venerdì 26 febbraio 2010

Come sarebbe se non ci fossero il Mali e Cuba

Sabu Yerkoy, tratta da Ali e Toumani, 2010

Chitarra: Ali Farka Touré
Kora: Toumani Diabaté
Basso: Orlando “Cachaito” Lopez
Congas: Vieux Farka Touré
Coro: Souleye Kane, Ali Magasa e Vieux Farka Touré


Ali ha suonato questo pezzo sin dagli anni '60, ma questa è la sua unica registrazione. Sabu Yerkoy significa grazie a Dio ed è dedicata all''indipendenza del Mali.

giovedì 25 febbraio 2010

Rose my color is and white

Rose my color is and white,
Pretty mouth and green my eyes.

J.D. Salinger, Nine stories

Christ, it’s embarrassing – I start thinking about this goddam poem I sent her when we first started goin’ around together. "Rose my color is and white, Pretty mouth and green my eyes." Christ, it’s embarrassing – it used to remind me of her. She doesn’t have green eyes – she has eyes like goddam sea shells, for Chrissake.

domenica 21 febbraio 2010

Come sarebbe se l'uomo non sognasse

Als Gregor Samsa eines Morgens aus unruhigen Träumen erwachte...

Wacht auf, - denn eure Träume sind schlecht!
Bleibt wach, - weil das Entsetzliche näher kommt.

Rifiutandosi di bere e di mangiare, con delle placche rosse di febbre sulle guance, mio padre diventava in effetti selvaggio. Era chiaro che nessun organismo avrebbe potuto sopportare a lungo una tale carica d'odio. Una repulsione terribile trasformava il suo viso in una maschera tragica, fissa, dove solo le pupille guardavano, nascoste dietro le palpebre inferiori, tese in una eterna diffidenza. Con un urlo feroce scattava all'improvviso dalla sedia, si precipitava alla cieca in un angolo della stanza e già alzava il suo giavellotto sulla punta del quale uno scarafaggio enorme agitava disperatamente le sue zampette intrecciate. Adele veniva allora in aiuto a mio padre pallida d'orrore, gli ritirava la lancia con il trofeo infilzato in cima, che andava ad annegare nel catino. Ma di quell'epoca, non avrei potuto dire se fossero stati i racconti di Adele ad avermi inculcato queste immagini o se ne fossi stato io stesso testimone. Papà non aveva più allora quella forza di resistenza che protegge gli uomini sani contro la fascinazione della repulsione. Al posto di strapparsi di dosso la terribile attrazione, mio padre, in preda alla follia, ne restava sempre più invischiato. I suoi tristi effetti non tardarono a farsi sentire. Presto apparvero i primi sintomi sospetti, che ci riempirono d'angoscia e di dolore. Il comportamento di papà era cambiato. La sua follia sembrava placarsi, la sua eccitazione scemava. I suoi gesti e la sua mimica cominciarono a tradire una cattiva coscienza. Si mise ad evitarci. Restava nascosto tutto il giorno negli angoli o sotto le coperte. Lo vedevo spesso pensoso, mentre si guardava le mani, si esaminava la consistenza della pelle, delle unghie, dove comparivano delle macchie nere e lucenti. Nere come il carapace dello scarafaggio.
Di giorno resisteva ancora con quello che gli restava della forza, lottava, ma di notte la fascinazione lo assillava. Lo vidi una sera alla luce di una candela posata per terra, steso sul pavimento, nudo, totem chiazzato di nero che striavano le linee delle costole; la sua anatomia fantastica vista in trasparenza lo attirava su cammini oscuri. Agitava le sue membra con movimenti complicati, secondo un rituale strano nel quale, scosso d'orrore, riconobbi un'imitazione del cerimoniale degli scarafaggi.
A partire da quel momento, lo rinnegammo. La sua somiglianza con uno scarafaggio si accentuava di giorno in giorno - mio padre si trasformava in scarafaggio.
Cominciammo ad abituarcici. Lo vedevamo sempre di meno, per intere settimane spariva su sentieri di scarafaggio, si fondeva completamente tra il popolo nero, cessammo di distinguerlo da questo. Nessuno sapeva se vivesse ancora in una fessura del pavimento, se, di notte, percorresse la casa, immerso in affari da scarafaggio, o se non si trovasse tra quegli insetti morti, stesi sul dorso, a zampe ritte, che Adele ramazzava con disgusto su una paletta tutte le mattine per gettarli nella spazzatura.
"Eppure, dico senza convinzione, sono sicuro che questo condor sia lui". Mia madre mi guardava attraverso le ciglia. "Smetti di tormentarmi, caro, ti ho detto che tuo padre viaggiava come rappresentante di commercio. Sai bene, a volte ritorna a casa di notte, per ripartire prima dell'alba".

Una possibile versione della traduzione francese di Thérèse Douchy dal polacco di un pezzo tratto da Le botteghe color cannella.
Bruno Schulz, Oeuvres complètes, Denoël 2004

sabato 20 febbraio 2010

Dizionario di tutte 'e cose - C come Come sarebbe se una casa sognasse


555 KUBIK_ extended version from urbanscreen on Vimeo.

Produzione: urbanscreen.com
Direzione artistica: Daniel Rossa
Direzione tecnica: Thorsten Bauer
Design 3D: David Starmann
Suono: Jonas Wiese
Committente: Hamburger Kunsthalle

Dizionario di tutte 'e cose - R come Robotica


L'orologio elefante: dal Libro della Conoscenza degli Ingegnosi Dispositivi Meccanici (Kitáb fí ma'rifat al-hiyal al-handasiyya, noto anche come Automata) di al-Jazari, 715 (1315 d.C.) (prima edizione Baghdad 1206 d.C.); copia di Farkh ibn cAbd al-Latif. Inchiostro, colori e oro su carta.

Le ore sono indicate dal disco in cima all'orologio (inclinato, nella riproduzione), i minuti dalla penna dello scriba, che ruota stando seduto sulla groppa dell'elefante, all'interno della struttura. Il meccanismo è regolato da un serbatoio pieno d'acqua posto all'interno del corpo dell'elefante. Un catino perforato, collegato allo scriba tramite un sistema a pulegge, galleggia nell'acqua. Il foro regola la velocità con cui il catino vi affonda. A mano a mano che affonda, fa ruotare lo scriba. Quando il catino è completamente sommerso dall'acqua, fa rilasciare una palla da uno scivolo basculante posto sulla sommità della struttura, al quale è collegato sempre tramite pulegge. La palla, cadendo, colpisce una girandola che fa girare la fenice in cima, passa nel becco del falco e da questo nella bocca del serpente, che, ruotando attorno ad un asse orizzontale, la fa cadere nel serbatoio attraverso l'apertura disposta dietro il cavaliere (beh, elefantiere), riportando così sulla superficie del serbatoio il catino, e così via.

Lettera

Drohobycz, 16 agosto 1935

Ho una cattiva coscienza pensando a voi; potrei certamente giustificarmi invocando lo spezzettamento e la disorganizzazione del mio impiego del tempo a Varsavia; ma perché provare a discolparmi? Alcune spiegazioni peggiorano solo le cose: più esse si sforzano di mettere ordine ai fatti con esattezza, più sembrano artificiali e tirate per i capelli. Ha fatto bene a ricordarmi Rilke. Ogni volta che si è depressi per le proprie sconfitte nel campo della creazione (sconfitte di cui nessuno può sapere niente) è bene invocare il suo nome. L'esistenza dei suoi libri ci prova che le masse sorde e ingarbugliate delle idee che non sono state formulate possono ancora affiorare in superficie, meravigliosamente distillate. La precisione e la purezza della distillazione rilkiana non possono che riconfortarci, gli sforzi che compio per scrivere mi lasciano letteralmente spossato. Gli scrittori (quelli del mio genere, in ogni caso) sono le creature più miserabili che ci siano sulla terra. Devono continuamente mentire, presentare in modo convincente - come qualche cosa di compiuto e reale - quello che si trova in realtà allo stato di disgregazione e di caos. Il fatto che io possa rappresentare per qualcuno quello che Rilke rappresenta per me mi commuove e al contempo mi imbarazza. Non credo di meritare l'onore di un tale paragone. D'altronde, non prendo la cosa troppo sul serio.
Sarei contento di restare in contatto con lei, e mi domando che forma prenderà questo contatto.
Le mando con lo stesso corriere un esemplare de Le botteghe color cannella.
I miei saluti più cordiali.

Bruno Schulz
Bruno Schulz, Oeuvres complètes, Denoël 2004

Lettera a Romana Halpern, amica e confidente di Schulz a Varsavia, grande amante della letteratura e dell'arte. Figlia del giornalista Aleksander Kenig, abbandona gli studi alla scuola d'arte drammatica per lavorare all'ufficio cinematografico. Riesce a sfuggire dal ghetto durante il grande rastrellamento del luglio del 1942 e a lasciare suo figlio in un internato. Grazie alla conoscenza di quattro lingue straniere e della stenografia, trova lavoro, sotto falso nome, in un ufficio di una società di import-export tedesca a Cracovia. Arrestata dalla Gestapo nel settembre del 1944 e incarcerata, viene fucilata poco tempo prima della liberazione di Cracovia. Le lettere di Schulz alla Halpern sono state ritrovate dal figlio di questa dopo la liberazione di Varsavia nel vecchio appartamento di via Jasna 17, tra macerie e vetri. Un motivo in più per postarne una qui.

Lettre

Cher X,

On dit très bien.
On dit vachement bien.
On écrit très cordialement.
Il faudrait être cohérent.

Vachement cordialement,

F.

Fim

Quando eu morrer batam em latas,
Rompam aos saltos e aos pinotes,
Façam estalar no ar chicotes,
Chamem palhaços e acrobatas!

Que o meu caixão vá sobre um burro
Ajaezado à andaluza:
A um morto nada se recusa,
E eu quero por força ir de burro!...

Mário de Sá Carneiro


Quando morirò battete su barattoli,
Erompete in salti e capriole,
Fate schioccare in aria fruste,
Chiamate pagliacci e acrobati!

Che la mia bara vada su un asino
Bardato all'andalusa:
A un morto niente si ricusa,
E io voglio per forza andar sull'asino!...

(cfr., volendo)

Il mio funerale

Quando, uditemi amici, quando avvenga
che questa che mi rosica cirrosi
il fegato e dintorni m'abbia rosi,
come cirrosi fa che si convenga,

quando il medico, chiusa la sua cura,
ordinerà «portatelo pur via!»,
io voglio, per andar a casa mia
sottoterra, una magna sepoltura.

Ravvivatemi a tocchi di carmino
sapientemente la figura smunta;
questo fate, e indoratemi la punta
del naso e spruzzolatemi di vino

odoroso, che non m'abbia piú l'aspetto
di un comune cadavere, e i capelli
fatemi tutti di vïola belli
e un non mai visto m'abbia cataletto.

Trascinino la mia spoglia mortale
sei porcellini tinti in verde e giallo
e Francesco Pastonchi, alto, a cavallo,
proclami «Che stupendo funerale!»

Cento musici in abito d'arconte
annunzino la mia corsa a Plutone
soffiando ampi venti di polmone
in cave corna di rinoceronte.

E cento bande strepitino poi
di strumenti impensati, impreveduti:
clisocorni, arcoflauti, fiascoimbuti,
trombicefali ed arpe-innaffiatoi.

Accorrano le turbe al pio passaggio
e a strilli, ad urla, a voci mozze e mezze,
si narrino le mie scelleratezze
e mi paia d'udire il lor linguaggio:

«Era il Gran Kan, il Padiscià degli orsi,
dei Bramini ridea, come di paria,
era padrone di un castello in aria
e si beveva il cielo in quattro sorsi

«Viveva nei piú luridi angiporti...
non aveva la testa troppo salda...
mangiava il cardo con la bagna calda
di notte in compagnia di beccamorti.»

Infine sempre mi si tolga al sole
in una cripta, a un labirinto in fondo;
e tutti quanti i fior che sono al mondo,
tralci di rose, cespi di vïole,

effondano la loro primavera
fin giú nel buio delle mie caverne.
Ma siccome son io ch'ho da goderne,
i miei fiori piantateli in maniera

che le radici siano volte in alto
e le corolle sboccino sotterra...
Di sopra al sasso poi che mi rinserra
questa epigrafe scrivasi in ismalto:

«Qui giace ERNESTO RAGAZZONI D'ORTA –
nacque l'otto gennaio mille ed otto–
centosettanta» e, sotto, questo motto:
«D'essere stato vivo non gl'importa».

Ernesto Ragazzoni

Democrazia

son las sorpresas de la democracia: la basura siempre sale a flote.

Nicanor Parra

(cfr., volendo)

*

giovedì 18 febbraio 2010

La storia dell'uomo in 2 versi

le singe (ou son cousin) le singe devint homme
lequel un peu plus tard désagrégea l'atome.

la scimmia (o suo cugino) la scimmia diventò uomo
che un po' più tardi disgregò l'atomo.

2 versi su 1388 della Petite Cosmogonie Portative di Raymond Queneau

Acta de independencia

Independientemente
De los designios de la Iglesia Católica
Me declaro país independiente.

A los cuarentaynueve años de edad
Un ciudadano tiene perfecto derecho
A rebelarse contra la Iglesia Católica.
Que me trague la tierra si miento.

La verdad es que me siento feliz
A la sombra de estos aromos en flor
Hechos a la medida de mi cuerpo.

Extraordinariamente feliz
A la luz de estas mariposas fosforescentes
Que parecen cortadas con tijeras
Hechas a la medida de mi alma.

Que me perdone el Comité Central.

En Santiago de Chile
A veintinueve de noviembre
Del año mil novecientos sesenta y tres:

Plenamente consciente de mis actos.

Nicanor Parra


Dichiarazione di indipendenza

Indipendentemente
Dai disegni della Chiesa Cattolica
Mi dichiaro paese indipendente.

A quarantanove anni di età
Un cittadino ha perfettamente diritto
Di ribellarsi alla Chiesa Cattolica.
Che mi ingoi la terra se mento.

La verità è che mi sento felice
All'ombra di questi aromi in fiore
Fatti a misura del mio corpo.

Straordinariamente felice
Alla luce di queste farfalle fosforescenti
Che sembrano tagliate con forbici
Fatte a misura della mia anima.

Che il Comitato Centrale mi perdoni.

In Santiago del Cile
Il ventinove novembre
Dell'anno millenovecentosessantatre:

Pienamente cosciente delle mie azioni.

mercoledì 17 febbraio 2010

Doveri umani

Si parla molto di diritti umani.
Poco, quasi niente, di doveri umani.
Primo dovere umano: rispettare i diritti umani.

Nicanor Parra

El hombre imaginario

El hombre imaginario
vive en una mansión imaginaria
rodeada de árboles imaginarios
a la orilla de un río imaginario

De los muros que son imaginarios
penden antiguos cuadros imaginarios
irreparables grietas imaginarias
que representan hechos imaginarios
ocurridos en mundos imaginarios
en lugares y tiempos imaginarios

Todas las tardes tardes imaginarias
sube las escaleras imaginarias
y se asoma al balcón imaginario
a mirar el paisaje imaginario
que consiste en un valle imaginario
circundado de cerros imaginarios

Sombras imaginarias
vienen por el camino imaginario
entonando canciones imaginarias
a la muerte del sol imaginario
Y en las noches de luna imaginaria
sueña con la mujer imaginaria
que le brindó su amor imaginario
vuelve a sentir ese mismo dolor
ese mismo placer imaginario
y vuelve a palpitar
el corazón del hombre imaginario

Nicanor Parra

Cambios de nombre

A los amantes de las bellas letras
Hago llegar mis mejores deseos
Voy a cambiar de nombre a algunas cosas.

Mi posición es ésta:
El poeta no cumple su palabra
Si no cambia los nombres de las cosas.

¿Con qué razón el sol
Ha de seguir llamándose sol?
¡Pido que se llame Micifuz
El de las botas de cuarenta leguas!

¿Mis zapatos parecen ataúdes?
Sepan que desde hoy en adelante
Los zapatos se llaman ataúdes.
Comuníquese, anótese y publíquese
Que los zapatos han cambiado de nombre:
Desde ahora se llaman ataúdes.

Bueno, la noche es larga
Todo poeta que se estime a sí mismo
Debe tener su propio diccionario
Y antes que se me olvide
Al propio dios hay que cambiarle nombre
Que cada cual lo llame como quiera:
Ese es un problema personal.

Nicanor Parra


Agli amanti delle belle lettere
Mando i miei migliori auguri
Cambierò il nome ad alcune cose.

La mia posizione è questa:
Il poeta non mantiene la sua parola
Se non cambia i nomi delle cose.

Per quale motivo il sole
deve continuare a chiamarsi sole?
Chiedo che si chiami Micino
Quello con gli stivali di quaranta leghe!

Le mie scarpe sembrano bare?
Sappiano che da oggi in poi
Le scarpe si chiamano bare.
Comunicatelo, annotatelo e pubblicatelo
Che le scarpe hanno cambiato nome:
Da ora si chiamano bare.

Bene, la notte è lunga
Ogni poeta che si rispetti
Deve avere il proprio dizionario
E prima che mi dimentichi
Al proprio dio bisogna cambiargli il nome
Che ognuno lo chiami come desidera:
Questo è un problema personale.

Resurrección

La poesía entra en el sueño
como un buzo en el lago.
La poesía, más valiente que nadie,
entra y cae
a plomo
en un lago infinito como Loch Ness
o turbio e infausto como el lago Balatón.
Contempladla desde el fondo:
un buzo
inocente
envuelto en las plumas
de la voluntad.
La poesía entra en el sueño
como un buzo muerto
en el ojo de Dios.

Roberto Bolaño


La poesia entra nel sogno
come un palombaro nel lago.
La poesia, più valorosa di chiunque altro,
entra e cade
a piombo
in un lago infinito come Loch Ness
o torbido e tragico come il lago Balaton.
Contemplatela dal fondo:
un palombaro
innocente
avvolto nelle piume
della volontà.
La poesia entra nel sogno
come un palombaro morto
nell'occhio di Dio.

martedì 16 febbraio 2010

Otro ritmo posible

Un buen verso
no sacia el hambre.

Un buen verso
no construye un jardín.

Un buen verso
no derriba al tirano.

Un verso
en el mejor de los casos consigue
cortarte la respiración
(la digestión casi nunca)

y su ritmo insinúa otro ritmo posible
para tu sangre y para los planetas.

Jorge Riechmann


Un bel verso
non placa la fame.

Un bel verso
non costruisce un giardino.

Un bel verso
non fa cadere il tiranno.

Un verso
nel migliore dei casi riesce
a mozzarti il respiro
(la digestione quasi mai)

e il suo ritmo insinua un altro ritmo possibile
per il tuo sangue e per i pianeti.

Le innumerevoli parole eschimesi per indicare la neve

Le ho cercate, le ho trovate e, con infinita pazienza, le ho contate.

Sono due.

Aput: snow on the ground.
Qanik: snow in the air (or snowflake).

Dictionary of the West Greenlandic Eskimo language, Meddelsem om Grønland 69 by C.W. Schultz-Lorentzen, Reitzels, Copenhagen 1927, cited by The great Eskimo vocabulary hoax and other irreverent essays on the study of language by Geoffrey K. Pullum, The University of Chicago Press, 1991

Tutto il resto è polisintesi, come dice la nota canzone di Califanuit, per cui le innumerevoli parole che gli inuit usano per indicare la neve sono solo parole composte derivate dalle due parole base (morfemi, se parlassi forbito).

Un po' come da una forma base, quella di un semplice prisma esagonale, derivano le infinite forme dei cristalli di neve.

Foto di Kenneth Libbrecht (altre qui)

***

Niente poesia*, oggi, ché nella mia ormai cronica mancanza di fantasia il cristallo mi fa venire in mente solo Kristall di Celan (e, solo dopo molti sforzi, anche la piccola raccolta Atemkristall, sempre sua), ma non mi pare il caso.

***

Al quinto anno di esistenza di questo piccolo blog, che ha superato imperturbabile le procelle più pericolose, cancellazione e recupero compresi (i pochi commenti che c'erano invece non ce l'hanno fatta a sopravvivere e devo dire che mi dispiace, perché erano pochi ma a me molto cari), in tempi in cui il mondo può usufruire dei mirabili benefici del ueb tciu point siro, cui personalmente preferisco la socialità del bar all'angolo e il girovagare per strada, ho deciso che continuerò a venire ad arieggiare questo posto anche in assenza pressoché totale di visitatori, pronta a dar loro il benvenuto, se comparissero, e pure un caffè, se lo gradissero, ma non in loro attesa (ché altrimenti qui si sarebbe abbandonato tutto ai ragni e alle erbacce da un bel pezzo).

***

* Bon, solo qualche verso messo in fila, via, che male non fa: E (m'innamoro) del sol rîe che fa fiurî l’avril/e del miel che l’ha in boca,/la prima neve che za fioca/sia pur lenta e zentil.
Del sol rîe è del suo riso, quello della vita.

***
(questi non sono asterischi, sono cristalli di neve ramificati)

lunedì 15 febbraio 2010

*

Исчезаю в весне,
в толпе,
в лужах,
в синеве.
И не ищите.
Мне так хорошо...

Арво Антонович Метс

Scompaio nella primavera,
nella folla,
in una pozzanghera,
nel blu.
Non serve che mi cerchiate.
Sto così bene...

Arvo Mets

(cfr., volendo)

domenica 14 febbraio 2010

Bellezza e verità in fisica


Murray Gell-Mann, premio Nobel per la fisica del 1969 per i suoi studi sulle particelle elementari.

Si occupa anche dell'evoluzione delle lingue ed è alla ricerca della lingua primigenia assieme a linguisti russi.

sabato 13 febbraio 2010

Cosmogonie

La mitizzazione della realtà

L'essenziale della realtà è il senso. Ciò che non ha senso per noi non è reale. Ciascuna particella della realtà vive nella misura in cui essa è partecipe di un senso universale. Delle vecchie cosmogonie esprimevano ciò con una frase: "In principio era il Verbo". Quello che non viene nominato per noi non esiste. Nominare una cosa equivale ad inglobarla in un senso universale. Una parola isolata, una tessera di un mosaico, è un prodotto recente, risultato - già - della tecnica. La parola primitiva era divagazione orbitante attorno al senso della luce, era un grande tutto universale. Nella sua accezione corrente, la parola oggi è solo un frammento, un rudimento di una mitologia antica e integrale. Da cui questa tendenza in sé a rigenerarsi, a ricrescere, a completarsi per ritornare al suo senso intero. La vita della parola consiste nel fatto di tendere verso migliaia di combinazioni, come i pezzi del corpo squartato del serpente leggendario che si cercavano nelle tenebre. Questo organismo complesso è stato lacerato in vocaboli separati, in sillabe, in discorsi quotidiani; utilizzato in questa nuova forma, è diventato uno strumento di comunicazione. La vita, lo sviluppo del verbo, sono stati spinti sul cammino utilitaristico, sottoposti a regole estranee. Ma quando le esigenze della pratica si distendono, quando la parola liberata dai vincoli è lasciata a se stessa e ristabilita nelle proprie leggi, si produce in essa una regressione: tende allora a completarsi, a ritrovare i suoi legami antichi, il suo senso, il suo stato primordiale nella patria originale delle parole - ed è allora che nasce la poesia.
La poesia, sono cortocircuiti di senso che si producono tra le parole, è un brusco zampillio di miti primitivi.
Utilizzando le parole correnti dimentichiamo che sono dei frammenti di storie antiche ed eterne, che - come i barbari - stiamo costruendo la nostra casa con frammenti di statue di dei. I nostri concetti ed i nostri termini più concreti ne sono derivati da lontano. Non un atomo, nelle nostre idee, che non ne provenga, che non ne sia una mitologia trasformata, storpiata, cambiata. La funzione più primitiva dello spirito è la creazione di racconti, "di storie". La scienza ha sempre trovato la sua forza motrice nella convinzione di trovare al termine dei suoi sforzi il senso ultimo del mondo, che essa cerca in cima alle sue impalcature artificiali. Ma gli elementi che essa utilizza hanno già svolto un servizio, provengono da storie antiche smontate. La poesia riconosce il senso perduto, restituisce alle parole il loro posto, le collega secondo certi significati. Elaborato da un poeta, il verbo riprende coscienza, se si può dire, del suo senso primo, risboccia spontaneamente secondo le proprie leggi, riscopre la sua integralità. Ecco perché tutta la poesia è creazione di mitologia, tende a ricreare i miti del mondo. La mitizzazione del mondo non è terminata. Questo processo è stato solamente frenato dallo sviluppo della scienza, spinto su una via laterale dove vegeta, il suo senso essendo smarrito. Quanto alla scienza, essa non è altro che uno sforzo per costruire il mito del mondo, perché il mito è contenuto negli elementi che essa utilizza e perché noi non possiamo andare oltre al mito. La poesia raggiunge il senso del mondo per deduzione, per anticipazione, a partire da grandi scorciatoie e da audaci avvicinamenti. La scienza mira allo stesso scopo per induzione, metodicamente, tenendo conto di tutto il materiale dell'esperienza. Ma, in fondo, tutte e due cercano la stessa cosa.
Infaticabilmente, lo spirito umano aggiunge alla vita le sue glosse - dei miti -, infaticabilmente cerca di "conferire un senso" alla realtà.
Il senso è ciò che trascina l'umanità nel processo della realtà. È un dato assoluto che non può essere dedotto da altri dati. Impossibile spiegare perché una cosa non sembra "sensata". Conferire un senso al mondo è una funzione indissociabile dalla parola. La parola è l'organo metafisico dell'uomo. Col tempo, la parola si fissa, cessa di veicolare dei sensi nuovi. Il poeta rende alle parole la loro virtù di corpi conduttori, creando delle accumulazioni in cui nascono delle tensioni nuove. I simboli matematici sono un allargamento della parola a nuovi domini. La tabella è anch'essa un derivato del verbo, di ciò che non è ancora segno, ma mito, storia, senso.
Si considera generalmente la parola come un'ombra della realtà, come un riflesso. Sarebbe più giusto dire il contrario! La realtà è un'ombra della parola. La filosofia è, in fondo, filologia, studio profondo e creatrice del verbo.

Studio, 1936, Numeri 3/4
Una possibile versione della traduzione dal polacco di Thérese Douchy
Bruno Schulz, Oeuvres complètes, Denoël 2004

*

Scienza come mito



Domanda: Quando scrive qui nel suo capitolo "La poesia della scienza", si spinge a conseguenze estreme quando dice che forse l'umanità al momento non sa affatto dove si concretizza la sua qualità poetica e crede ancora che avvenga solo in letteratura. In realtà gli scienziati stanno facendo una nuova poesia.
Enzensberger: È una tesi forte, ma si può introdurre qualcosa in suo favore, ad esempio questo riguarda per lo più le scienze più avanzate. Come detto, la biologia è una scienza relativamente giovane, in una certa misura acerba, nella fisica... La fisica ha raggiunto uno stadio di materialismo - cioè possiamo chiarire tutto come il demone di Laplace: se posseggo i dati, posso prevedere tutto, è completamente deterministico - ma da questa visione deterministica la fisica si è allontanata da tempo. Per quello che raccontano oggi la cosmologia, l'astrofisica, la fisica delle particelle, queste si potrebbero oggi designare come miti, svolgono un ruolo simile al mito, una funzione simile al mito. Non è identico al mito greco, ma ha una funzione simile per la nostra coscienza, cioè sono immagini che ci rendono il mondo più comprensibile, così come appunto le vecchie mitologie avevano lo stesso scopo, ci consentivano di orientarci. Perché sapevamo che Venere è l'amore, Zeus il tuono, e ci si poteva spiegare tutto, almeno spiegare nel senso di avere comprensione, di non sentirci più estranei al mondo, bensì trarne un senso. E oggi è anche così: questo universo che viene descritto nelle scienze è analogo ai racconti. La storia del big bang, lo sviluppo dell'universo a partire da questo evento, come vengono di solito descritti? L'espansione, lo spostamento verso il rosso, ecc., tutto ciò è anche un mito, analogo ad un mito. È una produzione molto forte. Non è niente di facile, non è niente di semplice, non si può costruire il mito ogni giorno, ma è forte.
D.: Se posso richiamare la sua attenzione. Ci fu un congresso nella DDR, nel momento in cui questa repubblica sviluppava al massimo la sua coscienza di sé. In realtà, dicevano, si tratta di dissipazione di vento stellare, attraverso il vento delle stelle, di stelle enormi, giovani. In un'economia pianificata, del tutto impossibile. Bisognava rimodellarlo. Ma era la creazione di due movimenti mitici.
E.: Laddove uno è più pieno di paure. La parsimonia, la ricerca della dissipazione dell'universo. Anche la biologia ha bisogno della fecondazione di milioni di cellule seminali che si distribuiscono: una incredibile esplosione di energia. I cosmologi si chiedono quanto simile sia l'universo.

domenica 7 febbraio 2010

A propósito de Dante

En lugar de “Per me si va nella città dolente” podríamos escribir:

Por mí, se va a la ciudad sin fondo
Eternidad que persigue su propio abismo.

¡Mucho mejor! Mucho más profundo resulta este infierno que se precipita en su propio abismo.

Witold Gombrowicz, 1966

sabato 6 febbraio 2010

Когда умирают кони - дышат

Когда умирают кони - дышат,
Когда умирают травы - сохнут,
Когда умирают солнца - они гаснут,
Когда умирают люди - поют песни.

Велимир Хлебников, 1912

Quando stanno morendo, i cavalli respirano,
Quando stanno morendo, le erbe si seccano,
Quando stanno morendo, i soli si bruciano,
Quando stanno morendo, gli uomini cantano delle canzoni.

Velimir Chlebnikov, 1912
Traduzione di Paolo Nori

Questa non è solo una poesia di Chlebnikov, è anche la prima poesia di Chlebnikov che Nori abbia mai letto nella sua vita. Di altre persone specifiche non saprei dire, ma c'è una certa probabilità che vi siano dei passanti olandesi e dei patiti di musica elettronica tedeschi e non che hanno letto per prima proprio questa poesia, tra le poesie di Chlebnikov.
Perché a Leida si trova all'aperto, sul muro laterale di un edificio in Apothekersdijk 26.


E perché Thomas Brinkmann l'ha interpretata così.
Se posso per un attimo parlare di me, questa è già la seconda poesia di Chlebnikov che leggo.

Я долго думал об орлах

Я долго думал об орлах
и понял многое:
орлы летают в облаках,
летают никого не трогая.
Я понял, что живут орлы на скалах и в горах
и дружат с водяными духами.
Я долго думал об орлах,
но спутал, кажется, их с мухами.

15 марта 1939

Даниил Хармс


Ho pensato a lungo alle aquile
e ho capito molte cose:
le aquile volano nelle nuvole,
volano senza toccare nessuno.
Ho capito che le aquile vivono su rocce e montagne
e sono amiche degli spiriti delle acque.
Ho pensato a lungo alle aquile,
ma, a quanto pare, le ho confuse con le mosche.

15 marzo 1939

Daniil Charms

mercoledì 3 febbraio 2010

Stimme II

Verschreckt haste ich durch den Sommerregen
Hinter dem Zaun lauert ein kurzsichtiger Knecht
Im geöffneten Koffer
(Den ich verbergen will)
Ist mein Geschlecht zu sehen
Gelb und weich wie eine Kamelschnauze
Nun schützen mich weder Zigaretten
Noch der Surrealismus
In meiner Wohnung ein heilloses Durcheinander
Und im Spiegel plötzlich ein schlafender Mann.

Nora Iuga


(via noraiuga.wordpress.com)

Voce II
Spaventata mi affretto attraverso la pioggia estiva
Dietro al recinto è appostato un garzone miope
Nella valigia aperta
(Che voglio nascondere)
Si vede il mio sesso
Giallo e morbido come un muso di cammello
Ora non mi proteggono né le sigarette
Né il surrealismo
Nel mio appartamento un caos disperato
E nello specchio all'improvviso un uomo che dorme


Hans Richter, Vormittagsspuk, 1928 (archive.org)
Paul Hindemith, Musik für mechanisches Klavier (Welte-Mignon), opus 40 (verloren) (perduta. La musica fu distrutta nel 1938 in quanto "arte degenerata" e il rullo della pianola meccanica fu distrutto nella fabbrica di Friburgo Welte-Mignon durante un raid aereo il 27 novembre 1944. Restano però le parole del suo autore: “L'ascoltatore è sospeso nella costante ansia se la musica concordi veramente con l'immagine o meno - è ridicolo quando al colpo di cannone sopra arriva troppo tardi il battito del tamburo; se arriva al momento giusto,  è poco meno idiota... Ma siccome si deve fare musica per i film... perché allora non una restituita in modo altrettanto meccanico? E perché non una musica che sia stata concepita e realizzata assieme al film? Una musica che si esaurisca sempre solo per il film corrispondente e che sia fornita al cinema dalla distribuzione solo assieme al film! E se viene suonata in tutte le altre accampate occasioni, perché non con l'ausilio di strumenti meccanici di alta qualità che funzionano bene e razionalmente?” Paul Hindemith “Zur mechanischen Musik”, 1927, in Aufsätze, 24. Da David Trippet.)