giovedì 25 agosto 2016

Dirimpettai per sempre

Lo arrestarono in flagranza
mentre stava mettendo a segno
un furto a casa del vicino,
assente perché detenuto.

Frutto della realtà, questa sottovalutata.

mercoledì 24 agosto 2016

La crosta da cjera

Oh se il teremot
fos doma la crosta da cjera
ch’a si môf
sutila ingrispada
pieluta sclapada
strâts ch’a si sbrùntin
e si pochin
fintramai ch’a sclòpin
o si spàchin e a ti frùcin
dut ce ch’a nol resist
a i lôr scjassons…

Massa biel
s’al fos cussì il teremot
che daloras bastares
invecit di spietâ
e po contâ i muarts
fâ cjasas ch’a sopuartino
i scjassons plui fuarts
e se a la piês
a si plein o si strùcjn
a si sbrèghin o si sclàpin
no ti lascin sfracheât
sot il tet o un trâf
como un passer
sot na trapula tal prât...

Ma biel o no biel
‘l è chest il teremot
e tinduda ingrispada
sutila sclapada chesta a è la piel da cjera...

Leonardo Zanier

https://www.nazioneindiana.com/wp-content/2015/08/003-Leonardo-Zanier609-copy.jpg

La crosta della terra

Ah, se il terremoto
fosse solo la crosta della terra
che si muove
sottile increspata
pellicina screpolata
strati che si urtano
e si spingono
finché scoppiano
o si spaccano e fracassano
tutto quello che non resiste
ai loro scossoni...

Troppo bello
se fosse così il terremoto
che allora basterebbe
invece di aspettare
e poi contare i morti
fare case che resistano
agli scossoni più forti
che se alla peggio
si inclinano o si spostano
si squarciano o si crepano
non ti lasciano schiacciato
sotto il tetto o una trave
come un passero
da una trappola nel prato...

Ma bello o non bello
è questo il terremoto
e tesa increspata
sottile screpolata questa è la pelle della terra...

sabato 20 agosto 2016

Beatrice

Beatrice,
poco fa
mi è arrivata
una tua foto.
Che sorriso,
Beatrice:
mi hai cambiato
la serata.

Prenditi il tempo che ti serve per correre, sbucciarti le ginocchia, fare le bolle con la cannuccia, parlare le tre lingue che ti circondano, disegnare, nuotare a farfaldorso, leggere, inventare, trasformare le uova in cento modi, innamorarti e molto altro ancora, fino a quando avvertirai il bisogno di voltarti indietro. Nel frattempo, metto da parte qua un modesto segno da consegnarti, un giorno, di questo istante: hai un mese e nove giorni.

Stavo leggendo i giornali del 18 agosto, che non sembravano affatto di quest'anno, bensì di materiale elastico, un elastico tenuto dal mio indice sinistro nel 2016 e teso all'indietro da un'altra mano che si ritrae fino agli anni '30, quando mi sei balzata davanti. Nell'immediatezza di quel momento, non ho pensato che tu stessi guardando il papà, che ha scattato la foto e me l'ha mandata, perché una volta arrivata qui, hai preso a guardare solo me. Ti ho ricambiata, naturalmente, dimenticando per tutto il tempo sia l'elastico sia la stanchezza del giorno passato. Grazie.

Ora che ci sei, mentre ti guardo, a dispetto dei giornali, sembra che sia effettivamente arrivato il 2016, finalmente. Grazie anche per questo.

Sei piccola, come è giusto che sia alla tua età, ma sai farti minuscola quando ti aggrappi alla mamma, raccogliendo gli arti come i petali di un fiore che si chiude per il troppo calore. Lo so perché ti ho vista lo scorso fine settimana, quando ti abbiamo portato al mare per la prima volta - bada: lo stesso mare normanno, aperto a nord, solcato da Guglielmo quasi un millennio fa, così diverso dal mio, tristemente dannunziano, insaccato in un periferico golfo che dà le spalle ai paesi vicini, a cui si ostina a non aprirsi. Ovviamente non hai potuto vederlo, distesa com'eri nella culla, non con gli occhi, che in tre, un po' maldestri, abbiamo cercato di proteggere dal sole con un ombrellino che si piegava ai capricci del vento, ma ne hai sentito il rumore, assieme a quello dei gabbiani e del vento, e anche l'odore, due elementi che molti trascurano, privilegiandone piuttosto il solo colore. Mentre annusavi l'aria, un piccolo tratto della passeggiata di ritorno è stato marcato da un annuncio diffuso da un altoparlante (e, ora che te lo dico, mi chiedo se quando leggerai queste vecchie parole il paese che ti ha vista nascere sarà ancora così): cercavano i genitori di una bambina bionda di circa cinque anni, che non capiva il francese; li cercavano dandone contezza in francese, évidemment.

Sei piccola, dicevo. Tuttavia, se non ci fosse la mano della mamma sulla tua pancia a dare un'unità di misura, per non parlare dell'anello al dito, non molto più piccolo della tua bocca, nella foto sembreresti decisamente più grande, perché non sorridi solo con una indovinata smorfia della bocca tra gli innumerevoli movimenti che stai imparando a compiere con ciascuno dei tuoi muscoletti che hai il compito di istruire un po' alla volta, ma stai pompando di gioia anche i tuoi occhi, fino a stenderli ben bene assieme alle lunghe ciglia, e persino il naso, che si solleva un po' dal piano del viso, a mostrarne le narici. Questa tua particolare inclinazione del viso mi ricorda la prospettiva con cui il Che fu ritratto da Korda, leggermente dal basso, anche se è chiaro che a parte questo dettaglio, del guerriero e del suo orgoglio non hai nulla, per fortuna. Vedi bene ora che non è il 2016 che stentava a presentarsi, prima che arrivassi tu: dovevo essere io a sfuggirlo, un po' come sfuggono e si dissolvono i tuoi subitanei moti di rabbia o di delusione, o forse solo di frustrazione, che già conosci bene e preannunci arrossando di colpo il volto e infossando la pelle della fronte e del mento in rughe effimere, che distendi e fai sparire al primo sorso di latte, alla prima carezza, alla prima nota del fischiettare di papà.

Beatrice, cucù!
È semplicemente
questo il segno,
che ho tracciato
e ritracciato lentamente:
hai già due giorni in più.

F.

martedì 16 agosto 2016

Je/Ich

Es gibt etwas, das Kafka mit Proust gemeinsam ist, und wer weiß, ob dieses etwas sich irgendwo sonst findet. Es handelt sich um ihren Gebrauch des 'Ich.' Wenn Proust in seiner Recherche du temps perdu, Kafka in seinen Tagebüchern Ich sagt, so ist das bei beiden ein gleich transparentes, ein gläsernes. Seine Kammern haben keine Lokalfarbe; jeder Leser kann sie heute bewohnen und morgen ausziehen. Ausschau von ihnen halten und sich in ihnen auskennen ohne im mindesten an ihnen hängen zu müssen. In diesen Schriftstellern nimmt das Subject die Schutzfärbung des Planeten an, der in den kommenden Katastrophen ergrauen wird.

Walter Benjamin

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C'è qualcosa di comune tra Kafka e Proust, e chissà se questo qualcosa si trova da qualche altra parte. Si tratta del modo in cui usano "io". Quando Proust nella sua Ricerca del tempo perduto o Kafka nei suoi diari dice io, in entrambi è un io ugualmente trasparente, vitreo. Le sue camere non hanno un colore locale; ogni lettore può abitarle oggi e traslocarne domani. Può continuare ad osservarle e riuscire a conoscerle senza dover minimamente affezionarvisi. In questi scrittori il soggetto assume la colorazione protettiva dei pianeti, che nelle imminenti catastrofi è destinata a volgere al grigio.

venerdì 12 agosto 2016

Meran - 6. IV. 20




Gasthof Frau Emma, Meran/Pragser Wildse, den...

Meran - 6. IV. 20

Liebe Ottla, müde vom Wohnungssuchen, es gibt soviele Wohnungen, die Grundfrage ist: große Hotelpension (z. B. die wo ich jetzt recht gut lebe, vegetarisch gut, nicht gerade sehr durchdacht, aber immerhin) oder kleine Privatpension. Erstere hat den Nachteil dass sie teuerer ist (ich weiß allerdings nicht wie viel es ausmachen wird, ich esse nicht in Pension) vielleicht nicht so gute Liegemöglichkeit gibt, wie die kleine Pension, auch wird man wohl in der kleinen persönlich interessierter behandelt, worauf ein Vegetarianer vielleicht mehr angewiesen ist, als ein anderer aber einen großen Vorteil hat sie, es sind die großen freien Räume, das Zimmer selbst, der Speisesaal, die Vorhalle, selbst wenn man Bekannte hat, ist man frei, unbedrückt, die kleine Pension hat dagegen etwas von einer Familiengruft, nein das ist falsch, etwas von einem Massengrab. Sei das Haus noch so gut instand gehalten (ist es das nicht, auch solche sah ich, dann möchte man sich leich hinsetzen und über die Vergänglichkeit weinen) es ist doch notwendig eng, die Gäste sitzen aneinander, man schaut einander immerfort in die Augen, es ist eben wie bei Stüdl, nur dass allerdings Meran unvergleichlich freier, weiter, mannigfaltiger, großartiger, luftreiner, sonnenstärker als Schelesen ist. Das ist also die Frage. Was hältst Du z. B. von der Ottoburg, dem einzigen brauchbaren Ergebnis des Nachmittags (desdritten Meraner, und des ersten unverregneten Nachmittags) Preis 15 Lire, der gewöhnliche Preis der Privatpensionen, reines Haus, die Wirtin eine fröhliche sehr dick- und rotbackige Frau des Buchhändlers Taussig, erkennt sofort mein Prager Deutsch, interessiert sich sehr für meinen Vegetarianismus, zeigt dabei aber völligen Mangel vegetarischer Phantasie; das Zimmer ist recht gut, der Balkon gestattet alle Nacktheit, dann führt sie mich in den gemeinsamen Speisesaal, ein hübscher Saal, aber doch niedrig, so sitzt man beisammen, die gebrauchten Servietten in den Ringen bezeichnen die Plätze, Schneewittchen hätte keine Lust gehabt, hier Späße zu machen. Nun? Ehe Deine Antwort kommt dürfte ich mich schon entschieden haben, versprochen habe ich, dass ich morgen vormittag schon komme.

Die Reise war sehr einfach, der Südamerikaner war nur ein Mailänder, aber dafür ein liebenswürdiger, rücksichtsvoller, schöner, eleganter, im Körper eleganter Mensch, ich hätte nicht besser wählen können und man kann gewiß für dieses im Grunde abscheuliche enge Beisammensein, es war auch sehr kalt, gelegentlich sehr schlecht wählen. Die Francs habe ich nicht gebraucht, es werden offenbar wenn sich die Reisenden an ein bestimmtes System gewöhnt haben, sofort neue Systeme eingeführt, die weitere Karte war in österr. Kronen zu zahlen; wieviel kostet die Karte von der Grenze bis Innsbruck? An 1300 K, soviel hatte ich allerdings nicht. Die Lire waren in Innsbruck ganz leicht zu wechseln.

Vorläufig genug, ich muß noch (nach meiner Vorschrift) Orangenlimonade trinken gehn. Schreibe mir ausführlich von Dir, besonders von Sorgen, wenn Du willst auch Träumen, in die Ferne hat auch das Sinn. Grüße alle, auch Max oder Felix, wenn Du sie sehen solltest. 

Dein F


Gasthof Frau Emma, Merano/Lago di Braies, il...

Merano - 6. 4. 20

Cara Ottla, stanco dalla ricerca dell'appartamento - ci sono così tanti appartamenti - la questione fondamentale è: grande pensione (per es. quella dove ora vivo bene, vegetarianamente bene,  non esattamente in modo molto pensato, ma insomma) oppure piccola pensione privata? La prima ha lo svantaggio di essere più cara (non so tuttavia quanto sarà pattuito, non mangio nella pensione), forse non offre possibilità di stendersi altrettanto buone di quelle della piccola pensione, si viene trattati con interesse più personale, cosa cui un vegetariano attribuisce forse più importanza di un altro, ma ha un gran vantaggio: sono i grandi spazi liberi, la stanza stessa, la sala da pranzo, l'atrio, anche quando si hanno conoscenti, si è liberi, non oppressi, mentre la piccola pensione ha qualcosa della tomba di famiglia; no, è sbagliato, qualcosa della fossa comune. Anche se la casa è tenuta ancora molto bene (se non lo è - ne ho viste anche di questo tipo -, allora viene voglia di sedersi e piangere sulla caducità), è per forza stretta, gli ospiti stan seduti l'uno contro l'altro, ci si guarda di continuo negli occhi, è proprio come da Stüdl, a parte il fatto che Merano è incomparabilmente più libera, più ampia, più varia, più spettacolare che Schelesen, l'aria è più pura, il sole più deciso che laggiù. Questa è quindi la questione. Cosa ne pensi per es. della pensione Ottoburg, l'unico risultato utile del pomeriggio (la mia terza a Merano e la prima che non sia stata guastata dalla pioggia), prezzo 15 lire, il solito prezzo delle pensioni private, casa pulita, la proprietaria, moglie del libraio Taussig, pimpante, molto grassa e dai pometti rossi, riconosce subito il mio tedesco praghese, si interessa molto del mio vegetarianismo, ma mostra una totale assenza di fantasia vegetariana; la stanza va abbastanza bene, il balcone permette qualsiasi nudità. Poi mi accompagna nella sala da pranzo comune, una sala carina, però bassa, così si sta seduti tutti assieme; i tovaglioli usati negli anelli designano i posti; Biancaneve non avrebbe avuto voglia di divertirsi qui. E allora? Prima che arrivi la tua risposta avrò di sicuro già deciso: ho promesso di venire già domani mattina.

Il viaggio è stato molto semplice, il sudamericano era in realtà un italiano, ma in compenso amabile, pieno di riguardo, bello, elegante, un uomo dal corpo elegante, non avrei potuto scegliere meglio e si può certamente occasionalmente scegliere molto male - ha fatto anche molto freddo - per questo stare così orribilmente assieme. Dei franchi non ho avuto bisogno: non appena i viaggiatori si sono abituati ad un determinato nuovo sistema, si introducono subito nuovi sistemi. L'altro biglietto si doveva pagare un corone austr.; quanto costa il biglietto dal confine ad Innsbruck? Circa 1300 corone, che in ogni caso non possedevo. Ho potuto cambiare le lire molto facilmente a Innsbruck.

Basta, per adesso, devo ancora (su mia prescrizione) andare a bere un'aranciata. Scrivimi con dovizia di te, in particolare delle preoccupazioni, se vuoi anche dei sogni: quando si è lontani persino questo ha senso. Saluta tutti, anche Max o Felix, se li dovessi vedere. 

Il tuo F

-

wir wollen wissen, wo wir her-
kommen
wer ist unserer ur-
ahn,  unser alt-
vorderer, dieses arschl-
och

damit wir uns ihm ehr-
fürchtig nah'n

damit wir uns ihm ehr-
fürchtig nah'n

Ernst Jandl


vogliamo sapere da dove pro-
veniamo

chi è il nostro ante-
nato, il nostro a-
vo, questo stron-
zo

per potergli tributa-
re rispetto

per potergli tributa-
re rispetto

Kariofilia

Their long-barrelled guns, which resembled Afghan jezails, were so heavy that they could only be aimed when resting on a rock or a branch. This made them useless for hand-to-hand battles but valuable at a distance or for an ambush. These had an euphonius name, which sounds more like a flower than a gun; indeed, very like the Greek for both carnation and clove: karyophylia. This strange and musical word in an uncouth Hellenization for the name of an Italian gunsmith's shop whose wares were highly prized all over the Levant: Carlo e figli.

Patrick Leigh Fermor, Mani - Travels in the Southern Peloponnese, 1958


I loro fucili a canna lunga, che assomigliavano agli jezail afgani, erano così pesanti che si poteva prendere la mira solo appoggiandoli su una roccia o su un ramo. Ciò li rendeva inutili per i combattimenti corpo a corpo, ma preziosi ad una certa distanza o per un'imboscata. Questi avevano un nome eufonico, che ricorda più un fiore che un fucile; in effetti, molto simile a come si dice garofano e chiodo di garofano in greco: kariofilia. Questa parola bizzarra e musicale è una grossolana ellenizzazione del nome di un'armeria italiana le cui merci erano molto pregiate in tutto il Levante: Carlo e figli.


venerdì 5 agosto 2016

Even quiet middle-aged ladies/Persino tranquille signore di mezza età

There is a growing feeling that the war will be a long business, but, though no attempt is made to minimize the dangers of the actual and potential lineups against them, the English are, on the whole, confident. They worry, however, about what will happen in Europe after peace comes. Even quiet middle-aged ladies can now talk federation with the best of them and think the idea a fine one because it would end all that frontier-and-customs nonsense which fusses them on their annual sprees to Portofino and Annecy.

January 4, 1940, Mollie Panter-Downes, London War Notes

C'è una sensazione sempre più marcata che la guerra sarà lunga, ma, nonostante non si tenti affatto di minimizzare i pericoli degli schieramenti nemici effettivi e potenziali, gli inglesi sono nel complesso fiduciosi. Tuttavia, si preoccupano di quello che succederà in Europa quando sarà arrivata la pace. Persino tranquille signore di mezza età ora possono parlare di federazione con le migliori di loro e considerare quest'idea buona perché porrebbe fine a quell'assurdità legata alle frontiere e alle dogane che le scoccia nelle loro baldorie annuali a Portofino ed Annecy.

4 gennaio 1940, Mollie Panter-Downes, London War Notes

Erano lettere scritte da Londra durante la Seconda Guerra Mondiale per il pubblico statunitense del New Yorker. Un loro minimo estratto, che avrei voluto riproporre qualche settimana fa, è ora dedicato da Parigi, oltre che al pubblico italiano, idealmente anche agli inglesi di una certa età, cui è stata addossata tutta la responsabilità dell'esito del referendum. Sto invecchiando, è chiaro.