetto per essere creativo; è questo, quello che fa una biblioteca.

Spero che le piacerà leggere il mio appassionato risultato, che si ampliò qualche anno dopo e cominciò ad essere apprezzato, grazie a Dio, da un sacco di persone.

I miei migliori auguri,

Ray Bradbury

(Grazie a Letters of note)

Dizionario di tutte 'e cose: S come Sandali

sagt: welcher prophet
verlor die sandale dort,
aus der schon moos wächst?

Jan Wagner

dite: quale profeta
perse quel sandalo lì
dal quale spunta già del muschio?

*

February 19, 2004          Brookline

Dear Gene,

I tried to reach you by phone yesterday. Spurlos—the word employed by German submarine commanders. It means “without a trace”: not so much as an oil slick on the bosom of the Atlantic. (It occurs to me that you must have studied German under the Hollywood German experts).

I don’t do much of anything these days and I spend much of my time indoors. By far my pleasantest diversion is to play with Rosie, now four years old. It seems to me that my parents wanted me to grow up in a hurry and that I resisted, dragging my feet. They (my parents, not my feet) needed all the help they could get. They were forever asking, “What does the man say?” and I would translate for them into heavy-footed English. That didn’t help much either. The old people were as ignorant of English as they were of Canadian French. We often stopped before a display of children’s shoes. My mother coveted for me a pair of patent-leather sandals with an elegantissimo strap. I finally got them—I rubbed them with butter to preserve the leather. This is when I was six or seven years old, a little older than Rosie is now. Amazing how it all boils down to a pair of patent-leather sandals.

I send an all-purpose blessing…

Saul Bellow to Eugene Kennedy


Brookline, 19 febbraio 2004

Caro Gene,

Ho cercato di parlarti al telefono, ieri. Spurlos - la parola usata dai comandanti dei sottomarini tedeschi. Significa "senza traccia": non proprio come una marea nera nella distesa atlantica. (Mi viene in mente che devi aver studiato tedesco con gli esperti di tedesco di Hollywood).

Non faccio granché, in questi giorni, e passo la maggior parte del tempo al chiuso. La mia distrazione di gran lunga più piacevole è giocare con Rosie, che ora ha quattro anni. Mi sembra che i miei genitori volessero che crescessi presto e che invece resistessi, strascicando i piedi. Loro (i miei genitori, non i piedi) avevano bisogno di ogni aiuto possibile. Continuavano a chiedere "Cosa dice quello lì?" e io allora glielo traducevo in un inglese grossolano. Neanche questo serviva a molto. I vecchi non sapevano l'inglese come non sapevano il francese canadese. Ci fermavamo spesso davanti ad una vetrina di scarpe per bambini. Mia madre sbavava dietro ad un paio di sandali di vernice da bambino con una cinghietta elegantissima. Alla fine furono miei - li strofinavo con del burro per preservarne la pelle. Questo risale a quando avevo sei o sette anni, un po' di più di quanti ne abbia ora Rosie. Incredibile come tutto si condensi in un paio di sandali di vernice.

Ti auguro ogni bene…

Saul Bellow a Eugene Kennedy

sabato 9 giugno 2012

Storia di un esergatore - 5

La prima volta che mi trovai senza lavoro per mesi fu dopo la pubblicazione di una raccolta di poesie di Vinícius de Moraes. Avevo fatto un lavoro sistematico, ispirandomi, almeno inizialmente, al Così fan tutte, alla sua simmetria, ma dedicando un peso relativamente maggiore alla figura di Despina, cui lasciavo spazio dopo ogni trillo di Fiordiligi o di Dorabella, ed identificando una coppia di eserghi per ogni poesia della raccolta, ma omettendo poi di sottoporre ad approvazione il secondo esergo di ogni coppia, che mi ero tuttavia premurato di fornire al tipografo giusto in tempo per la pubblicazione. Uno sforzo che non fu compreso appieno dall'editore.

Parte precedente.

*
S'i' fosse Cecco come sono e fui
torrei le donne giovani e leggiadre
e vecchie e laide lasserei altrui
Cecco Angiolieri

La mula bruta no la voio no
la mula bruta no la voio no
anche ogi no la me cuca
la mula bruta no la voio no

Receita de mulher

As muito feias que me perdoem
Mas beleza é fundamental. É preciso
Que haja qualquer coisa de flor em tudo isso
Qualquer coisa de dança, qualquer coisa de haute couture
Em tudo isso (ou então
Que a mulher se socialize elegantemente em azul, como na
República Popular Chinesa).
Não há meio-termo possível. É preciso
Que tudo isso seja belo. É preciso que súbito
Tenha-se a impressão de ver uma garça apenas pousada e que um rosto
Adquira de vez em quando essa cor só encontrável no terceiro minuto da aurora.
É preciso que tudo isso seja sem ser, mas que se reflita e desabroche
No olhar dos homens. É preciso, é absolutamente preciso
Que seja tudo belo e inesperado. É preciso que umas pálpebras cerradas
Lembrem um verso de Éluard e que se acaricie nuns braços
Alguma coisa além da carne: que se os toque
Como o âmbar de uma tarde. Ah, deixai-me dizer-vos
Que é preciso que a mulher que ali está como a corola ante o pássaro
Seja bela ou tenha pelo menos um rosto que lembre um templo e
Seja leve como um resto de nuvem: mas que seja uma nuvem
Com olhos e nádegas. Nádegas é importantíssimo.
Olhos, então
Nem se fala, que olhe com certa maldade inocente.
Uma boca
Fresca (nunca úmida!) é também de extrema pertinência.
É preciso que as extremidades sejam magras; que uns ossos
Despontem, sobretudo a rótula no cruzar das pernas, e as pontas pélvicas
No enlaçar de uma cintura semovente.
Gravíssimo é porém o problema das saboneteiras: uma mulher sem saboneteiras
É como um rio sem pontes. Indispensável.
Que haja uma hipótese de barriguinha, e em seguida
A mulher se alteie em cálice, e que seus seios
Sejam uma expressão greco-romana, mas que gótica ou barroca
E possam iluminar o escuro com uma capacidade mínima de cinco velas.
Sobremodo pertinaz é estarem a caveira e a coluna vertebral
Levemente à mostra; e que exista um grande latifúndio dorsal!
Os membros que terminem como hastes, mas que haja um certo volume de coxas
E que elas sejam lisas, lisas como a pétala e cobertas de suavíssima penugem
No entanto, sensível à carícia em sentido contrário.
É aconselhável na axila uma doce relva com aroma próprio
Apenas sensível (um mínimo de produtos farmacêuticos!).
Preferíveis sem dúvida os pescoços longos
De forma que a cabeça dê por vezes a impressão
De nada ter a ver com o corpo, e a mulher não lembre
Flores sem mistério. Pés e mãos devem conter elementos góticos
Discretos. A pele deve ser frescas nas mãos, nos braços, no dorso, e na face
Mas que as concavidades e reentrâncias tenham uma temperatura nunca inferior
A 37° centígrados, podendo eventualmente provocar queimaduras
Do primeiro grau. Os olhos, que sejam de preferência grandes
E de rotação pelo menos tão lenta quanto a da Terra; e
Que se coloquem sempre para lá de um invisível muro de paixão
Que é preciso ultrapassar. Que a mulher seja em princípio alta
Ou, caso baixa, que tenha a atitude mental dos altos píncaros.
Ah, que a mulher dê sempre a impressão de que se fechar os olhos
Ao abri-los ela não estará mais presente
Com seu sorriso e suas tramas. Que ela surja, não venha; parta, não vá
E que possua uma certa capacidade de emudecer subitamente e nos fazer beber
O fel da dúvida. Oh, sobretudo
Que ela não perca nunca, não importa em que mundo
Não importa em que circunstâncias, a sua infinita volubilidade
De pássaro; e que acariciada no fundo de si mesma
Transforme-se em fera sem perder sua graça de ave; e que exale sempre
O impossível perfume; e destile sempre
O embriagante mel; e cante sempre o inaudível canto
Da sua combustão; e não deixe de ser nunca a eterna dançarina
Do efêmero; e em sua incalculável imperfeição
Constitua a coisa mais bela e mais perfeita de toda a criação imunerável.

Vinícius de Moraes


Ricetta di donna

Che le bruttone mi perdonino
Ma la bellezza è fondamentale. Bisogna
Che ci sia qualche cosa di un fiore in tutto questo
Qualche cosa di una danza, qualche cosa di haute couture
In tutto questo (o allora
Che la donna socializzi in azzurro, come nella
Repubblica Popolare Cinese).
Non ci sono mezze misure possibili. Bisogna
Che tutto questo sia bello. Bisogna che subito
Si abbia l'impressione di vedere una garzetta appena posata e che un viso
Assuma di tanto in tanto quel colore che si incontra solo al terzo minuto dell'aurora.
Bisogna che tutto questo sia senza essere, ma che si rifletta e sbocci
Nello sguardo degli uomini. Bisogna, bisogna assolutamente
Che sia tutto bello e inaspettato. Bisogna che delle palpebre chiuse
Richiamino un verso di Éluard e che sulle braccia si accarezzi
Qualche cosa al di là della carne: che le si tocchino
Come l'ambra di una sera. Ah, ho dimenticato di dirvi
Che bisogna che la donna che sta lì come la corolla davanti all'uccello
Sia bella o abbia almeno un viso che ricordi un tempio e
Sia lieve come un residuo di nuvola: ma che sia una nuvola
Con occhi e natiche. La questione delle natiche è importantissima.
Gli occhi, inutile
parlarne, che guardino con una certa malizia innocente.
Una bocca
Fresca (mai umida!) e anche di un'estrema rilevanza.
Bisogna che le estremità siano magre; che alcune ossa
Spuntino, soprattutto la rotula nell'accavallare le gambe, e le punte del bacino
Nell'intrecciare una cintura semovente.
Serissimo è comunque il problema delle clavicole: una donna senza clavicole
È come un fiume senza ponti. Indispensabili.
Che ci sia un'ipotesi di pancetta, e in seguito
Che la donna si innalzi a calice, e che i suoi seni
Siano un'espressione greco-romana, più che gotica o barocca
E che possano illuminare l'oscurità con un'intensità minima di 5 candele.
Soprattutto conta la postura della scatola cranica e della colonna vertebrale
Leggermente esibita; e la presenza di un grande latifondo dorsale!
Gli arti, che terminino come aste, ma che ci sia un certo volume di cosce
E che queste siano lisce, lisce come un petalo e coperte di soavissima peluria
Comunque sensibile alla carezza in senso contrario.
È consigliabile, nell'ascella, una dolce erba con aroma proprio
Appena sensibile (un minimo di prodotti farmaceutici!).
Preferibili senza dubbio i colli lunghi
In modo che la testa dia a volte l'impressione
Di non avere nulla a che vedere col corpo, e la donna non riecheggi
Fiori senza mistero. Piedi e mani devono contenere elementi gotici
Discreti. La pelle deve essere fresca sulle mani, sulle braccia, sulla schiena e sulla faccia
Però che nelle concavità e nelle rientranze abbia una temperatura mai inferiore
A 37° centigradi, potendo eventualmente provocare scottature
Di primo grado. Gli occhi, che siano di preferenza grandi
E soggetti ad una rotazione per lo meno tanto lenta quanto quella della Terra; e
Che si collochino sempre al di là di un invisibile muro di passione
Che bisogna oltrepassare. Che la donna sia in linea di principio alta
O, nel caso sia bassa, che abbia l'attitudine mentale degli alti pinnacoli
Ah, che la donna dia sempre l'impressione che se chiude gli occhi
Nell'aprirli non sia mai presente
Col suo sorriso e le sue trame. Che appaia, non venga; parta, non vada
E che possieda una certa capacità di tacere all'improvviso e di farci bere
Il fiele del dubbio. Oh, soprattutto
Che non perda mai, non importa in che mondo
Non importa in quali circostanze, la sua infinita volubilità
Di passero; e che accarezzata nel fondo di se stessa
Si trasformi in fiera senza pur perdere la sua grazia di uccello; e che emani sempre
L'impossibile profumo; e distilli sempre
L'inebriante miele; e canti sempre l'inudibile canto
Della sua combustione; e non smetta mai di essere l'eterna ballerina
Dell'effimero; e nella sua incalcolabile imperfezione
Costituisca la cosa più bella e perfetta di tutta l'incommensurabile creazione.

mercoledì 6 giugno 2012

Dizionario di tutte 'e cose - O come Ossimoro


Quodlibet/n'importe quoi/whatever


J.S. Bach, Quodlibet (BWV 524) - Ensemble Clematis, Leonardo García-Alarcón

Hochzeitsquodlibet
(Fragment)


Was seind das vor große Schlösser,
Die dort schwimmen auf der See
Und erscheinen immer größer,
Weil sie näher kommen her,
Ist es Freund oder Feind,
Oder wie ist es gemeint?
Was muss ich von fern erblicken,
Sagt mir, wer reit' dort herein?
Trägt ein großes Rad am Rücken,
Der Henker muss gestorben sein!
Ei, wie reit' der Kerl so dumm,
Hat einen Trauermantel um.
Ergo tanto instantius debemus fugere terrena,
Quanto velocius aufugiunt caduca et vana.
Wer in Indien schiffen will,
Find' bei mir der Schiffe viel,
Ich bin eben kein Schiffersflegel,
Brauche weder Mast noch Segel,
Wie man in dem Texel tut;
Denn ein Backtrog ist ebensogut.
Notabene Knisterbart, was macht der Meister Schneider,
Mir plezt er meine Hosen, mir flickt er meine Kleider.
Braucht man den Backtrog vor den Kahn,
Ei, so kommt man übel an;
Dann man plumpt in den Teich so frisch
Und schwimmt darin wie ein Stockfisch,
Probatum est.
O ihr Gedanken,
Warum quälet ihr meinen Geist? - Backtrog! -
Warum wollet ihr wanken, 
Da mich die Hoffnung feste stehen heißt.
Ei, wie sieht die Salome so sauer um den Schnabel,
Darum, weil der Pferdeknecht sie kitzelt mit der Gabel.
Ei, wie frisst das Hausgesind so gar viel Käs und Butter,
Wären sie Kälber gleich wie du, so fräßen sie das Futter.
Wenn man mit dem Spinnrad sitzt auf einem großen Schimmel,
Reißen ihre Goschen auf fast alle Bauerlümmel;
Wenn man mit dem Spinnrad sitzt auf einem großen Fuchsen,
Kriegen vor Gelächter die Leute fast den Schlucksen;
Wenn man mit dem Spinnrad sitzt auf einem großen Rappen,
Ei, da will der Trauermantel gar nicht dazu klappen;
Wenn man statt des Orlochschiffs den Backtrog will gebrauchen,
Ach, da wird man alsobald in das Wasser wie die Plumphecht tauchen.
Große Hochzeit, große Freuden,
Große Degen große Scheiden;
Große Richter, große Büttel,
Große Hunde, große Knittel;
Große Väter, große Söhne,
Große Goschen, große Zähne;
Große Pfeile, große Köcher,
Große Nasen, große Löcher;
Große Herren, große Wappen,
Große Fässer, große Zappen;
Große Gerste, große Körner,
Große Köpfe, große Hörner;
Großer Hafer, große Trespen,
Große Pferde, große Wespen;
Große Weinberg, große Trauben,
Große Weiber, große Hauben;
Große Kugeln, große Kegel,
Große Bauren, große Flegel;
Große Jungfern, große Kränze,
Große Esel, große Schwänze;
Große Lachen, groß Gepatsche,
Große Frauen, groß Geklatsche;
Große Klöppel, große Trummel,
Große Wespen, große Hummel;
Große Leinwand, große Bleiche,
Große Backträg, große Teiche.
Ach, wie hat mich so betrogen der sehr schlaue Cypripor.
Urschel, brenne mir ein Licht an,
Dass ich dabei sehen kann!
Willst du mir kein Licht anzünden,
Will ich dich wohl im Finstern finden.
Ist gleich schlimm das Frauenzimmer,
Ist doch der Backtrog noch viel schlimmer!
Pantagruel war ein sehr lustiger Mann,
Und mancher Hofbedienter trägt blaue Strümpfe an,
Und streifte man denen Füchsen die Häutlein aus,
So gäb's viel nackigter Leute auf manchem Fürstenhaus.
Wären denen Dukaten die großen Krätzen gleich,
So wäre unser Nachbar viel Millionen reich.
Mein Rücken ist noch stark, ich darf mich gar nicht klagen.
Du könntest, wie mich dünkt, wohl zwanzig Säcke tragen.
Das muss ein dummer Esel sein,
Der lieber Koffent säuft als Wein
Und in der kalten Stube schwitzt
Und statt des Schiffs im Backtrog sitzt!
Punctum.
Dominus Johannes citatur ad Rectorem Magnificum hora pomeridiana secunda propter ancillam in corona aurea.
Studenten seind sehr fröhlich, wie ihr alle wisst,
Solang ein blutiger Heller im Beutel übrig ist.
Wär der Galgen Magnet und der Schneider Eisen,
Wie mancher würde noch heute an den Galgen reisen!
Wär ich König in Portugal, was fragt ich darnach,
Ein andrer möchte kippen mit dem Backtrog in Bach.
Bona dies, Meister Kürschner, habt ihr keine Füchse mehr!
Ich verkauf sie alle nach Hofe, mein hochgeehrter Herr.
Ich sahe eine Jungfer, die hat sehr stolz getan
Und hat doch wohl bei Urbens kein ganzes Hemde an!
Mancher stellt sich freundlich mit feiner Zung
Und denkt doch in dem Herzen wie Goldschmieds Jung.
In diesem Jahre haben wir zwei Sonnenfinsternissen,
Und zu Breslau auf dem Keller schenkt man guten Scheps,
Und in meinem Beutel regiert der fressende Krebs.
Hört ihr Herren allzugleich,
Was da geschehen in Österreich,
Hört ihr Herren allerhand,
Was da geschehen in Brabant,
Da hat geboren eine alte Frau
Eine junge Sau!
Seid freundlich eingeladen
Zum Topfbraten!
Ei, was ist das vor eine schöne Fuge!


Anonimo*


*C'è chi ritiene fosse Johann Friedrich Gottsched, ma io preferisco propendere per l'idea che fosse uno degli invitati al matrimonio, magari un po' alticcio di Scheps.

domenica 3 giugno 2012

Cambi di campo

L'inizio di Университетская поэма (Poema universitario) di Nabokov mi ricorda le Lettres persanes e, per forza di cose, l'essere siciliano di Sciascia. Entrambi scelgono, come punto di partenza, l'identità in condizione di esilio (nelle sue diverse declinazioni: Sciascia non dovette espatriare, per esiliarsi, traendo piuttosto beneficio dal dono dell'insularità e dalla letteratura), in entrambi i casi vista dagli altri, quelli che maggiormente contribuiscono a forgiarla.

"Итак, вы русский? Я впервые
встречаю русского..." Живые,
слегка навыкате, глаза
меня разглядывают: "К чаю
лимон вы любите, я знаю;
у вас бывают образа
и самовары, знаю тоже!"

"Quindi lei è russo? È la prima volta
che incontro un russo…" E gli occhi
vivaci, delicatamente sporgenti
mi esaminano. "Vi piace il tè
col limone, lo so.
Da voi ci sono icone
e samovar, so anche questo!"

L'ultima strofa mi ricorda Charms ("e questo è tutto") ma soprattutto, per forza di cose, l'eco tenue della catastrofe primordiale di Primo Levi, che in Nabokov si traduce nel persistere della rotazione delicata della terra, nella sua leggera inclinazione. Entrambe le poesie, nel finale, come al cinema, cambiano radicalmente campo, ma lo fanno con movimenti opposti, l'uno allargando la visione, l'altro restringendola.

In mezzo, direi che la poesia di Nabokov andrebbe letta, sempre che se ne abbia l'interesse. Ne esiste una traduzione in inglese, di suo figlio Dmitri, che mi pare inarrivabile e che per questo lascio semplicemente così, assieme all'originale:
Университетская поэма, Владимир Набоков
University poem, translation by Dmitri Nabokov




sabato 2 giugno 2012

La donna che traduceva a memoria e beveva oblio

Как хорошо, что парк хотя бы цел,
Что жив прекрасный контур Эрмитажа,
Что сон его колонн все так же бел,
И красота капризных линий та же…
Как хорошо, что мы сидим вдвоем
Под сенью лип, для каждого священной,
Что мы молчим и воду Леты пьем
Из чистой чаши мысли вдохновенной…
20 августа 1955 г., Г. Пушкин
Татьяна Григорьевна Гнедич

Однажды ее вызвал к себе последний из ее следователей и спросил: «Почему вы не пользуетесь библиотекой? У нас много книг, вы имеете право…» Гнедич ответила: «Я занята, мне некогда». — «Некогда? — переспросил он, не слишком, впрочем, удивляясь (он уже понял, что его подопечная отличается, мягко говоря, странностями). — Чем же вы так заняты?» — «Перевожу. — И уточнила: — Поэму Байрона». Следователь оказался грамотным; он знал, что собой представляет «Дон Жуан». «У вас есть книга?» — спросил он. Гнедич ответила: «Я перевожу наизусть».

Добровольный крест, Ефим Эткинд

Татьяна Григорьевна Гнедич / Tat'jana Grigor'evna Gnedič

Che bello che il parco sia ancora intatto,
Che si profili da lontano il magnifico Ermitage
Che la sommità delle sue colonne sia ancora così bianca,
E le sue linee fantastiche siano sempre le stesse…
Che bello che sediamo entrambi
All'ombra dei tigli che per tutti è sacra,
Che in silenzio beviamo le acque del Lete
Dal puro calice di pensieri ispirati…
20 agosto 1955, Città di Puškin
Tat'jana Grigor'evna Gnedič

Un giorno fu convocata dal suo ultimo interrogatore, che le chiese: "Perché non prende in prestito libri dalla biblioteca? Ne abbiamo molti, è autorizzata a farlo...". La Gnedič rispose: "Sono occupata, non ho tempo". "Non ha tempo?" - le chiese senza vero stupore (aveva già capito che la sua protégée era diversa, a dir poco bizzarra) - "E con che cosa è così occupata?". "Traduco". E precisò: "Un poema di Byron". Risultò che l'interrogatore era alfabetizzato; sapeva cosa rappresentasse il Don Juan. "Ha il libro?" - chiese. La Gnedič rispose: "Traduco a memoria".

Dobrovol'nyj crest, Efim Etkind