mercoledì 18 maggio 2011

Storia di un esergatore - 1

Nichts, wenn man es überlegt, kann dazu verlocken, in einem Wettrennen der erste sein zu wollen.
Franz Kafka

However, if we want to play a bigger role, the role of a free man, then we should be capable of accepting—or at least imitating—the manner in which a free man fails. A free man, when he fails, blames nobody.
Iosif Brodskij

Das Ganze erscheint zwar sinnlos, aber in seiner Art abgeschlossen.
Franz Kafka

Sono un esergatore. Disoccupato, ovviamente. Gli editori cui mi sono rivolto negli ultimi anni dicono che l'esergo è morto. Anche per questo, nonostante tutto, io ci credo ancora, all'arte dell'esergo. È il destino di certe arti, quello di essere date per morte e di conoscere invece delle lunghe, vispe agonie: l'opera, il romanzo, il cinema. E l'esergo.
Quei pochi eserghi che arrivano a pubblicazione e che non si risolvano nella sola, breve dedica ad un familiare o ad un maestro e che non siano un passo biblico o dei versi di Dante o Shakespeare, dicono ancora, sono frutto di selezione da parte degli autori, in gran misura più scientifici che letterari, che ancora ci tengono, agli eserghi, e che non li accetterebbero mai se fossero suggeriti dall'editore.
Eppure in passato non era così. Lavoravo. Anonimamente, discretamente, non moltissimo, all'ultimo livello della scala degli scrivani, sotto quello degli scrittori delle quarte di copertina, ma lavoravo.

Molte mani hanno ormai sfogliato il mio curriculum, che in esergo aveva un Brodskij incastonato tra due Kafka (Niente, se ci si riflette, può invogliare ad arrivare per primi ad una corsa./Comunque, se vogliamo avere una parte più importante, la parte dell'uomo libero, allora dovremmo essere capaci di accettare - o almeno di imitare - il modo in cui un uomo libero è sconfitto. Un uomo libero, quando è sconfitto, non dà la colpa a nessuno./Il tutto sembra certo privo di senso, ma a suo modo compiuto.) e che si concludeva con una presentazione di un immaginario Moby Dick che iniziasse, come tutti ricordano, con "Chiamatemi Ismaele" contrapposto al vero Moby Dick, con le sue pagine e pagine di eserghi, dalla Genesi alla Canzone della balena.

Nei colloqui, presentavo le infinite possibilità di apporli, da quella classica, in testa ai capitoli di un romanzo o tra i titoli di testa dei film, a quelle ancora poco o per niente esplorate, come quella di metterli sulle facciate degli edifici, tra l'ultima finestra in alto a destra e il sottotetto, in cima alle porte e alle scale, in testa ai treni, sull'ala destra degli aerei, sul pomello destro del manubrio delle biciclette, alla fine delle strade, in mezzo alle rotonde, sul pannello in testa all'ultima corsia a destra dei caselli delle autostrade a pagamento, all'ingresso dei tunnel, in cima ai moli e ai trampolini, sulle prue delle navi, sugli striscioni degli arrivi delle corse podistiche, delle biciclette e delle gare da sci, sulle porte da calcio, sui tabelloni da pallacanestro, sulle reti del tennis, sulle mazze da hockey, sulle aste dei saltatori con l'asta, sulle siepi della 3000 siepi, sui tavoli da pranzo, sulle ante destre degli armadi, agli angoli delle lenzuola, degli asciugamani e dei tappeti, sui cuscini dei divani, sulle cornici dei quadri, sui servizi di piatti e bicchieri, sul manico delle scope o su quello degli spazzolini da denti, sulle calze, sui fazzoletti, sulle bottiglie del latte, sui biscotti.

Uno degli ultimi cui ho sottoposto la mia proposta, un imprenditore edile, mi ha detto che esagero, che l'idea non regge, non risponde alle esigenze del mercato e che comunque non ho idea di quanti permessi bisognerebbe ottenere per esporre eserghi ovunque.
- Ma ne ha una vaga idea? - mi ha quasi urlato, scocciato.
- E lei ha mai contato, ma dico veramente contato, le etichette che ha addosso e in casa o i cartelli pubblicitari che decorano il percorso che separa la sua porta di casa da quella del suo ufficio?
- Guardi... grazie, è stato un piacere. Arrivederci.
- Lietissimo.... Arrivederci. Balbettò Raskol'nikov cercando di sorridere.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
- gli ho detto uscendo dalla stanza, con un filo di voce.

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