sono le storie che avrei sperato di sentire.
Quello che racconto è solo una parte di quello non ho visto.
Se avessi visto, non avrei raccontato.
Issa Makhlouf in una traduzione della traduzione di Nabil el-Hazan
Tendiamo ad associare tutto: parole, suoni, odori, ricordi, sogni, numeri. Per comporre? Per ricomporre?
A me, per esempio, questi versi di Makhlouf fanno venire in mente Omero.
Nelle ultime generazioni, probabilmente solo i surrealisti sono riusciti ad associare in modo libero, e comunque solo all'inizio, prima di esporre, prima che ci si aspettasse facessero i surrealisti. I surrealisti e pochi altri: dei solitari, per lo più. In tempi più remoti, persino il buon selvaggio associava: se il suo vicino di caverna schiattava dopo aver mangiato una bacca rossa, dubito che si lasciasse tentare dalla curiosità di assaggiare quella bacca rossa.
Mi fanno venire in mente Omero, e quindi Ulisse.
Associamo pigramente, strettamente, indissolubilmente, almeno nei limiti della capacità di memoria umana, quella individuale, quella collettiva, quella intergenerazionale. Possiamo farlo al punto da circoscrivere l'intera vita di un uomo alla sola idea che ci siamo fatti di lui (Van Gogh=pittore e non incidentalmente anche pittore), possiamo farlo al punto da annullare l'intera vita di un uomo alla luce della sua morte tragica o ridicola (complesso K-M).
Ulisse, e quindi viaggio. Solo che se Omero non si chiamava Erodoto (e non si chiamava Erodoto), Ulisse (cioè Omero, come Madame Bovary è Flaubert) non deve essersi mai spostato dal suo tinello.
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