sabato 11 dicembre 2010

Vita te voio ben (ma no ogni giorno)

Con Cergoly non si sa bene da che parte cominciare - se da quello che sappiamo o, invece, dal molto che non sappiamo e ci piacerebbe sapere di lui.
Dalla prefazione di Giovanni Raboni a Opera 79, Carolus L. Cergoly, Edizioni S. Marco dei Giustiniani, Genova, 1983


Con Cergoly non si sa neanche bene dove finire. Forse a Venezia.
F., 2010

Poesia d'un Barbon
scritta per farse coraggio
sotto el Ponterosso
su carta d'imballaggio
senza nissun
che te dia qualcossa
magari anche una piada
un pugno una sberla
senza una strada
che porti a qualche fermo
senza un numero
per dir
stago de casa qua
senza una man
tenera de dona
che coccoli in amor.
Coparse e dopo
l'Isola dei Morti
in quadro la go vista
un polveron de noia
a l'infinito
morto isolà va ben
ma
almeno saver qualcossa dei vivi
se gà piovù in Farneto
se bora scura(*)
fa rabiar el mar
Vita te voio ben
ma no ogni giorno
domenica in loculo
ma lunedì alle cinque
zo in Ponterosso
vivo.

Carolus L. Cergoly, Latitudine Nord, 1980


Poesia di un Barbone
scritta per farsi coraggio
sotto il Ponterosso
su carta da imballaggio
senza nessuno
che ti dia qualcosa
magari anche un calcio
un pugno una sberla
senza una strada
che porti a qualche sosta
senza un numero
per dire
sto di casa qua
senza una mano
tenera di donna
che coccoli in amore.
Ammazzarsi e dopo
l'Isola dei Morti
nel quadro l'ho vista
un polverone di noia
all'infinito
morto isolato va bene
ma
almeno sapere qualcosa dei vivi
se è piovuto nel bosco di Farneto
se la bora scura
fa arrabbiare il mare
Vita ti voglio bene
ma non ogni giorno
domenica nel loculo
ma lunedì alle cinque
giù al Ponterosso
vivo.




(*) La bora può essere chiara o scura, a seconda che arrivi sul golfo di Trieste in presenza di un anticiclone o meno. La scura, per rimanere ancora con Cergoly, quando soffia, può provocare paura, ma mica di cadere. Di perdere l'anima:


Vento de bora
Scura
Refola la contrada
Paura
Che l'anima me scampi
Sotto la sciarpa gialla


Gli italiani conoscono Trieste grazie alla bora e la bora grazie al periodico servizio del telegiornale fantasiosamente(**) intitolato "Bora a Trieste", che di preferenza compare fin nei titoli di testa quando non si vuole parlare d'altro. Succede abbastanza spesso. Il servizio in questione è sintetico, ma efficace e ben rodato ed è corredato da un breve filmato che riprende, di spalle, un anziano che cammina sul molo Audace "spazzato" dal vento. Il verbo "spazzare" compare in effetti almeno una volta nel servizio televisivo. Ora, non vorrei gettare nessuno spettatore televisivo nello sconforto, ma è ora che si sappia: l'anziano che cammina sul molo Audace è morto (nell'estate del 1981, di infarto, su una spiaggia cubana. Felice.) La bora, però, non soffia solo a Trieste. Anche ad Aidussina, Cherso, Fiume, Senj e Spalato, per esempio. Ma lì ha un carattere diverso, meno irrequieto. Ha poi dei parenti in altre parti del mondo, che nascono, crescono e muoiono per le stesse cause termiche e orografiche: a Novorossiysk, sul Mar Nero, vicino alle foci del fiume Kuban, a Novaya Zemlya, tra il mare di Barents e il Mare di Kara, e nella pianura di Kantō, in Giappone, dove si chiama oroshi. Dei suoi parenti, però, ignoro il carattere. In realtà la bora si può trovare, seppure per solo qualche istante, dappertutto, anche a Parigi. Non lo dico io, lo dice sempre Cergoly: A Parigi flon flon/Salso de mar/E refolo de bora/Aria de casa mia.
Per un'incredibile coincidenza, questo blog contiene una poesia intitolata proprio Bora.

(**) Non è il titolo più fantasioso. Dopo "Nebbia in val Padana", inspiegabilmente un po' demodé, rimane saldamente in testa, inarrivabile, "Acqua alta a Venezia".

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