martedì 21 novembre 2023

Modelli

 

Andrej Tarkovskj fotografato da Lars-Olof Löthwall sul set di Sacrificio. È davanti al plastico della casa ritratto nella foto che il protagonista Alexander pronuncia, alterandola, chissà se apposta o per sbaglio (sarebbe bello se fosse vera la seconda alternativa), la domanda di Macbeth:
"Which of you have done this... the Lords?" ("Chi di voi ha fatto questo... i Lords?")
I Lords sono aggiunti nella sceneggiatura alla fine della battuta, mentre nel testo di Shakespeare sono coloro cui spetta la battuta seguente:
MACBETH: "Which of you have done this? (MACBETH: "Chi di voi ha fatto questo?")
LORDS: "What, my good lord?" (LORDS: "Cosa, mio buon signore?")

Robert Lepage fotografato da qualcuno di cui ignoro il nome sul set della pièce 887, il numero civico della casa della sua infanzia, dove, nella foto, suo padre sta rientrando in taxi. Lepage ricorda questo numero e vecchi numeri di telefono, ma pena a mandare a memoria il testo della poesia di Michèle Lalonde, poetessa del suo Québec, "Speak white" (parla bianco), l'insulto che gli anglofoni rivolgevano (l'imperfetto è una mia speranza) ai francofoni colti a parlare francese:

il est si beau de vous entendre
parler de Paradise Lost
ou du profil gracieux et anonyme qui tremble
dans les sonnets de Shakespeare

nous sommes un peuple inculte et bègue
mais ne sommes pas sourds au génie d’une langue
parlez avec l’accent de Milton et Byron et Shelley et Keats
speak white
et pardonnez-nous de n’avoir pour réponse
que les chants rauques de nos ancêtres
et le chagrin de Nelligan

speak white
parlez de choses et d’autres
parlez-nous de la Grande Charte
ou du monument à Lincoln
du charme gris de la Tamise
De l’eau rose de la Potomac
parlez-nous de vos traditions
nous sommes un peuple peu brillant
mais fort capable d’apprécier
toute l’importance des crumpets
ou du Boston Tea Party
mais quand vous really speak white
quand vous get down to brass tacks

pour parler du gracious living
et parler du standard de vie
et de la Grande Société
un peu plus fort alors speak white
haussez vos voix de contremaîtres
nous sommes un peu durs d’oreille
nous vivons trop près des machines
et n’entendons que notre souffle au-dessus des outils

speak white and loud
qu’on vous entende
de Saint-Henri à Saint-Domingue
oui quelle admirable langue
pour embaucher
donner des ordres
fixer l’heure de la mort à l’ouvrage
et de la pause qui rafraîchit
et ravigote le dollar

speak white
tell us that God is a great big shot
and that we’re paid to trust him
speak white
parlez-nous production profits et pourcentages
speak white
c’est une langue riche
pour acheter
mais pour se vendre
mais pour se vendre à perte d’âme
mais pour se vendre

ah! speak white
big deal
mais pour vous dire
l’éternité d’un jour de grève
pour raconter
l’histoire de peuple-concierge
mais pour rentrer chez-nous le soir
à l’heure où le soleil s’en vient crever au dessus des ruelles
mais pour vous dire oui que le soleil se couche oui
chaque jour de nos vies à l’est de vos empires
rien ne vaut une langue à jurons
notre parlure pas très propre
tachée de cambouis et d’huile

speak white
soyez à l’aise dans vos mots
nous sommes un peuple rancunier
mais ne reprochons à personne
d’avoir le monopole
de la correction de langage

dans la langue douce de Shakespeare
avec l’accent de Longfellow
parlez un français pur et atrocement blanc
comme au Vietnam au Congo
parlez un allemand impeccable
une étoile jaune entre les dents
parlez russe parlez rappel à l’ordre parlez répression
speak white
c’est une langue universelle
nous sommes nés pour la comprendre
avec ses mots lacrymogènes
avec ses mots matraques

speak white
tell us again about Freedom and Democracy
nous savons que liberté est un mot noir
comme la misère est nègre
et comme le sang se mêle à la poussière des rues d’Alger ou de Little Rock

speak white
de Westminster à Washington relayez-vous
speak white comme à Wall Street
white comme à Watts
be civilized
et comprenez notre parler de circonstance
quand vous nous demandez poliment
how do you do
et nous entendez vous répondre
we’re doing all right
we’re doing fine
We are not alone

nous savons
que nous ne sommes pas seuls.

Una traduzione in italiano si può trovare qui.

domenica 5 novembre 2023

Alle Tage

Der Krieg wird nicht mehr erklärt,
sondern fortgesetzt. Das Unerhörte
ist alltäglich geworden. Der Held
bleibt den Kämpfen fern. Der Schwache
ist in die Feuerzonen gerückt.
Die Uniform des Tages ist die Geduld,
die Auszeichnung der armselige Stern
der Hoffnung über dem Herzen.

Er wird verliehen,
wenn nichts mehr geschieht,
wenn das Trommelfeuer verstummt,
wenn der Feind unsichtbar geworden ist
und der Schatten ewiger Rüstung
den Himmel bedeckt.

Er wird verliehen
für die Flucht von den Fahnen,
für die Tapferkeit vor dem Freund,
für den Verrat unwürdiger Geheimnisse
und die Nichtachtung
jeglichen Befehls.

Ingeborg Bachmann
Die Gestundene Zeit, 1953



Tutti i giorni
La guerra non viene più dichiarata, ma proseguita. L’inaudito è diventato quotidiano. L’eroe resta lontano dai combattimenti. L'imbelle è trasferito in prima linea. La divisa del giorno è la pazienza,
la medaglia la patetica stella della speranza appuntata sul cuore. La si conferisce quando non succede più nulla, quando il fuoco martellante tace, quando il nemico è ormai invisibile e l’ombra di riarmo, riarmo e ancora riarmo copre il cielo. La si conferisce per premiare la diserzione dalle bandiere, il coraggio di fronte all’amico, il tradimento di segreti indegni e l’inosservanza di ogni ordine ricevuto.

Questa poesia, assieme alle altre poesie della raccolta "Il tempo dilazionato", fu pubblicata  settant'anni fa, appena otto anni dopo la seconda guerra mondiale. Bachmann aveva allora 27 anni. Morì a Roma cinquant'anni fa. Andrebbe probabilmente letta assieme a Abschied von England ("Congedo dall'Inghilterra"), della stessa raccolta, gioiello ambientato in uno spazio indefinito, rarefatto, interiore, che con l'Inghilterra non ha niente a che vedere.
"Tutti i giorni", non a caso, è anche il titolo del primo romanzo di Terézia Mora, ungherese della minoranza tedesca, emigrata a Berlino nel '90. Mora, che è attratta, anche a Berlino, da spazi indefiniti, spesso sospesi in bilico tra Austria ed Ungheria, in ogni caso molto interiori, ha vinto, tra gli altri, anche il premio Bachmann (prima del suo primo romanzo, che è stato anche tradotto in italiano dalla benemerita Keller editore).
Noi, oggi, anniversario o non anniversario, coincidenza o non coincidenza, figli e nipoti del XX secolo, non abbiamo ancora capito niente. Forse perché sono insanabili la distanza e lo sfasamento tra gli spazi interiori, labili, fragili, effimeri, e quelli esteriori, di natura specularmente opposta, almeno nella forma che ci viene quotidianamente imposta dal potere.

sabato 4 novembre 2023

Na vlaku Ljubljana–Beljak

V pogledu obmejnih policistov
na vlaku iz Ljubljane v Beljak
postanem ženska, svetlopolta,
starejša, potencialno nenevarna,
nebegunka, neteroristka.
Kakšna zmota!

Barbara Korun


Sul treno Lubiana-Villaco

Agli occhi del poliziotto di frontiera
sul treno Lubiana-Villaco,
divento una donna, di pelle chiara,
di una certa età, potenzialmente innocua,
non rifugiata, non terrorista.
Che errore!