lunedì 5 agosto 2013

"La magistratura non è un potere dello Stato perché non è elettivo. È un ordine, fatto di impiegati che hanno fatto un compitino per vincere un concorso"

Il y a dans chaque État trois sortes de pouvoirs : la puissance législative, la puissance exécutrice des choses qui dépendent du droit des gens, et la puissance exécutrice de celles qui dépendent du droit civil.

Par la première, le prince ou le magistrat fait des lois pour un temps ou pour toujours, et corrige ou abroge celles qui sont faites. Par la seconde, il fait la paix ou la guerre, envoie ou reçoit des ambassades, établit la sûreté, prévient les invasions. Par la troisième, il punit les crimes, ou juge les différends des particuliers. On appellera cette dernière la puissance de juger, et l'autre simplement la puissance exécutrice de l'État.

La liberté politique dans un citoyen est cette tranquillité d'esprit qui provient de l'opinion que chacun a de sa sûreté ; et pour qu'on ait cette liberté, il faut que le gouvernement soit tel qu'un citoyen ne puisse pas craindre un autre citoyen.

Lorsque, dans la même personne ou dans le même corps de magistrature, la puissance législative est réunie à la puissance exécutrice, il n'y a point de liberté; parce qu'on peut craindre que le même monarque ou le même sénat ne fasse des lois tyranniques pour les exécuter tyranniquement.

Il n'y a point encore de liberté si la puissance de juger n'est pas séparée de la puissance législative et de l'exécutrice. Si elle était jointe à la puissance législative, le pouvoir sur la vie et la liberté des citoyens serait arbitraire : car le juge serait législateur. Si elle était jointe à la puissance exécutrice, le juge pourrait avoir la force d'un oppresseur.

Tout serait perdu, si le même homme, ou le même corps des principaux, ou des nobles, ou du peuple, exerçaient ces trois pouvoirs : celui de faire des lois, celui d'exécuter les résolutions publiques, et celui de juger les crimes ou les différends des particuliers.

Montesquieu, L'Esprit des lois, Chapitre VI, livre XI, Genève, 1748


Ci sono in ogni Stato tre tipi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dallo ius gentium ed il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto civile.

Attraverso il primo, il principe o il magistrato fa delle leggi per un certo tempo o per sempre ed emenda o abroga quelle che sono già fatte. Attraverso il secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambasciate, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. Attraverso il terzo, punisce i delitti o giudica le controversie tra i privati. Chiameremo quest’ultimo potere giudiziario e l’altro semplicemente potere esecutivo dello Stato.

La libertà politica in un cittadino è quella tranquillità di spirito che proviene dall'opinione che ciascuno ha della propria sicurezza; e perché si abbia questa libertà, bisogna che il governo sia tale che nessun cittadino possa temerne un altro.

Quando, nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura, il potere legislativo è unito al potere esecutivo, non esiste libertà; perché si può temere che lo stesso monarca o lo stesso senato facciano delle leggi tiranniche per eseguirle tirannicamente.

E non c'è libertà neppure quando il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Se fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e sulla libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unito al potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore.

Tutto sarebbe perduto se un’unica persona, o un unico corpo di potenti, di nobili o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le risoluzioni pubbliche e quello di punire i delitti o le controversie tra i privati.

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