mercoledì 6 aprile 2011

Mediterraneo, 2011

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

       Considerate se questo è un uomo,
       Che non conosce pace
       Che lotta per mezzo pane
       Che muore per un sì o per un no
       Che solo d'acqua ha bisogno,
       Acqua per cancellare
       Acqua feroce sogno
       Acqua impossibile per rifarsi mondo.

Meditate che questo è.

Da Shemà (10 gennaio 1946) e Fuga (12 gennaio 1984) di Primo Levi.

4 commenti:

  1. Manca però della parte finale, cioè appunto la Shemà. Come del resto la coda de La tregua di Rosi. Un mio amico si è arrabbiato tanto che ha reintegrato la fine della poesia per i suoi studenti.

    http://www.youtube.com/watch?v=rUtir1MSmFU

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  2. Il tuo amico ha avuto tutte le ragioni per arrabbiarsi. Io ho fatto forse peggio, quello che non si dovrebbe mai fare, mischiare pochi versi di una poesia a pochi versi di un'altra. Prima di cliccare per postare l'ibrido che ne è uscito, ho temuto potesse mancare di rispetto, prima di tutto al suo autore e alla sua storia. Poi ho ripensato a quello che succede ora (e non da ora), alle tante parole dedicate alla memoria e di nuovo a quello che succede ora (e non da ora) e ho cliccato, più convinta, su "pubblica post".

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  3. Non ho potuto fare a meno di pensarci ancora. Ecco la versione intera.

    Voi che vivete sicuri
    Nelle vostre tiepide case,
    voi che trovate tornando a sera
    Il cibo caldo e visi amici:

    Considerate se questo è un uomo
    Che lavora nel fango
    Che non conosce pace
    Che lotta per un pezzo di pane
    Che muore per un sì o per un no.
    Considerate se questa è una donna,
    Senza capelli e senza nome
    Senza più forza di ricordare
    Vuoti gli occhi e freddo il grembo
    Come una rana d'inverno.

    Meditate che questo è stato:
    Vi comando queste parole.
    Scolpitele nel vostro cuore
    Stando in casa andando per via,
    Coricandovi alzandovi:
    Ripetetele ai vostri figli.
    O vi si sfaccia la casa,
    La malattia vi impedisca,
    I vostri nati torcano il viso da voi.

    10 gennaio 1946

    "Shemà", il titolo definitivo (prima, apparsa con le pagine di Se questo è un uomo anticipate su "L'amico del popolo" del marzo-maggio 1947, era intitolata "Salmo"), nelle parole di Primo Levi "significa: "Ascolta!" in ebraico. È la prima parola della preghiera fondamentale dell'ebraismo, in cui si afferma l'unità di Dio. Alcuni versi di questa poesia ne sono una parafrasi".

    "Fuga" apparve su La Stampa tre giorni dopo la data in calce al testo.

    Roccia e sabbia e non acqua
    Sabbia trapunta dai suoi passi
    Senza numero fino all'orizzonte:
    Era in fuga, e nessuno lo inseguiva.
    Ghiaione trito e spento
    Pietra rosa del vento
    Scissa dal gelo alterno,
    Vento asciutto e non acqua.
    Acqua niente per lui
    Che solo d'acqua aveva bisogno,
    Acqua per cancellare
    Acqua feroce sogno
    Acqua impossibile per rifarsi mondo.
    Sole plumbeo senza raggi
    Cielo e dune e non acqua
    Acqua ironica finta dai miraggi
    Acqua preziosa drenata in sudore
    e in alto l'inaccesa acqua dei cirri.
    Trovò il pozzo e discese,
    Tuffò le mani e l'acqua si fece rossa.
    Nessuno poté berne mai più.

    12 gennaio 1984

    Link

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  4. "Io ho fatto forse peggio, quello che non si dovrebbe mai fare, mischiare pochi versi di una poesia a pochi versi di un'altra."

    E hai fatto benissimo, intendevo solo dire che la maledizione resta di grande attualità e vale la pena di portarsi dietro anche quella.

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