domenica 6 febbraio 2011

Aiace, per esempio

La scorsa settimana sono stata a Monaco, praticamente senza vederla se non nei brevi fotogrammi che ho potuto cogliere nel passaggio da un mezzo di trasporto ad un altro e all'interno di qualche suo edificio, come tutte le volte in cui il motivo del viaggio è lavorativo e il tempo a disposizione poco.

Quando si arriva all'aeroporto di Monaco, nel percorso che porta dal complesso aeroportuale alla scala mobile della S-Bahn, si esce su un enorme piazzale che, più che da raccordo, funge da imponente palcoscenico pubblicitario. In questi giorni, come in altre occasioni, il passeggero è forzato a posare lo sguardo, che lo voglia o no, sulle linee e sui luccichii di carrozzerie di superbe automobili tedesche.

Anche se quelle su cui è stato forzato il mio sguardo non erano Mercedes, a me è venuta in mente una poesia di Heiner Müller in cui compare il suo simbolo a stella, come è facile immaginare non per motivi di ammirazione. Mi ero quindi riproposta di ritrovare quella poesia e l'ho fatto, ma preferisco ricopiarla integralmente in un altro momento e cominciare riportando alcuni dei pensieri che da quella poesia derivo. Si tratta di una poesia che, come altre poesie di Müller, si misura col mito, in questo caso quello di Aiace, che Müller ripercorre e reinterpreta alla luce della storia del XX secolo e, naturalmente, della propria storia personale. 

Inizia così.

Ajax zum Beispiel


Babypille fauler Zauber
Ajax hält das Becken Sauber

In den Buchläden stapeln sich
Die Bestseller Literatur für Idioten
Denen das Fernsehen nicht genügt
Oder das langsamer verblödende Kino
Ich Dinosaurier nicht von Spielberg sitze
Nachdenkend über die Möglichkeit
Eine Tragödie zu schreiben Heilige Einfalt
Im Hotel in Berlin unwirklicher Hauptstadt
Mein Blick aus dem Fenster fällt
Auf den Mercedesstern
Der sich im Nachthimmel dreht melancholisch
Über dem Zahngold von Auschwitz und anderen Filialen
Der Deutschen Bank auf dem Europacenter


Aiace, per esempio

La pillola magica è solo un trucchettino
Ajax pulisce ogni lavandino
Detto popolare

Nelle librerie si accumulano
I bestseller letteratura per idioti
A cui la televisione non basta
O il cinema che rincretinisce più lentamente
Io dinosauro non di Spielberg sto seduto
Riflettendo sulla possibilità
Di scrivere una tragedia Santa Ingenuità
Nell'albergo a Berlino capitale irreale
Il mio sguardo dalla finestra cade
Sulla stella della Mercedes
Che nel cielo notturno gira malinconica
Sull'oro dei denti di Auschwitz e altre filiali
Della Deutsche Bank all'Europacenter


Sono convinta che molti la trovino datata, ma cercherò di spiegare perché per me non è così.

Intanto, confrontandosi col mito, ha sia il pregio di non spezzare il legame col passato, persino quello più remoto, rispettando così la continuità del pensiero umano, sia l'umiltà di ritrovare nel presente segni di comportamenti connaturati all'uomo e alle sue debolezze, riconoscendo in tal modo i suoi limiti e soprattutto la non esclusività delle sue vicende, anche le più drammatiche.

E poi, vi trovo, fin dall'esergo, la questione del linguaggio, del suo impoverimento e della sua impotenza ed inadeguatezza rispetto a coloro che fanno della violenza e dell'oblio le proprie insegne e che invitano con tutti i mezzi a loro disposizione a dimenticare il passato (o a ricordarne al più delle parti selezionate, ma mai a farlo in toto), a concentrare l'attenzione solo sulla fruizione immediata e sull'immediatezza del presente, a rincorrere lo svolgersi di ogni evento a mano a mano che accade e a passare continuamente all'evento successivo, all'istante successivo, evitando in tutti i modi ogni atteggiamento riflessivo, ogni insorgere di un dubbio, ogni pausa e persino ogni silenzio, senza i quali considerare un minimo quadro complessivo, sia in prospettiva per così dire geografica, spaziale, al di là del proprio microcosmo, sia in prospettiva storica, diventa impossibile.

E infine, per integrazioni con altri ricordi, consente di arrivare a immagini di fiori, di colori, e quindi di speranza.

E chissà, magari cammin facendo ne uscirà anche dell'altro. Proseguo.

Europa der Stier ist geschlachter das Fleisch
Fault auf der Zunge der Fortschritt läßt keine Kuh aus
Götter werden dich nicht mehr besuchen
Was dir bleibt ist das Ach der Alkmene
Und der Gestank von brennenden Fleisch den täglich
Von deinen Rändern der landlose Wind dir zuträgt
Und manchmal aus den Kellern deines Wohlstands
Flüstert die Asche singt das Knochenmehl
Eine Laufschrift am Kurfürstendamm verkündet der Welt
PETER ZADEK ZEIGT BERLIN SEINE ZÄHNE

Europa Il toro è macellato la carne
Marcisce sulla lingua il progresso non tralascia nessuna mucca
Gli dei non ti visiteranno più
Quel che ti resta è l'ahimè di Alcmena
E la puzza di carne che brucia che ogni giorno
Dai tuoi bordi il vento apolide ti porta
E talvolta dalle cantine del tuo benessere
Bisbiglia la cenere canta la farina delle ossa
Una scritta luminosa sul Kurfürstendamm annuncia al mondo
PETER ZADEK MOSTRA I DENTI A BERLINO

Il titolo di un'intervista a Zadek, all'epoca condirettore con Müller al Berliner Ensemble, pubblicata sul Berliner Morgenpost consente di datare la poesia alla fine del 1993.

L'Europa del mito (chi meglio di lei?) consente invece di stabilire una volta per tutte quali siano le origini dell'Europa. Se era figlia del re di Tiro Agenore, siamo tutti fenici o, se preferiamo, palestinesi.

La cenere. Le ossa.
Sono sceso giù per la fascia erbosa che cade ripida dal ripiano fino alla siepe di filo spinato. Qui, sul pezzetto di terreno stretto tra il filo e il pendio, accanto al pozzo nero, una volta c’era la buca per la cenere. Ora vi hanno sistemato un cimitero in miniatura, grande come due lenzuoli, cinto di pietre grezze e con due scritte al centro: “Honneur et patrie – Ossa humiliata“. Due espressioni, quasi due aforismi nei quali, come al solito, gli uomini condensano la rivelazione di una verità indicibile. Ma ciò che ora mi avvilisce non è l’isolamento cui sono condannati questi ripiani, bensì il silenzio in cui un’élite previdente e tenace avvolge queste ossa humiliata. Chi nel momento di estremo pericolo per l’Europa aveva giurato di disinfestarla a fondo si è poi asservito ad altri interessi meno nobili, per raggiungere i quali l’esigenza di una vera denazificazione diventava un ostacolo. Così l’Europa è uscita dal dopoguerra, che avrebbe potuto essere il periodo in cui compiere la propria purificazione, come un’invalida a cui qualcuno abbia applicato occhi di vetro perché non spaventi i bravi cittadini con le sue occhiaie vuote, e tuttavia burlandosi di lei e offendendola con impudenza. E l’uomo europeo ha accettato questo perché, nonostante le sue esclamazioni altisonanti, in verità è indolente e pauroso, talmente abituato a tirare avanti con comodo e a ridurre tutto quanto a sistema da non trovare lo spazio per inserire, nel proprio ordine di preoccupazioni misurato col bilancino, il bisogno di un atto di fierezza. E se ogni tanto, nell’inconscio, prova vergogna per questa situazione da eunuco, si sfoga in grande stile nelle prediche moralizzatrici e nello stigmatizzare le gesta avventate della gioventù; ma ha già scialacquato in anticipo il patrimonio di onestà e giustizia che avrebbe dovuto trasmettere alle nuove generazioni. Anche queste mie constatazioni però sono consunte al punto che nell’apatia generale risuonano come noiosi sermoni. Chissà, forse solo un nuovo ordine monastico laico potrebbe risvegliare l’uomo standardizzato, un ordine che vestisse il saio striato degli internati e inondasse le capitali dei nostri Stati, disturbasse con il rumore dei suoi zoccoli il raccoglimento dei negozi lussuosi e dei passeggi. Ciò che qui è rimasto nei vasi con la cenere dovrebbe essere portato in processione nelle città; notte e giorno, un mese dopo l’altro, gli uomini in divisa a strisce con gli zoccoli ai piedi dovrebbero montare la guardia d’onore ai vasi rossastri su tutte le piazze principali delle metropoli tedesche e non tedesche.
Boris Pahor, Necropoli, Fazi Editore, 2009 (prima edizione 1967, col titolo Nekropola), traduzione dallo sloveno di Ezio Martin, revisione del testo di Valerio Aiolli

E invece niente vasi.

E, al contrario di Aiace, poca, pochissima vergogna, alle volte proprio nessuna: il 28 ottobre del 2010, anniversario della marcia fascista su Roma, sui muri della casa della cultura slovena di Trieste, è apparsa la scritta: Boris Pahor Kapo. Un linguaggio in linea con quello dell'attuale presidente del consiglio dei ministri italiano, che nel 2003 al Parlamento europeo così diceva: "Signor Schulz, in Italia c'è un produttore che sta preparando un film sui campi di concentramento nazisti, la proporrò per il ruolo di kapò". Certamente il tono dei due linguaggi non si presta a frettolosi paragoni: l'attuale presidente del consiglio dei ministri italiano lo disse "sorridendo" - era "una battuta ironica". A proposito di linguaggio, osservo che il titolo confezionato per l'occasione da Repubblica, un giornale da sempre antiberlusconiano, fatte pur salve tutte le limitazioni che lo spazio di un titolo impone, si riferiva a un "duello verbale" fra i due, ponendo implicitamente i due deputati su un piano paritario, a contrapporsi a vicenda. Piano implicitamente paritario confermato dal link, che è contrassegnato come "litigio" su ben due livelli. La Süddeutsche Zeitung, che ha più o meno la stessa collocazione di Repubblica, usò invece Eklat (scandalo) nell'occhiello, le parole stesse del presidente del consiglio dei ministri italiano nel titolo, e, tra le varie cose, blitzendes (fulminante) per caratterizzare il suo Lächeln (sorriso) nel testo.

Parole.

Parole come Dachau. Dachau è appena fuori Monaco. Ci penso spesso, quando sono lì. A chi c'è stato allora, a chi ci abita ora. Come Buchenwald, che è appena fuori Weimar. O Mauthausen, che è appena fuori Linz (o la Risiera di San Sabba, che a Trieste è dentro). Da quando vivo in Francia mi chiedo come si possa pronunciare Dachau Dasciò senza battere ciglio. Scicagò, Illinuà (Chicago, Illinois) mi fa sorridere. Dasciò mi disturba.


BEWARE OF DENTISTS möchte man ihm sagen
In den Bauernkriegen dem größten Unglück
Der deutschen Geschichte las ich kopfschüttelnd
Im Stand der Unschuld neunzehnachtundvierzig
Wie kann eine Revolution ein Üngluck sein
In Brechts Anmerkungen zur MUTTER COURAGE
Wurde der Reformation der Reißzahn gezogen
Heute kann ich die Fortsetzung schreiben Der
Französischen Revolution in den Kriegen Napoleons
Der sozialistischen Frühgeburt im Kalten Krieg
Seitdem schreibt die Geschichte wieder Tango
Ein Exkurs über Revolution und Zahnmedizin
Geschrieben im Jahrhundert der Zahnärzte
Zwei Zahnprothesen ein Büchner-Preis
Das zu Ende geht Das kommende
Wird den Advokaten gehören die Zeit
Steht als Immobilie zum Verkauf
Im Hochhaus unter dem Mercedesstern

BEWARE OF DENTISTS gli si vorrebbe dire
Nelle guerre dei contadini la più grande sciagura
Della storia tedesca leggevo scuotendo il capo
In stato d'innocenza millenovecentoquarantotto
Come può una rivoluzione essere una sciagura
Nelle note di Brecht su MADRE CORAGGIO
Si è strappato il dente canino alla Riforma
Oggi io posso scrivere il seguito Della
Rivoluzione francese nelle guerre napoleoniche
Della nascita prematura del socialismo nella Guerra Fredda
Da allora la storia balla di nuovo il tango
Un excursus su rivoluzione e odontoiatria
Scritto nel secolo dei dentisti
Due protesi dentarie un premio Büchner
Quello che finisce Quello che viene
Apparterrà agli avvocati il tempo
Sta come proprietà immobiliare in vendita
Nel grattacielo sotto la stella della Mercedes

In den Bauernkriegen, dem größten Unglück der deutschen Geschichte, war, was das Soziale betrifft, der Reformation der Reißzahn gezogen worden. Übrig blieben die Geschäfte und der Zynismus.
Bertolt Brecht, Anmerkungen zur Mutter Courage
Nelle guerre dei contadini, la più grande sciagura della storia tedesca, per quel che concerne l'aspetto sociale, alla Riforma furono strappati i denti per mordere. Restarono gli affari e il cinismo.
Bertolt Brecht, Note a Madre Coraggio

Torre della televisione, Gedächtniskirche e Europa Center (con la stella della Mercedes), Berlino

La libertà sarà ora semplicemente sponsorizzata - con la piccola cassa, 1990
Installazione temporanea. Torre di guardia nell'ex "Striscia della morte", Stella Mercedes Neon, Iscrizioni di bronzo; Europa Center (in forma di ready-made)
Mostra collettiva La limitatezza della libertà, Berlino, settembre 1990
L'idea della mostra fu sviluppata prima della caduta del muro a partire da dialoghi tra Rebecca Horn, Jannis Kounellis e Heiner Müller. Adattate alla nuova situazione politica, le loro idee furono finanziate dal Senato di Berlino e realizzate nel 1990 da Wulf Herzogenrath assieme all'Ufficio tedesco degli scambi universitari. Undici artisti (Giovanni Anselmo, Barbara Bloom, Christian Boltanski, Hans Haacke, Rebecca Horn, llya Kabakov, Jannis Kounellis, Via Lewandowski, Mario Merz, Raffael Rheinsberg, Krzysztof Wodiczko) furono invitati a realizzare un lavoro temporaneo per lo spazio pubblico nelle metà complementari ancora divise di Berlino. La mostra con il titolo di Heiner Müller fu inaugurata diversi mesi prima dell'unificazione delle due parti della Germania.
La DDR nel 1961 aveva creato al confine con Berlino Ovest una striscia di terra vuota delimitata da due muri insormontabili provvisti di recinzioni elettriche protette da cani da guardia e da mine. Questo "confine per la pace" era controllato incessantemente da pattuglie militari e fari dall'alto delle torri di guardia. Circa 175 uomini che avevano cercato di fuggire in occidente trovarono la morte in questa "striscia della morte".
Per il progetto della mostra fu scelta una torre di guardia nei pressi del valico della Heinrich-Heine Straße. Fu provvista di finestre di vetro riflettente che ricordavano il lussuoso Palasthotel di Berlino Est, riservato ad ospiti della DDR. Come per i finestrini delle camionette d'assalto della polizia della Germania Ovest, delle griglie proteggevano le finestre della torre contro il lancio di pietre. Il faro sul tetto fu sostituito da una stella della Mercedes che ruotava lentamente in una gabbia. Specie di notte il neon a forma di stella dominava la terra deserta. Sul tetto dell'Europa Center, l'edificio più alto nel cuore del quartiere commerciale alla moda di Berlino Ovest, ruota da anni una stella della Mercedes del tutto simile, anche se molto più imponente.
Entrambe le iscrizioni sulle parti contrapposte della torre traevano origine da una serie di doppi annunci pubblicitari, in cui Daimler Benz citava gente famosa. "Essere pronti è tutto" ("The readiness is all") di Shakespeare ricordava il motto "Siate pronti - sempre pronti" dei giovani pionieri della DDR. Con l'altra citazione "L'arte rimane arte" di Goethe, la Mercedes fece pubblicità anche sul New York Times.
Pochi mesi prima della mostra, Daimler Benz aveva suscitato delle polemiche per aver acquistato un grande terreno non edificato sulla Potsdamer Platz. Ci si aspettava che questa zona vicina all'ex muro, dove si trovava il vecchio centro cittadino, in futuro sarebbe diventata il punto centrale pulsante di Berlino. Il Senato berlinese vendette il terreno alla Daimler Benz ad un decimo del valore di mercato stimato, prima che fosse ultimato il piano regolatore per la nuova zona. A causa di un ricorso per concorrenza sleale presso le istituzioni dell'UE a Bruxelles, alla Daimler Benz fu ingiunto di corrispondere pagamenti supplementari.
La Daimler Benz appartiene alle imprese tedesche che avevano attivamente favorito la presa del potere da parte di Hitler. Il presidente del consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato erano entrambi membri delle SS. La gran parte degli aerei militari e dei mezzi militari tedeschi della seconda guerra mondiale erano equipaggiati con motori Mercedes. Come altre imprese, anche Daimler Benz si affidò al lavoro coatto. È stato nel frattempo stabilito un risarcimento di 434 marchi per ciascuno dei suoi 48000 lavoratori coatti. L'impresa prosperò, anche dopo la guerra. È il gruppo industriale più grande, nonché il più grande produttore d'armi della Repubblica Federale Tedesca.
Assieme al governo sudafricano Daimler Benz gestisce in Sudafrica un sito produttivo cui è garantito il monopolio della produzione di grandi motori diesel. Nonostante un embargo internazionale d'armi, la Mercedes ha fornito all'esercito e alla polizia in Sudafrica più di 6000 veicoli, inclusi lanciamissili. L'ex capo della filiale Mercedes a Città del Capo presiede ora Deutsche Aerospace.
Negli anni Ottanta Daimler Benz ha venduto all'Irak elicotteri, mezzi militari e missili. La società è anche sospettata della fornitura di rimorchi che sono stati utilizzati come basi di lancio mobili dei missili Scud. Secondo inchieste giornalistiche, Daimler Benz ha in programma la costruzione di mezzi pesanti in Iran con il sostegno della guardia rivoluzionaria.
Daimler Benz è attualmente lo sponsor più importante di mostre d'arte nella Repubblica Federale Tedesca. Anni fa aveva affidato a Andy Warhol l'incarico di realizzare una serie di ritratti delle loro vetture dall'inizio fino al presente. Dopo la morte dell'artista sono stati esposti a Tübingen e al museo Guggenheim di New York. Le mostre sono state sponsorizzate da Daimler Benz.
Il 20 giugno 1990 a Monte Carlo sono stati messi all'asta 81 pezzi del muro di Berlino da un'azienda governativa della DDR in collaborazione con un'azienda di Berlino Ovest. Un certificato garantiva l'autenticità del materiale della mostra.
Da Freedom is now simply going to be sponsored - out of petty cash
Pubblicità Fiat Balilla

Demograzia
a no'l è sucedût nua
canàes
continuàa a comprâa
Federico Tavan, Cràceles cròceles, I quaderni del Menocchio, 1997
Democrazia
non è successo niente
ragazzi
continuate a comprare

In den Etagen der Kulturverwaltung
Was für ein Wort Wer verwaltete Phidias
Ein Teppichhändler aus Smyrna laut POLYDOR
Auch die Kunst lebt nicht vom Staub allein
Brennt noch Licht rauchen die Köpfe im Sparzwang
Proben die Amputierten den aufrechten Gang
Mit geborgten Krücken aus Fiberglas
Unter Aufsicht des Finanzsenators
ZUM GELDE DRÄNGT AM GELDE HÄNGT DOCH ALLES
Stöhnt Faust in Goethes Sarkophag in Weimar
Mit der gebrochenen Stimme von Einar Schleef
Der seine Chöre probt in Schillers Schädel
Ich Dinosaurier im Rauschen der Klimaanlage
Selbst in der Steuerschraube bis zum Hals
Die Staatsgewalt geht vom Geld aus Geld
Muß kaufen Arbeit macht unfrei Heimat ist
Wo die Rechnungen ankommen sagt meine Frau
Lese Sophokles AJAX zum Beispiel Beschreibung

Nei piani dell'amministrazione culturale
Che parole Chi amministrava Fidia
Un venditore di tappeti di Smirne secondo POLIDORO
Anche l'arte non vive di sola polvere
Accesa ancora la luce Fumano teste costrette dai tagli di spesa
Gli amputati provano l'andatura eretta
Con stampelle in vetroresina prestate
Sotto il controllo dell'assessore alle finanze
AL DENARO SPINGE DAL DENARO DIPENDE TUTTO
Faust sospira nel sarcofago di Goethe a Weimar
Con la voce rotta di Einar Schleef
Che prova i suoi cori nel cranio di Schiller
lo dinosauro nel fruscio dell'aria condizionata
Anch'io torchiato dalle tasse fino al collo
La violenza dello Stato promana dal denaro Il denaro
Deve comprare Il lavoro rende non liberi Casa
È dove arrivano le fatture dice mia moglie
Leggo Sofocle AIACE per esempio Descrizione

αἰαῖ· τίς ἄν ποτ' ᾤεθ' ὧδ' ἐπώνυµον
τοὐµὸν ξυνοίσειν ὄνοµα τοῖς ἐµοῖς κακοῖς;
νῦν γὰρ πάρεστι καὶ δὶς αἰάζειν ἐµοὶ
καὶ τρίς τοιούτοις γὰρ κακοῖς ἐντυγχάνω·
Ahi, ahi! Chi avrebbe potuto pensare che il mio nome si potesse accordare così bene con le mie sventure? Ora sì che posso dire e ridire "ahi, ahi, Aiace", ora che soccombo alla sventura!
Sofocle, Aiace

Eines Tierversuchs vergilbte Tragödie
Eines Mannes mit dem eine launische Göttin
Blindekuh spielt vor Troja im Abgrund der Zeiten
Arnold Schwarzenegger im WÜSTENSTURM
Um mich heutigen Lesern verständlich zu machen
ICH AJAX OPFER ZWEIFACHEN BETRUGS
Ein Mann in Stalinstadt Bezirk Frankfurt Oder
Auf die Nachricht vom Klimawechsel in Moskau
Nahm stumm von der Wand das Porträt des geliebten
Führers der Arbeiterklasse des Weltkommunismus
Trat mit Füßen das Bild des toten Diktators
Hängte sich auf dem frei gewordenen Haken
Sein Tod hatte keinen Nachrichtenwert Ein Leben
Für den Reißwolf KEINER ODER ALLE
War das falsche Programm für alle reicht es nicht
Das letzte Kriegsziel ist die Atemluft
Oder KAULICH befreit von der Roten Armee
Aus Hitlers Gulag hört nach vier Tagen Fußmarsch
Aus einem zerschoßnen Fenster seine Frau schrein
Sieht einen Soldaten der uhmreichen Roten Armee
Der sie aufs Bett wirft vergißt das ABC
Des Kommunismus schlägt dem Genossen Befreier
Den Schädel ein Übt Selbstkritik im Gespräch mit dem Toten
Kein Ohr für die immer noch schreiende Frau
Wird zuletzt gesehn auf dem Transport
In Stalins Gulag seine zweite Epiphanie
Singt die Internationale im Viehwagen
Wenn er gestorben ist singt er heute noch
Mit den toten Kommunisten unter dem Eis
Das Schreibglück der fünfziger Jahre
Als man aufgehoben war im Blankvers


Di un esperimento su animali tragedia ingiallita
Di un uomo col quale una dea lunatica
Gioca a mosca cieca davanti a Troia nell'abisso dei tempi
Arnold Schwarzenegger in DESERT STORM
Per farmi capire dai lettori odierni
IO AIACE VITTIMA DI DUPLICE INGANNO
Un uomo a Stalinstadt circoscrizione Francoforte sull'Oder
Alla notizia del cambiamento del clima politico a Mosca
Staccava muto dalla parete il ritratto dell'amato
Guida della classe operaia del comunismo mondiale
Calpestava l'immagine del dittatore morto
Si impiccava al gancio liberato
La sua morte non valeva una notizia Una vita
Per il distruggidocumenti NESSUNO O TUTTI
Era il programma sbagliato per tutti non basta
L'ultimo obiettivo di guerra è l'aria da respirare
Oppure KAULICH liberato dall'Armata Rossa
Dal gulag di Hitler che dopo una marcia di quattro giorni sente
Gridare sua moglie da una finestra distrutta
Vede un soldato della gloriosa Armata Rossa
Che la butta sul letto dimentica l'ABC
Del comunismo e fracassa al compagno liberatore
Il cranio Compie autocritica parlando col morto
Senza badare alla donna che grida ancora
Viene visto l'ultima volta trasportato
Verso il gulag di Stalin sua seconda epifania
Canta l'internazionale nel carro bestiame
Se è morto canta ancora oggi
Con i comunisti morti sotto il ghiaccio
La felicità della scrittura degli anni Cinquanta
Quando si era nelle buone mani del Blankvers


Più di una volta mi è capitato di trovare l'osservazione per cui, a differenza che nella Germania nazista, alla caduta del fascismo nessuno si sarebbe suicidato in Italia. In realtà almeno uno ci fu. Si chiamava Manlio Morgagni e la sua storia aveva avuto molto in comune con quella di Mussolini. Fu quasi una simbiosi. Ex socialista, fascista della prima ora, consigliere comunale a Milano e poi senatore del Regno, giornalista, ricoprì importanti incarichi nel giornalismo italiano dell'epoca, soprattutto ne Il Popolo d'Italia, fino a diventare presidente e direttore generale dell'unica agenzia di stampa autorizzata dal regime, l'agenzia Stefani. Alla notizia di quello che considerò il tradimento del 25 luglio del 1943, quando il Gran Consiglio del fascismo sfiduciò Mussolini, lasciò questa lettera.
Mio Duce! L'esasperante dolore di italiano e di fascista mi ha vinto! Non è atto di viltà quello che compio: non ho più energia, non ho più vita. Da più di trenta anni tu, Duce, hai avuto tutta la mia fedeltà. La mia vita era tua. Ti ho servito, un tempo, come amico, ho proseguito a farlo, con passione di gregario sempre con devozione assoluta. Ti domando perdono se sparisco. Muoio col tuo nome sulle labbra e un'invocazione per la salvezza dell'Italia.
Morgagni
Siamo ad anni luce dal senso di vergogna che Aiace prova dopo aver abbattuto, accecato da Atena, gli armenti in cui credeva di aver visto gli Achei che gli avevano sottratto le armi di Achille, che Aiace considerava di diritto proprie: l'Italia di Morgagni - un'Italia che, se si pensa alle manifestazioni di fedeltà che il principe riceve dai cortigiani qualsiasi cosa egli faccia, non è morta il 25 luglio del 1943 - era per certi aspetti ancora più arcaica della Grecia di Aiace. Perché anche volendo leggere la fedeltà cieca di Morgagni come quella di un solo uomo, di un'eccezione - una lettura forzata, vista l'eredità fascista trasmessa e sopravvissuta anche nell'Italia democratica -, così non si può certo pensare per i fatti di piazzale Loreto, che ha visto una folla di persone battere il proprio selciato per infierire su dei cadaveri. La Grecia di Sofocle, arcaica non lo era già più e infatti in Aiace non si riconosceva: nella Grecia di Sofocle, la modernità era Ulisse, l'Ulisse che si era speso per garantire una tomba ad Aiace. Però, c'è almeno un però che per me conta, un resto, se si vuole, che mi piace sottolineare. A differenza del vincente, moderno Ulisse, il perdente, arcaico Aiace è vissuto e morto senza l'aiuto degli dei, anzi, con la loro ostilità. È un dinosauro (non di Spielberg), ma ha una sua dignità.



Zwischen den Planken des kenternden Geisterschiffs
Beschirmt vom ironischen Pathos des Knittelreims
Nur die Hebungen werden gezählt
Gegen den Steinschlag der Denkmäler
In der Ewigkeit des Augenblicks
Im Elend der Information BILD KÄMPFT FÜR SIE
Wird Erzählung Prostitution BILD KÄMPFT
Gibt die Tragödie dem Geist auf Stalin zum Beispiel
Seit seine Totems zum Verkauf stehn
Blut geronnen zu Medaillenblech
Am Brandenburger Tor für Hitlers Enkel
Welchen Text soll ich ihm in den Mund legen
Oder ins Maul stopfen je nach dem Standpunkt
In das Gehege seiner gelben Zähne
In sein kaukasisches Wolfsgebiß
In seiner Nacht im Kreml beim Warten auf Hitler
Wenn der sprachlose Lenin erscheint im Wodka
Lallend und brüllend nach dem zweiten Gehirnschlag
Der Beweger der Welt dem seine Zunge
Nicht mehr gehorchen will LENINDADA
Seine Welt ein Quadrat von Malewitsch
Der Tartar der das Gesetz der Steppe
Nicht mehr begreift Römer geworden zur Unzeit
Das sein Vollstrecher im Blut hat der Kaukasier
Oder Trotzki das Beil des Macbeth noch im Schädel
Die Faust geballt zum bolschewistischen Gruß
Im deutschen Panzerturm Hamlet der Jude
Oder Bucharin der im Keller singt
Der Liebling der Partei Kind der AURORA
Mit Hitler vielleicht kann er reden von Mann zu Mann
Oder von Tier zu Tier je nach dem Standpunkt
Der Totengräber mit dem Totenführer
Nach zehn Jahren Krieg war Troja museumsreif
Ein Gegenstand von Archäologie
Nur ein Hündin heult noch um die Stadt
Aus dem Gebeinen der Rächer gründete Rom
Preis eine brennende Frau in Karthago
Mutter der Elefanten Hannibals
Rom von der Wölfin gesäugt das den Sieger beerbte
Griechenland eine Provinz aus der man Kultur zog
3000 Jahre nach der blutigen
Geburt der Demokratie mit Bad Netz Beil
O NACHT SCHWARZE MUTTER im Haus der Atriden
Die Zange führt Athene die Kopfgeburt
Kriecht das dritte Rom schwanger mit Unheil
Nach Bethlehem in seine nächste Gestalt
Der Rausch der alten Bilder Die Müdigkeit
Im Rücken das unendliche Gemurmel
Des Fernsehprogramms BEI UNS SITZEN SIE
IN DER ERSTEN REIHE Die Schwierigkeit
Den Vers zu behaupten gegen das Stakkato
der Werbung das die Voyeure zu Tisch lädt
UNSERN TÄGLICHEN MORD GIB UNS HEUTE
In meinem Gedächtnis taucht ein Buchtitel auf
DIE ERSTE REIHE Bericht von Toden in Deutschland
Kommunisten gefallen im Krieg gegen Hitler
Jung wie die Brandstifter von heute wenig
Wissend vielleicht wie die Brandstifter von heute
Andres wissend und andres nicht wissend
Verfallen einem Traum der einsam macht
Im Kreisverkehr der Ware mit der Ware
Ihre Namen der Nation aus dem Gedächtnis
Der Nation was immer das sein oder werden mag
Im aktuellen Gemisch aus Gewalt und Vergessen
In der traumslosen Kälte des Weltraums
ICH AJAX DER SEIN BLUT VERSTRÖMT
ÜBER SEIN SCHWERT GEKRÜMMT AM STRAND VON TROJA
Im weißen Rauschen
Kehren die Götter zurück nach Sendeschluß
Verbrennt sie Sehnsucht nach dem reinen Reim
Der Welt in Wüste wandelt Tag in Traum
Reime sind Witze im Einsteinschen Raum
Des Lichtes Welle sondert keinen Schaum
Brechts Denkmal ist ein kahler Pflaumenbaum
Und so weiter was die Sprache hergibt
Oder das Lexikon des deutschen Reims
Das letzte Programm ist die Erfindung des Schweigens
ICH AJAX DER SEIN BLUT


Tra le assi della nave fantasma che si capovolgeva
Protetti dal pathos ironico della rima baciata
Solo le arsi si contano
Contro la caduta massi dei monumenti
Nell'eternità dell'attimo
Nella miseria dell'informazione BILD LOTTA PER VOI
Il racconto diventa prostituzione BILD LOTTA
La tragedia esala l'anima Stalin per esempio
Da quando i suoi totem sono in vendita
Sangue coagulato in latta per medaglie
Alla porta di Brandeburgo per i nipoti di Hitler
Quale testo devo mettergli in bocca
O ficcargli sul muso a seconda del punto di vista
Nel recinto dei suoi denti gialli
Nella sua caucasica dentatura da lupo
Nella sua notte al Cremlino aspettando Hitler
Quando Lenin ammutolito appare nella Vodka
Balbettante e sbraitante dopo il secondo ictus
Il motore del mondo cui la sua lingua
Non vuole più obbedire LENINDADA
Il suo mondo un quadrato di Malevič
Il tartaro che non comprende più
La legge della steppa diventato romano fuori tempo
Che l'esecutore ha nel sangue il caucasico
O Trotzki l'ascia del Macbeth ancora nel cranio
Il pugno chiuso nel saluto bolscevico
Nella torretta dei panzer tedeschi Amleto l'ebreo
O Bucharin che canta nella cantina
Il preferito del partito figlio dell'AURORA
Con Hitler forse può parlare da uomo a uomo
O da bestia a bestia a seconda del punto di vista
Il becchino col duce dei morti
Dopo dieci anni di guerra Troia era matura per il museo
Un oggetto di archeologia
Solo una cagna ulula attorno alla città
Sulle ossa dei vendicatori fondava Roma
Il prezzo una donna in fiamme a Cartagine
Madre degli elefanti di Annibale
Roma allattata dalla lupa che è erede del vincitore
La Grecia una provincia da cui si estraeva cultura
3000 anni dopo la sanguinosa
nascita della democrazia con bagno rete ascia
AH NOTTE MADRE NERA nella casa degli Atridi
Il forcipe condotto da Atena nata dalla testa
Striscia la terza Roma gravida di disgrazie
Dopo Betlemme nella sua prossima forma
La sbornia delle vecchie immagini La stanchezza
Alle spalle l'infinito mormorio
Del programma televisivo DA NOI SEDETE
IN PRIMA FILA La difficoltà
Di difendere il verso contro lo staccato
Della pubblicità che invita a tavola i voyeur
DACCI OGGI IL NOSTRO ASSASSINIO QUOTIDIANO
Dai miei ricordi affiora un titolo
LA PRIMA FILA rapporto sulla morte in Germania
Comunisti caduti in guerra contro Hitler
Giovani come gli incendiari di oggi poco
Sapendo forse come gli incendiari di oggi
Sapendo altro e altro non sapendo
Succubi di un sogno che rende soli
Nel traffico circolare della merce con la merce
I loro nomi dimenticati e cancellati
Nel nome della nazione dalla memoria
Della nazione qualunque cosa sia o possa diventare
Nella miscela attuale di violenza e oblio
Nel freddo dello spazio senza sogni
IO AIACE CHE SPARGE IL SUO SANGUE
CURVATO SULLA SUA SPADA SULLA SPIAGGIA DI TROIA
Nel fruscio bianco
Tornano gli dei dopo la fine dei programmi
Brucia la nostalgia della rima pura
Che trasforma il mondo in deserto il giorno in sogno
Le rime sono battute nello spazio einsteiniano
L'onda della luce non sceglie la schiuma
Il monumento di Brecht è un prugno spoglio
E così via quanto restituisce
La lingua o il lessico del rimario tedesco
L'ultimo programma è l'invenzione del silenzio
IO AIACE CHE IL SUO SANGUE

Così si interrompe la poesia di Müller, con una frase a metà che, dopo la lotta a colpi di parole contro la violenza e l'oblio, cade nel silenzio.

Che Aiace fosse stato un uomo che non aveva esitato a combattere da solo, resistendo persino al più potente degli dei, ce l'ha lasciato nella memoria Ovidio.

Hectora qui solus, qui ferrum ignesque Iovemque
sustinuit totiens, unam non sustinet iram,
invictumque virum vicit dolor: arripit ensem
et 'meus hic certe est! an et hunc sibi poscit Ulixes?
hoc' ait 'utendum est in me mihi, quique cruore
saepe Phrygum maduit, domini nunc caede madebit,
ne quisquam Aiacem possit superare nisi Aiax'
dixit et in pectus tum demum vulnera passum,
qua patuit ferrum, letalem condidit ensem.
nec valuere manus infixum educere telum:
expulit ipse cruor, rubefactaque sanguine tellus
purpureum viridi genuit de caespite florem,
qui prius Oebalio fuerat de vulnere natus;
littera communis mediis pueroque viroque
inscripta est foliis, haec nominis, illa querellae.
Ovidio, Metamorfosi, XIII, 394
Colui che da solo aveva resistito ad Ettore, che tante volte aveva resistito al ferro e al fuoco e a Giove stesso, Aiace, ad una sola cosa non resistette, all'ira; fu il dolore a vincere l'invitto guerriero. Sguainò la spada e "Almeno questa è certamente mia, - disse. - o Ulisse vorrebbe anche questa? Devo usarla contro me stesso: questa spada che tante volte grondò di sangue di Frigi, ora gronderà del sangue del suo padrone, perché solo Aiace può battere Aiace!" Così disse, e nel petto, che allora subì la prima ferita, nel punto in cui poteva cedere al ferro, si cacciò la lama mortale. Le mani non ce la fecero ad estrarre l'arma, tanto era conficcata: il sangue stesso la espulse, e la terra arrossata dal sangue generò da una verde zolla un fiore purpureo, lo stesso fiore che era nato dalla ferita dell'Ebalide. In mezzo ai petali sono scritte lettere comuni al ragazzo e al guerriero: a questo, indicano il nome, a quello un lamento.

La memoria di Ovidio si rinnova ogni volta che nasce un giacinto, perché proprio un giacinto è il fiore nato dalla ferita dell'Ebalide, il ragazzo spartano Giacinto (Ipse suos foliis gemitus inscribit, et AI AI/flos habet inscriptum, Metamorfosi, X, 215), ed è quindi sui suoi petali che si può continuare a leggere ahi, ahi, il lamento di Aiace (in greco il lamentarsi, αἰάζειν, consente un perfetto gioco di parole con Aiace, cui Ovidio può solo accennare di striscio).


Ecco. Il mio cerchio si sta per chiudere, ma non lo fa sui giacinti, perché, anche se le automobili di Monaco mi hanno effettivamente fatto pensare al giacinto di Ovidio passando per la stella della Mercedes di Müller, l'esperienza solitaria di Heiner-Aiace, la vergogna e l'assenza di vergogna, e anche la dignità e l'assenza di dignità, grazie ai tre quarti d'ora di tragitto silenzioso regalatomi dalla S-Bahn, non è su questi fiori che ho smesso di procedere per associazioni.

A questo punto, però, i pensieri mi si sono suddivisi in rivoli che, pur avendo un nocciolo comune, mi è difficile ricomporre.

Da una parte, la ricerca, nell'atto di rinascita italiano e tedesco dalle ceneri del nazifascismo, di una traccia in cui poter trovare condensato, esattamente come in una metamorfosi, il proprio passato e al contempo una base fondante del proprio futuro, traccia che a me pare di poter riconoscere, seppure espressa in modo diverso, nei rispettivi articoli 1 della Costituzione, in cui, implicitamente o esplicitamente, indirettamente o direttamente, per come la vedo io, riaffiora una parola per cui sono già passata, la parola dignità. Conoscendo il passato dei due Paesi, si tratta di articoli densissimi.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Die Würde des Menschen ist unantastbar. Sie zu achten und zu schützen ist Verpflichtung aller staatlichen Gewalt (La dignità dell'uomo è intangibile. Rispettarla e proteggerla è dovere di ogni potere statale).
Dall'altra parte, ancora due metamorfosi, entrambe apparentemente diverse da quelle di Ovidio, ma a queste pur sempre accomunate da un'esigenza di memoria e di continuità.

La prima, concretissima e semplice, è passata attraverso le mani di mio nonno, che non ha mai espresso a parole alcun sentimento di affetto a nessuno dei suoi sei nipoti, ma le cui mani nel tempo hanno piantato, in fondo al campo dietro casa, per ogni nipote nato, un albero. A vederli adesso nella loro concretezza e semplicità di alberi, sono altissimi, anche quelli piantati per ultimi. A vederli bene adesso, vi si possono ritrovare concretamente le azioni e i gesti essenziali di tutte le persone che vi stanno dietro, mio nonno, mia nonna, i loro figli, i loro nipoti e così via. A vederli bene adesso, poi, se ne contano sette.

La seconda è ancora una volta letteraria, ma non si conclude con un albero o un fiore: inizia con un fiore al quale penso spesso, tutte le poche volte che si parla di Cecenia (e di altri Paesi dimenticati), tutte le pochissime volte che se ne parla senza passare per la cronaca di attentati a Mosca, e tutte le numerose volte che non se ne parla affatto.

Я возвращался домой полями. Была самая середина лета. Луга убрали и только что собирались косить рожь.

Tornavo a casa per i campi. Era piena estate: i prati erano già falciati e si cominciava a tagliare la segale.
In questo periodo dell'anno la natura offre una squisita varietà di fiori: rossi, bianchi, rosa; profumati e teneri trifogli; margheritine insolenti; "m'ama-non-m'ama" bianchissimi col cuore giallo e un intenso puzzo di fradicio; gialle colze dal profumo di miele; altre campanule viola e bianche; fiori di pisello rampicanti; ordinate scabiose gialle, rosse, rosa, viola; piantaggine dalla peluria leggermente rosata e dal profumo gradevole ma quasi impercettibile; fiordalisi appena fioriti, scintillanti al sole di color turchino o sfumati d'azzurro e di rossiccio la sera, e prima di appassire; e quei teneri fiori di vilucchio, dal profumo di mandorla, tanto rapidi nell'avvizzire.
Raccolsi un gran mazzo di fiori diversi. Mi stavo incamminando verso casa, quando scorsi un cardo d'un rosso vivo, in piena fioritura; di quel tipo particolare che da noi chiamiano "il tartaro" e che il contadino falcia con grande cautela e poi getta via per non pungersi le mani quando raccoglie il fieno. Mi venne l'idea di strappare il cardo e di infilarlo nel mazzo. Scesi nel fossato e cacciando via un peloso calabrone che s'era infilato nel fiore e sonnecchiava dolcemente e mollemente, tentai di coglierlo, ma era difficilissimo: non solo il gambo pungeva da ogni parte, anche attraverso il fazzoletto col quale mi fasciai la mano, ma era così tenace che spesi cinque minuti a lacerare le fibre, una per una.
Quando finalmente lo divelsi il gambo era tutto sfilacciato e anche il fiore non pareva più così fresco e bello. E poi, rozzo e goffo com'era, non si addiceva ai teneri fiori del mazzo. Peccato, lo avevo distrutto inutilmente: al suo posto, invece, spiccava bellissimo. Lo gettai via. Però che energia e che forza vitale, pensai, ricordando quanta fatica m'era costato strapparlo. Come s'era tenacemente difeso e come aveva venduto a caro prezzo la propria vita!
Il mio sentiero attraversava un campo di terra grassa, maggese e appena arata. Era leggermente in salita e io camminavo fra la polvere della terra grassa. Il campo, di un unico proprietario, era molto vasto, tanto che a destra e a sinistra e di fronte non si vedeva altro che nero maggese, non ancora erpicato.
Il maggese era buono e non si scorgeva, in tutto il campo, un filo d'erba. Era una distesa tutta nera. "Com'è distruttivo e crudele l'uomo, quanti organismi viventi, quante piante ha distrutto per la conservazione della propria vita", pensavo, cercando istintivamente qualcosa di vivo in mezzo a quel campo morto e buio. Più avanti, sulla destra del sentiero, spuntava un cespuglio. Quando mi avvicinai riconobbi i "tartari", fiori uguali a quello che avevo strappato e gettato via senza motivo.
Il cespuglio di "tartari" era formato di tre fiori. Uno era strappato e il gambo rotto sporgeva come un braccio monco. Gli altri due erano intatti. Rossi poco tempo prima, ora erano neri. Un gambo era rotto e il fiore pendeva, sporco, l'altro, nonostante fosse imbrattato di terra nera, si ergeva dritto. Evidentemente il cespuglio era stato calpestato da una ruota e si era risollevato: perciò si ergeva tutto sghembo, ma si ergeva. Come un essere cui avessero lacerato una parte del corpo, avessero rovesciato le budella, avessero staccato un braccio, avessero strappato gli occhi, e tuttavia non cedesse a chi gli aveva annientato tutti i fratelli.
"Che forza straordinaria" pensai. "L'uomo l'ha avuta vinta su ogni cosa, ha distrutto milioni di erbe, ma lui, "il tartaro", non cede".
E mi tornò alla memoria una vecchia storia del Caucaso che in parte ho vissuto, in parte mi fu riferita da testimoni oculari e in parte ho immaginato. Una storia, così come è nata dal mio ricordo e dalla mia immaginazione. Eccola.
Lev N. Tolstoj, Chadži-Murat, BUR 1994, traduzione di Milli Martinelli
*

Aiace, per esempio

La pillola magica è solo un trucchettino
Ajax pulisce ogni lavandino
Detto popolare

Nelle librerie si accumulano
I bestseller letteratura per idioti
A cui la televisione non basta
O il cinema che rincretinisce più lentamente
Io dinosauro non di Spielberg sto seduto
Riflettendo sulla possibilità
Di scrivere una tragedia Santa Ingenuità
Nell'albergo a Berlino capitale irreale
Il mio sguardo dalla finestra cade
Sulla stella della Mercedes
Che nel cielo notturno gira malinconica
Sull'oro dei denti di Auschwitz e altre filiali
Della Deutsche Bank all'Europacenter
Europa Il toro è macellato la carne
Marcisce sulla lingua il progresso non tralascia nessuna mucca
Gli dei non ti visiteranno più
Quel che ti resta è l'ahimè di Alcmena
E la puzza di carne che brucia che ogni giorno
Dai tuoi bordi il vento apolide ti porta
E talvolta dalle cantine del tuo benessere
Bisbiglia la cenere canta la farina delle ossa
Una scritta luminosa sul Kurfürstendamm annuncia al mondo
PETER ZADEK MOSTRA I DENTI A BERLINO
BEWARE OF DENTISTS gli si vorrebbe dire
Nelle guerre dei contadini la più grande sciagura
Della storia tedesca leggevo scuotendo il capo
In stato d'innocenza millenovecentoquarantotto
Come può una rivoluzione essere una sciagura
Nelle note di Brecht su MADRE CORAGGIO
Si è strappato il dente canino alla Riforma
Oggi io posso scrivere il seguito Della
Rivoluzione francese nelle guerre napoleoniche
Della nascita prematura del socialismo nella Guerra Fredda
Da allora la storia balla di nuovo il tango
Un excursus su rivoluzione e odontoiatria
Scritto nel secolo dei dentisti
Due protesi dentarie un premio Büchner
Quello che finisce Quello che viene
Apparterrà agli avvocati il tempo
Sta come proprietà immobiliare in vendita
Nel grattacielo sotto la stella della Mercedes
Nei piani dell'amministrazione culturale
Che parole Chi amministrava Fidia
Un venditore di tappeti di Smirne secondo POLIDORO
Anche l'arte non vive di sola polvere
Accesa ancora la luce Fumano teste costrette dai tagli di spesa
Gli amputati provano l'andatura eretta
Con stampelle in vetroresina prestate
Sotto il controllo dell'assessore alle finanze
AL DENARO SPINGE DAL DENARO DIPENDE TUTTO
Faust sospira nel sarcofago di Goethe a Weimar
Con la voce rotta di Einar Schleef
Che prova i suoi cori nel cranio di Schiller
lo dinosauro nel fruscio dell'aria condizionata
Anch'io torchiato dalle tasse fino al collo
La violenza dello Stato promana dal denaro Il denaro
Deve comprare Il lavoro rende non liberi Casa
È dove arrivano le fatture dice mia moglie
Leggo Sofocle AIACE per esempio Descrizione
Di un esperimento su animali tragedia ingiallita
Di un uomo col quale una dea lunatica
Gioca a mosca cieca davanti a Troia nell'abisso dei tempi
Arnold Schwarzenegger in DESERT STORM
Per farmi capire dai lettori odierni
IO AIACE VITTIMA DI DUPLICE INGANNO
Un uomo a Stalinstadt circoscrizione Francoforte sull'Oder
Alla notizia del cambiamento del clima politico a Mosca
Staccava muto dalla parete il ritratto dell'amato
Guida della classe operaia del comunismo mondiale
Calpestava l'immagine del dittatore morto
Si impiccava al gancio liberato
La sua morte non valeva una notizia Una vita
Per il distruggidocumenti NESSUNO O TUTTI
Era il programma sbagliato per tutti non basta
L'ultimo obiettivo di guerra è l'aria da respirare
Oppure KAULICH liberato dall'Armata Rossa
Dal gulag di Hitler che dopo una marcia di quattro giorni sente
Gridare sua moglie da una finestra distrutta
Vede un soldato della gloriosa Armata Rossa
Che la butta sul letto dimentica l'ABC
Del comunismo e fracassa al compagno liberatore
Il cranio Compie autocritica parlando col morto
Senza badare alla donna che grida ancora
Viene visto l'ultima volta trasportato
Verso il gulag di Stalin sua seconda epifania
Canta l'internazionale nel carro bestiame
Se è morto canta ancora oggi
Con i comunisti morti sotto il ghiaccio
La felicità della scrittura degli anni Cinquanta
Quando si era nelle buone mani del Blankvers
Tra le assi della nave fantasma che si capovolgeva
Protetti dal pathos ironico della rima baciata
Solo le arsi si contano
Contro la caduta massi dei monumenti
Nell'eternità dell'attimo
Nella miseria dell'informazione BILD LOTTA PER VOI
Il racconto diventa prostituzione BILD LOTTA
La tragedia esala l'anima Stalin per esempio
Da quando i suoi totem sono in vendita
Sangue coagulato in latta per medaglie
Alla porta di Brandeburgo per i nipoti di Hitler
Quale testo devo mettergli in bocca
O ficcargli sul muso a seconda del punto di vista
Nel recinto dei suoi denti gialli
Nella sua caucasica dentatura da lupo
Nella sua notte al Cremlino aspettando Hitler
Quando Lenin ammutolito appare nella Vodka
Balbettante e sbraitante dopo il secondo ictus
Il motore del mondo cui la sua lingua
Non vuole più obbedire LENINDADA
Il suo mondo un quadrato di Malevič
Il tartaro che non comprende più
La legge della steppa diventato romano fuori tempo
Che l'esecutore ha nel sangue il caucasico
O Trotzki l'ascia del Macbeth ancora nel cranio
Il pugno chiuso nel saluto bolscevico
Nella torretta dei panzer tedeschi Amleto l'ebreo
O Bucharin che canta nella cantina
Il preferito del partito figlio dell'AURORA
Con Hitler forse può parlare da uomo a uomo
O da bestia a bestia a seconda del punto di vista
Il becchino col duce dei morti
Dopo dieci anni di guerra Troia era matura per il museo
Un oggetto di archeologia
Solo una cagna ulula attorno alla città
Sulle ossa dei vendicatori fondava Roma
Il prezzo una donna in fiamme a Cartagine
Madre degli elefanti di Annibale
Roma allattata dalla lupa che è erede del vincitore
La Grecia una provincia da cui si estraeva cultura
3000 anni dopo la sanguinosa
nascita della democrazia con bagno rete ascia
AH NOTTE MADRE NERA nella casa degli Atridi
Il forcipe condotto da Atena nata dalla testa
Striscia la terza Roma gravida di disgrazie
Dopo Betlemme nella sua prossima forma
La sbornia delle vecchie immagini La stanchezza
Alle spalle l'infinito mormorio
Del programma televisivo DA NOI SEDETE
IN PRIMA FILA La difficoltà
Di difendere il verso contro lo staccato
Della pubblicità che invita a tavola i voyeur
DACCI OGGI IL NOSTRO ASSASSINIO QUOTIDIANO
Dai miei ricordi affiora un titolo
LA PRIMA FILA rapporto sulla morte in Germania
Comunisti caduti in guerra contro Hitler
Giovani come gli incendiari di oggi poco
Sapendo forse come gli incendiari di oggi
Sapendo altro e altro non sapendo
Succubi di un sogno che rende soli
Nel traffico circolare della merce con la merce
I loro nomi dimenticati e cancellati
Nel nome della nazione dalla memoria
Della nazione qualunque cosa sia o possa diventare
Nella miscela attuale di violenza e oblio
Nel freddo dello spazio senza sogni
IO AIACE CHE SPARGE IL SUO SANGUE
CURVATO SULLA SUA SPADA SULLA SPIAGGIA DI TROIA
Nel fruscio bianco
Tornano gli dei dopo la fine dei programmi
Brucia la nostalgia della rima pura
Che trasforma il mondo in deserto il giorno in sogno
Le rime sono battute nello spazio einsteiniano
L'onda della luce non sceglie la schiuma
Il monumento di Brecht è un prugno spoglio
E così via quanto restituisce
La lingua o il lessico del rimario tedesco
L'ultimo programma è l'invenzione del silenzio
IO AIACE CHE IL SUO SANGUE

Heiner Müller

2 commenti:

  1. Bello il poema, e sento molto liberante il vedere le cose sempre trasparenti e cercare oltre a loro il palimsesto storico/mitico/personale che le riempie di un colore più profondo di quello inerente a loro.

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  2. Tendo a farlo con parsimonia, per non rovinare le parole, ma ogni tanto non riesco proprio a trattenermi.

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