lunedì 29 agosto 2011

Casi

Questa volta non è stato per caso che ho trovato dei versi, questa volta li ho cercati, i versi del poeta del XII secolo a cui probabilmente l'autore di Flamenca si è più che ispirato: Peire Rogier o Rogiers che scriver si voglia. Cercandoli, ho tuttavia trovato per caso un manoscritto della seconda metà del XIII secolo su cui hanno lasciato delle note a margine quei vandali del Petrarca e del Bembo.



Ailas! - Que plang? - Ia tem morir. - Que as? - Am. - E trop? - Eu oc, tam que'n muer. - Mors? - Oc. - Non potz guerir? - Tan son iratz. - De que? - Delleis, don son aissos. - Sufre. - Nom val. - Clam merces. - Si fas. - Non ai pro? - Pauc. - Not pes, s in tras mal. - No? - Co fas dellei.

Peire Rogier, Ges non puesc en bon vers fallir

Ahimè! Di che ti lamenti? - Ho paura di morire. - Che hai? - Amo. - E troppo? - Sì, al punto da morirne. - Muori? - Sì. - Non puoi guarire? - Sono così rattristato. - Da che? - Da colei che mi rende così ansioso. - Pazienta. - Non vale. - Chiedile pietà. - Se lo faccio. - E non aiuta? - Poco. - Non disperare, se ti fa male. - No? - Fallo per lei.

Le trascrizioni sono le più varie: la mia è basata il più possibile sul manoscritto trovato.

La lirica occitana non è remota né nel tempo né nello spazio, la lirica occitana è viva e lotta con noi. A parte lo splendore dell'opera di Max Rouquette, in Italia, per esempio, a mia conoscenza, nel Novecento ci sono stati almeno due poeti che, come i provenzali delle origini, grazie all'intercessione proprio del primo dei due suddetti vandali, non si sono mai vergognati di confrontarsi apertamente con i sentimenti in generale e col sentimento d'amore in particolare, nonostante avessero di fronte a sé un'ulteriore difficoltà, oltre a quella che è intrinseca al parlare di sentimenti senza cadere nel ridicolo, e cioè che, a differenza dei provenzali, si sono trovati a vivere in un'età in cui solo le avanguardie sembravano (sembrano?), agli occhi dei più, avere un peso ed una dignità e in cui non ci si poteva più  nascondere dietro l'eventuale scusa di trovarsi agli esordi della poesia in lingua volgare: uno è stato Giacomo Noventa, l'altro, almeno in una certa misura, Virgilio Giotti, entrambi, non a caso, poeti dialettali. La Provenza italiana, nel '900, a mia conoscenza, se n'è stata nascosta - alla portata di tutti e al contempo ben appartata - nel profondo nord-est, ma forse questo dipende solo dal caso che mi tocca da più vicino perché io, in quel profondo nord-est, ci sono nata e ne ho respirato a lungo l'aria - tutta, non solo quella delle Zastava prima e dei camion dell'Europa dell'est poi.

Parole scrite d'amor

Parole scrite d'amor zogàe, vendùe,

Gavèsse 'vùo 'na dona un solo zorno
Che ghe gavèsse par amor capìe,

No' 'varìave, no', scrite nè ditàe
Mie parole d'amor.

Donàe, donàe ve gavarìa
E perse volentiera.

Giacomo Noventa
1933

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