sabato 2 agosto 2014

Le foto migliori

Le foto migliori dello spicchio nordoccidentale della Polonia in cui sono passata sono, al solito, quelle che ho deciso di non scattare, in questo caso quelle dei posti dove più brutali appaiono i segni dell'evoluzione intrapresa dal paese da quando è libero di comprare uno yogurt Danone in qualsiasi sklep della campagna più interna.

Non le ho fatte, queste foto, nonostante fossero impareggiabili e le avvertissi pure come necessarie, vuoi perché temevo di offendere le persone del posto vuoi perché non disponevo di un grandangolo che potesse (e non ne esiste uno che possa) racchiudere le distese circensi che si sviluppano in alcuni centri abitati della costa del Mar Baltico e che, pure fortunatamente intervallate da boschi e lunghi tratti di costa e di campagna risparmiati dalla violenza immobiliare, restano comunque uno schiaffo ed un insulto alle speranze di tutti coloro che hanno patito l'occupazione tedesca e/o il successivo regime comunista.

Alla prima categoria appartiene una foto di una bancarella di Ustka, che su un suo fianco ha appese, incorniciate tutte allo stesso modo, delle immagini che riportano, in modo alternato e regolare, riproduzioni di cani e di papi, non dissimili - papi e cani - dall'iconografia dei papibuoni e dei padripii. Un papa circondato da una luce diffusa giallastra contenente delle sfumature di rosa e di arancione. Un pastore tedesco aureolato dalla stessa identica luce, e poi altro papa, altro cane, papa-cane-papa-cane e via andare, riga per riga, e a capo alla fine di ogni riga, dall'altezza del banco di vendita fino a terra. Se si ha fortuna, si può apprezzarne la fattura e la disposizione al suono, che fa picchiettare i piedi dei clienti in attesa di ricevere l'ordinazione ad un chiosco, di Laśiatemy kantaare, con la kitarra immano, laśiatemy kantare, pekhé ne sono wiero, e di Mammammà mammammariammà cantate laiv e ridiffuse da casse potenti, tanto da bucare il suono del vento, altrove magnifico (mai come a Ustka ho provato gratitudine per il depistaggio identitario che mi assicurano i miei zigomi slavi, purché abbia l'accortezza di tenere la bocca chiusa, naturalmente).

Alla seconda categoria appartiene una foto d'insieme di Międzywodzie, da me subito, per forza di cose, affettuosamente identificata come terra di bisiacchi in salsa baltica, avendo deciso entrambi i luoghi di portarsi nel nome la comune collocazione in mezzo a delle acque: un reticolo di strade ortogonali percorse da bici a noleggio a forma di bob o di auto da formula 1, ma mai di bici, e contrassegnate da tristi condomini di recente costruzione in stile anni '70, in cui regna non solo l'horror vacui, ma anche quello per le linee curve e per qualsiasi parvenza di simmetria o di vago equilibrio, separati gli uni dagli altri da luminosi e fragorosi giochi da fiera paesana ed autoscontri, rivendite di birre e tabacchi e caramelle, variopinte baracche di pesce fritto, pizza e, soprattutto, dolci (leggasi gofry/lody/rurki e desery in generale, rigorosamente in questo ordine).

Ci sarebbe anche una terza categoria di foto belle non scattate, la più inafferrabile e la più controversa, che vede accomunate Polonia e Italia, oltre che dall'uso di alcune parole come pomidor, arancio, pałac e autostrada, anche dall'aver scelto di sotterrare, in qualche forziere al momento ben nascosto, il loro prezioso entuzjazm.

Restano quindi solo le foto peggiori di cui, per rispetto, mi permetto di lasciare solo due esemplari.

 

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