domenica 19 settembre 2010

101 ragioni per imparare l'ungherese - 1

Tanto per cominciare, perché nella grammatica di base per stranieri Hungarian: An Essential Grammar non c'è nessun esempio che assomigli vagamente a quel topos degli esempi che in inglese suona: The pen is on the table, ma piuttosto:

Mit iszol a vacsorához? (Cosa berrai per cena?)

Nem tudom kinyitni az üveget. (Non riesco ad aprire la bottiglia.)

Ahelyett, hogy cukrot tenne a teába, egy kis rumot tett bele. (Invece di mettere zucchero nel tè, vi mise un po' di rum.)

- Nem akarod megkóstolni ezt a vörösbort? (Non vuole assaggiare questo vino rosso?)
- Dehogynem. (Certamente.)

Neked nem szabad tejet innod. (Non dovrebbe bere latte.)

Nagyon berúgott, hiszen egymaga megivott egy egész üveg bort. (Divenne molto ubriaco perché si scolò da solo un'intera bottiglia di vino.)

Elittuk az egész havi fizetését. (Ci siamo bevuti tutto il suo stipendio.)

Spero non si pensi che questa sia una selezione creata ad arte per dimostrare una tesi preconcetta. Per scongiurare qualsiasi pensiero di questo tipo, invito a considerare che nel libro di testo Halló, itt Magyarország!, non dico in un capitolo qualunque e non dico nemmeno nel primo capitolo, ma fin dalla legenda posta a premessa, si mette subito in chiaro quale sia l'unica cosa che abbia senso mettere sul tavolo: a bor.


7 commenti:

  1. Lo prova anche Heinrich Böll che nel 1944, essendo ferito al fronte di Odessa e tornando in Germania tramite la Transilvania ungherese e l’Ungheria, ha imparato una sola parola ungherese che ripete sempre con grande solennità nei suoi racconti: bor.

    Però la frase "Nagyon berúgott, hiszen egymaga megivott egy egész üveg bort" deve riferirsi a uno straniero, no? A un ungherese questo non dovrebbe succedere mai dopo una sola bottiglia.

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  2. :-) L'ho letto molti anni fa e non ci avevo fatto caso o comunque non l'avevo memorizzato, ma chiaramente Böll è una prova fondamentale di cui tenere conto.

    Sicuramente ad uno straniero, è fuori discussione. Non ad un russo, comunque. Ho un vago ricordo di tutta una scala di valori adottata nei Balcani, declinata in modo diverso a seconda del posto: se ricordo bene, in Slovenia dicono "bere come un serbo" o "come un croato", ma in Serbia e in Croazia dicono "piti kao Rus". Per evitare lunghe discussioni interetniche, a Trieste, in dialetto, si dice bere "come una piria", cioè come un imbuto :-)

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  3. Che i russi sanno bere lo sappiamo bene da Yerofeev. Ma gli ungheresi tradizionalmente non conoscendo questo lato dei russi, consideravano il setolinaio come etalon del bere: „iszik, mint a kefekötő”. Non chiedermi perché.

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  4. Ma lì si arriva a vertici irraggiungibili, quasi al sublime, con tanto di sottili distinzioni tra gli effetti delle diverse vodke ed i trattati kantiani sul singhiozzo.

    Non potendo chiedertelo, ho provato a cercarlo e il risultato è più o meno questo. Probabilmente "iszik, mint a kefekötő" viene dal tedesco "trinken wie ein Bürstenbinder" (che, in Germania, oltre ad essere dedito all'alcool è anche dedito al fumo - "rauchen wie ein B."). Pare però che il fabbricante di spazzole sia del tutto innocente e che a lui si sia arrivati per associazione scherzosa col verbo "bürsten", nel senso di bere. Se è vero quello che dice qui, il modo di dire tedesco deriverebbe dall'ambiente studentesco, ambiente di grandi bevute, ai tempi in cui gli studenti condividevano i soldi in una borsa ("bursa", in latino). Pare poi in particolare che da "bursa" non siano solo derivati "Burse" e "Bursch", con cui si denominavano gli studenti, la loro vita comunitaria e anche l'ostello che li ospitava, ma anche il verbo "bürsten", nel senso di spazzolare il bicchiere - dicono i fratelli Grimm -, quindi di bere. In base a questa versione, il passaggio finale a "Bürstenbinder" dovrebbe essere il frutto di un classico Witz.

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  5. Bellissimo! Ti ringrazio molto per questa ricerca etimologica. Non sapevo mai che fosse questo l’origine della macchia non meritata di quest’onesta professione, già citata da Sándor Petőfi nel poema “La vita sposata del Sole” nell’ottobre del 1844. Ho anche revisato l’internet ungherese per vedere se qualcuno lo sapesse, ma quei pochi che ne sapevano qualcosa hanno solo ridotto la frase al proverbio tedesco e basta, lasciando in ombra il verbo “bürsten” e la questione della bursa. L’unica perla che ho trovato era nella rivista del villaggio di Solymár, al nord di Budapest, i cui abitanti sono originalmente tedeschi (provenienti dalla zona di Ulm nel 1700), dove il proverbio si pubblica nel dialetto locale: Śaoft, wii ə Pieschtnpində.

    Non vorresti riassumere in un post – come i bravi – questa catena di idee partendo dai manuali ungheresi e arrivando, tra le pirie e i fratelli Grimm, al Pieschtnpində, e pubblicando tutta questa macedonia al río Wang dove lo tradurrei anche all’ungherese che faccia specchio ai miei compatrioti?

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  6. :-)

    Per il tipo di viaggio, varrà la pena provarci. E per il río Wang ci proverò molto, ma molto volentieri.

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