sabato 27 dicembre 2008

Privilegierte Tatbestände

Es ist verboten, Personen in Brand zu stecken.
Es ist verboten, Personen in Brand zu stecken, die im Besitz
einer gültigen Aufenthaltsgenehmigung sind.
Es ist verboten, Personen in Brand zu stecken, die sich an
die gesetzlichen Bestimmungen halten und im Besitz
einer gültigen Aufenthaltsgenehmigung sind.
Es ist verboten, Personen in Brand zu stecken, von denen
nicht zu erwarten ist, daß sie den Bestand und die
Sicherheit der Bundesrepublik Deutschland gefährden.
Es ist verboten, Personen in Brand zu stecken, soweit sie
nicht durch ihr Verhalten dazu Anlaß geben.
Es ist insbesondere auch Jugendlichen, die angesichts
mangelnder Freizeitangebote und in Unkenntnis der
einschlägigen Bestimmungen sowie aufgrund von
Orientierungsschwierigkeiten psychisch gefährdet sind,
nicht gestattet, Personen ohne Ansehen der Person in
Brand zu stecken.
Es ist mit Rücksicht auf das Ansehen der Bundesrepublik
Deutschland im Ausland dringend davon abzuraten.
Es gehört sich nicht.
Es ist nicht üblich.
Es sollte nicht zur Regel werden.
Es muß nicht sein.
Niemand ist dazu verpflichtet.
Es darf niemendem zum Vorwurf gemacht werden, wenn
er es unterläßt, Personen in Brand zu stecken.
Jedermann genießt ein Grundrecht auf Verweigerung.
Entsprechende Anträge sind an das zuständige
Ordnungsamt zu richten.

Nota bene. Wer diesen Text in eine andere Sprache übertragt. wird gebeten, an Stelle der Bundesrepublik Deutschland versuchweise die offizielle Bezeichnung seines eigenen Landes einzusetzen. Diese Fußnote sollte auch in der Übersetzung stehenbleiben.

Hans Magnus Enzensberger


Elementi privilegiati del reato

È vietato appiccare il fuoco alle persone.
È vietato appiccare il fuoco alle persone che sono
in possesso di un valido permesso di soggiorno.
È vietato appiccare il fuoco alle persone che si
attengono alle disposizioni di legge e sono
in possesso di un valido permesso di soggiorno.
È vietato appiccare il fuoco alle persone da cui
non ci si deve aspettare che mettano in pericolo
l'esistenza e la sicurezza della Repubblica Italiana.
È vietato appiccare il fuoco alle persone nella misura in cui
non ne danno motivo attraverso la loro condotta.
In particolare non è neanche permesso appiccare il fuoco
ad adolescenti senza considerazione della persona,
che data la mancanza di offerte per il tempo libero
e nell'ignoranza delle pertinenti disposizioni nonché a causa di
difficoltà di orientamento sono psichicamente vulnerabili.
Considerata la reputazione della Repubblica
Italiana all'estero, è vivamente da sconsigliare.
Non si confa.
Non è consueto.
Non dovrebbe diventare la regola.
Non deve essere.
Nessuno ne è tenuto.
A nessuno deve essere fatto rimprovero se
omette di appiccare il fuoco alle persone.
Ciascuno gode del diritto fondamentale al rifiuto.
Istanze conformi vanno
rivolte all'amministrazione competente.

Nota bene. Chi riporta questo testo in un'altra lingua è pregato di introdurre in via sperimentale al posto della Repubblica Italiana la denominazione ufficiale del proprio paese. Questa nota a pie' di pagina dovrebbe rimanere anche nella traduzione.





mercoledì 24 dicembre 2008

Ni el plany ni la protesta

Ni el plany ni la protesta,
ni menys la circumstància.
Només,
sobre el tall esmolat del ganivet
—la veritat—,
abocar-se a l’abisme.
I cantar,
abans de caure-hi.

Narcís Comadira


Né lamento né protesta,
nemmeno la circostanza.
Solamente,
sopra il filo arrotato del coltello
—la verità—,
chinarsi sull'abisso.
E cantare,
prima di cadervi.

martedì 16 dicembre 2008

Motivationsforschung

Es bleibt mir leider nichts anders übrig, als euch umzubringen,

☐ weil ihr euch weigert, baskisch zu sprechen

☐ weil mir die bank den Überziehungskredit gesperrt hat

☐ wegen Papa

☐ weil ich den Anblick unverschleierter Frauen nicht ertragen kann

☐ weil mir die Reichen auf den Keks gehen

☐ dem Lieben Gott zuliebe

☐ weil ihr mir kein Geld für die nächste Spritze gebt

☐ weil ihr mir nicht katholisch genug/viel zu katholisch seid

☐ weil ich beleidigt bin

☐ wegen Mama

☐ weil ihr mich immer so komisch anguckt

☐ weil ich bei der Prüfung das falsche Kästchen angekreuzt habe und durchgefallen bin

☐ weil ich Stimmen höre

☐ und überhaupt. Nur so.

Ich danke für euer Verständnis.

(Zutreffendes bitte vor der Tat ankreuzen!)

Hans Magnus Enzensberger


Ricerca motivazionale


Purtroppo non mi resta altro che ammazzarvi

☐ perché vi rifiutate di parlare basco

☐ perché la banca mi ha bloccato il credito sullo scoperto

☐ a causa del papà

☐ perché non posso sopportare la vista delle donne senza velo

☐ perché i ricchi mi danno sui nervi

☐ per amore del buon Dio

☐ perché non mi date soldi per il prossimo buco

☐ perché non siete abbastanza/siete troppo cattolici

☐ perché sono offeso

☐ a causa della mamma

☐ perché mi guardate sempre strano

☐ perché all'esame ho barrato la casella sbagliata e sono stato bocciato

☐ perché sento le voci

☐ e in generale. Così per dire.

Vi ringrazio per la vostra comprensione.

(Si prega di barrare la casella appropriata prima dell'atto!)

mercoledì 10 dicembre 2008

Exercice de stèle

tchaïkovski est mort du choléra
walter scott de la poliomyélite
napoléon d’un carcinome de l’estomac
baudelaire de la syphilis
gambetta d’une péritonite
hemingway se mit du plomb dans la tête
alphonse allais se noya dans l’absinthe
zweig dans un réchaud à gaz
raymond roussel tétanisé par les barbituriques
nerval asphyxié par une petite musique de chanvre
rimbaud d’une tumeur au genou
faulkner d’une chute de cheval
gogol affamé par un moine
jean follain renversé par un chauffard
camus écrabouillé contre un platane
henri calet lors d’une étreinte amoureuse
virginia woolf au fond d’une rivière
chénier la tête décollée
apollinaire terrassé par la grippe espagnole
nicolas de staël aimanté par une fenêtre
boris vian victime d’un cœur capricieux
rilke piqué par une rose

c’est décidé
demain je ne sors pas de chez moi

Patrice Delbourg

tchaikovski è morto di colera
walter scott di poliomelite
napoleone di un carcinoma allo stomaco
baudelaire di sifilide
gambetta di peritonite
hemingway si sparò una pallottola in testa
alphonse allais affogò nell'assenzio
zweig si asfissiò in un fornello a gas
raymond roussel paralizzato dai barbiturici
nerval asfissiato da una piccola dose di hashish
rimbaud di un tumore al ginocchio
faulkner per una caduta da cavallo
gogol affamato da un monaco
jean follain investito da un pirata della strada
camus spiaccicato contro un platano
henri calet durante un rapporto d'amore
virginia woolf nel fondo di un fiume
chénier decapitato
apollinaire abbattuto dall'influenza spagnola
nicolas de staël magnetizzata da una finestra
boris vian vittima di un cuore capriccioso
rilke punto da una rosa

è deciso
domani non esco di casa

giovedì 20 novembre 2008

Marzo

Me go sintì, dormindo,
'torno la primavera.
Me la insognavo; e iera
quel sogno come un senso

del zeleste, del rosa
d'un ziel de primavera,
che se spècia par tera
ne l'àqua de la piova;

un senso de ombre ciare
che se movi col vento.
Me sintivo contento
senza saver de cossa.

Virgilio Giotti

Foglietto dattiloscritto

Caro Giotti,

grazie per le sue (sic) sollecitudine, e, più ancora, per le bellissime poesie: io direi di darle a "Paragone" tutte tre* (a me pare deliziosa anche quella del '44): così si delineerebbe una sintetica storia della Sua ultima produzione. Riceva i miei più cari saluti e auguri, caro poeta (non ho la retorica romantica di simili appellativi: ne sono avaro, avarissimo; e rinuncio, nel Suo caso, con recriminazione, a farne uso sopra la busta). Suo dev.mo

Pier Paolo Pasolini
Roma 14 marzo 1957

*Le tre poesie sono Felizità e malinconia, Ciaro de luna, Ritrato de ragazza.

Do pomi

Do pomi xe s'un piato,
bei verdi e rossi. Fora
ghe xe la note scura,
ghe xe el fredo e la bora.
E là ch'i xe, un fià in ombra,
sul zeleste del muro,
i fa come un'alegra
musicheta col scuro,
col fredo, co' l'inverno
vignudi a cucar drento:
pice note, mie note,
che mi scolto contento.

Virgilio Giotti

mercoledì 19 novembre 2008

Dolci rime leggiadre

Carne, come tu geri,
e sensa fantasia
la gno manincunia.

La carne vol figiâ,
e sol e luna piena;
la crosta e la molena,
in carne vol ganbiâ.

Tu geri negra tera
vogiosa de fâ gran
tu geri bona piera,
la casa de doman.

Me gero nato solo
per stâ in parte a vardâ
la vita duta un nuòlo
che 'l vento pol disfâ.

L'ha disfào la to dressa,
el to sen l'ha sfinío,
anche la to belessa
la xe andagia con Dio.

Biagio Marin

Quel rosignol, che sí soave piagne

L'ultima felizità

Un fogo de do legni
che brila e ardi pian
pian nel scuro; una dona
che se scalda le man.

El mio cuor tanto tempo
el ga batù de sora
el suo: vizin del suo
el bati tristo ancora.

La neve, fora, bianca;
el lugareto nela
su’ cheba al sol; d’i pomi
rossi ’n una zestela.

Virgilio Giotti

vola il tempo, et fuggon gli anni

El sanbuco

Sto odor... de cossa?: xe odor de sanbuco:
l'odor de quando che iero putel.
Ne l'orto nostro, in suso,
tanto lontan de casa, iera un bosco:
un bosco de sanbuco.
Tre àlbari ch'in magio, in mezo 'l verde,
i verzeva quei grandi
e larghi fiori bianchi.
Soto, in fra i tronchi, là iera 'l mio bosco;
e drio, de soto 'l muro,
le mie canpagne co' la casa e el pozzo;
e un mar, che lo saltavo
qualche volta a piè pari,
ma do' che 'ndavo c'una barca a vela,
a vela e fioco, de una riva a l'altra:
de casa a la zità al cantier de fazza.
pur mi, qua 'desso, con sto odor' che' sento,
con tuti i bruti pensier, me vien,
sì, de vardarme 'torno
se xe le mie canpagne e quel mio pozzo,
la mia barca e el mio mar:
e sto canton de orto,
el me diventa come quel de 'lora,
grando, col cel de sora,
che gira, e tuto 'torno
co' la tera 'l s'incontra e col mio mar.

Virgilio Giotti

Giovene donna sotto un verde lauro

Dio-sa-quànti lauri nei boschi,
E nissun che li tagia e li tol!
Forza amiçi tornemo nei boschi,
Se no' altro, almanco a tagiar...

Par noaltri la bela corona,
O pa' un altro, no' questo ne importa,
D'un poeta saremo la scorta,
El to onor sarà anca el me onor.

Quanto tempo che se meditava,
Dentro casa, co' mare e mugièr,
Ma i poeti no' gà da 'ver casa,
Né un pensier che sia un pigro pensier.

Giusto xé che quei muri difenda
Chi gà un cuor che vorìa ma no pol,
Chi xé nato a far fioi e se impegna
De far tuto, par far che so fiòl...

Altro el nostro destin in 'sta téra,
Altri i sogni che l'ànema trova:
No' xé nostre 'ste case de pièra,
E 'sti fioi che ne invita a morir.

Pan ne ciama: là va i nostri sogni:
Là ne varda le done e po' via,
Là se brama, se ama e po' via,
Ne la gloria se ferma l'amor.

Dio-sa-quànti lauri nei boschi,
E nissùn che li tagia e li tol,
Forza amiçi, tornemo nei boschi,
Se no' altro, almanco a tagiar...

Giacomo Noventa

Ninte no' xe passào

Ninte no' xe passào
e duto vive e xe presente;
un sielo solo levante e ponente
un solo sol m'ha iluminào.

I primi vogi che m'ha inamorào
xe quii che 'desso ríe,
e infinite restíe
basa dì e note el lío de Grao.

Ogni geri xe incúo
ansi xe adesso,
ogni vento xe el messo
de Dio, nel sielo de velo.

E ninte mai more
nel mondo:
un solo, ma fondo
xe 'l corso de l'ore.

La mutassion origina el canto;
no' 'vê paura de sparî;
dura un atimo el dí
ma xe eterno l'incanto.

Biagio Marin

Nulla è passato
e tutto vive ed è presente;
un cielo solo levante e ponente,
un sole solo mi ha illuminato.

I primi occhi che mi hanno innamorato
sono quelli che ora ridono,
e infinite onde
baciano giorno e notte il lido di Grado.

Ogni ieri è oggi
anzi è adesso,
ogni vento è il messo
di Dio, nel cielo di velo.

Niente mai muore
nel mondo:
uno solo, ma fondo
è il corso delle ore.

La mutazione origina il canto;
non aver paura di sparire;
dura un attimo il dí
ma è eterno l'incanto.

Versione di Edda Serra

lunedì 17 novembre 2008

L...

No' la iera rabiada. In un vistito
ciaro, la me rideva. E se gavemo
ciapà una man, amizi veci; e come
sempre fra noi, la go basada in viso.
El ben e bon de prima lo gavèvimo
tuto ancora, e el cativo e bruto el iera
andado pròpio in gnente.
Sta note, co' de fora el primo tèpido
de primavera e el ciaro de luna,
'sto qua me go insognado.

Virgilio Giotti

A...

Cossa vòio de ti? Oh gnente! Un muro
xe tra de noi alto, tremento; e oltra
de quel muro te vardo mi, mia bela.
Ma pènsite, se quela piera e piera,
par magia, come in una vècia stòria,
tuto in t-un la crolassi, - in una tèpida
note de primavera.

Virgilio Giotti

5 dicembre 1929

Caro Signor Bino.
A parte che pronunciare dei giudizi è cosa contraria alla mia natura; come vuole che possa dare un giudizio "completo" sopra un materiale scarso ed insufficiente? Delle poesie che ha avuto la bontà di mandarmi, la prima (Sensazione*) mi è sembrata deliziosa; meno - per diversi motivi - mi sono piaciute le altre. In tutte però, ed anche nei poemetti in prosa (genere che non è riuscito a nessuno, eccezione fatta per Baudelaire), ci sono momenti d'ispirazione, e non mancano pregi formali. Non si arrabbi con me perché le dico con franchezza la (mia) verità; veda invece in questo una prova della mia approvazione in massima; nel caso contrario o non le avrei risposto, o mi sarei tenuto di più sulle generali. L'impressione che ho riportato dai suoi componimenti è che lei ha certamente un diritto a scrivere, ed a scrivere versi; più di così non posso dirle, perché l'esperienza mi ha insegnato che se pochi sono quelli che promettono, quasi nessuno poi mantiene. Per resistere alla vita bisogna avere in noi stessi molto di molte cose, ed anche di disperato dolore.
Non mi rimane che da ringraziarla per il dono che ha voluto farmi. E per concludere con un'immagine (già so che i poeti le amano) le dirò che la prima delle sue poesie mi è stata come un ramoscello verde che mi fosse pervenuto nel pieno di un rigido inverno.

Affettuosi saluti
Saba

Lettera di Umberto Saba a Bino Antonione, pseudonimo adottato da Sandro Penna nell'inviare le sue prime poesie a Saba.


*Titolo di La vita... è ricordarsi di un risveglio

La vita... è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente

Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.

lunedì 10 novembre 2008

Piove

Piove. Il cielo trabocca di tempesta. Fiumi rigidi, ghiacci... Fiacca l'inverno: attizza il fuoco e mesci senza più misura vino di miele. Fascia le tempie d'una lana soffice.

Alceo
Traduzione di Filippo Maria Pontani


ὔει μὲν ὀ Ζεῦς͵ ἐκ δ΄ ὀράνω μέγας χείμων͵ πεπάγαισιν δ΄ ὐδάτων ῤόαι [...] κάββαλλε τὸν χείμων΄͵ ἐπὶ μὲν τίθεις πῦρ ἐν δὲ κέρναις οἶνον ἀφειδέως μέλιχρον͵ αὐτὰρ ἀμφὶ κόρσαι μόλθακον ἀμφι [...] γνόφαλλον.

domenica 9 novembre 2008

dormi dragostea mea

Nora Iuga legge Virgil Mazilescu (e niente la può turbare).



plînsul în oraş: mîini fricoase îşi schimbă într-ascuns culoarea - şi
încă o noapte izabela va fi a dreptăţii a nisipurilor (respiraţia
cavalerului printre cavaleri e cea mai galbenă).

şi spre dimineaţă la castel - dacă s-ar auzi cîntece: o cheie pe buze
oho şi pe trădare. dulce strigăt. sarea depusă la porţi. spera să se
joace mai frumos (cavalerul în depozite mari de sînge).

tu dormi dragostea mea. sînt singur am inventat poezia şi nu mai
am inimă.

Virgil Mazilescu

(Intravvedo solo pianto, città, colori, Isabella, respiro, cavaliere, giallo (come Gelb!), castello, dolce, sale, sperare, giocare, bello, grande deposito di sangue e, forse, "tu dormi amore mio. sono solo ho inventato la poesia e non ho più anima".)

sabato 8 novembre 2008

Il generale

Non mi piace un generale gigantesco, gambelarghe,
tutto fiero dei suoi ricci, glabro a forza di rasoi.
Io lo voglio piccoletto; gli si notino le gambe
storte, ma si regga in piedi saldamente, tutto cuore.

Archiloco
Traduzione di Filippo Maria Pontani

Οὐ φιλέω μέγαν στρατηγὸν οὐδὲ διαπεπλιγμένον
οὐδὲ βοστρύχοισι γαῦρον οὐδ᾽ ὑπεξυρημένον· ἀλλά μοι σμικρός τις εἴη καὶ περὶ κνήμας ἰδεῖνῥοικός, ἀσφαλεώς βεβηκὼς ποσσί, καρδίης πλέως.



Odissea, libro XVI, versi 190-212

Derek Bayley legge Omero nella traduzione di Robert Fagles.



Così dicendo baciò il figlio e per le guance
il pianto a terra scorreva: prima l'aveva frenato.
Telemaco - poiché ancora non credeva che fosse il padre -
gli disse di nuovo, rispondendo, parole:
"No, tu non sei Odisseo, non sei il padre mio, ma m'incanta
un nume perché io soffra e singhiozzi di più.
Mai un mortale poteva far questo
con la sua sola mente, a meno che un dio,
senza fatica, a sua voglia venisse a farlo giovane o vecchio;
tu poco fa eri un vecchio e malamente vestivi,
e ora somigli agli dèi che il cielo vasto possiedono".
E ricambiando disse l'accorto Odisseo:
"Telemaco, non va che tu, avendo qui il caro padre tornato,
lo guardi stordito, con troppo stupore.
Un altro Odisseo non potrà mai venire,
perché son io, proprio io, che dopo aver tanto errato e sofferto,
arrivo dopo vent'anni alla terra dei padri.
E questa è azione d'Atena, la Predatrice,
che mi fa come vuole, e può farlo,
a volte simile a un mendicante, altre volte
a un uomo giovane, con belle vesti sul corpo:
facile ai numi, che il cielo vasto possiedono,
fare splendido o miserabile un uomo mortale".

Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti

ὣς ἄρα φωνήσας υἱὸν κύσε, κὰδ δὲ παρειῶν

δάκρυον ἧκε χαμᾶζε· πάρος δ᾽ ἔχε νωλεμὲς αἰεί.

Τηλέμαχος δ᾽, οὐ γάρ πω ἐπείθετο ὃν πατέρ᾽ εἶναι,

ἐξαῦτίς μιν ἔπεσσιν ἀμειβόμενος προσέειπεν·

οὐ σύ γ᾽ Ὀδυσσεύς ἐσσι, πατὴρ ἐμός, ἀλλά με δαίμων

θέλγει, ὄφρ᾽ ἔτι μᾶλλον ὀδυρόμενος στεναχίζω.

οὐ γάρ πως ἂν θνητὸς ἀνὴρ τάδε μηχανόωιτο

ὧι αὐτοῦ γε νόωι, ὅτε μὴ θεὸς αὐτὸς ἐπελθὼν

ῥηϊδίως ἐθέλων θείη νέον ἠὲ γέροντα.

ἦ γάρ τοι νέον ἦσθα γέρων καὶ ἀεικέα ἕσσο·

νῦν δὲ θεοῖσιν ἔοικας, οἳ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχουσι.

τὸν δ᾽ ἀπαμειβόμενος προσέφη πολύμητις Ὀδυσσεύς·

Τηλέμαχ᾽, οὔ σε ἔοικε φίλον πατέρ ἔνδον ἐόντα

οὔτε τι θαυμάζειν περιώσιον οὔτ᾽ ἀγάασθαι·

οὐ μὲν γάρ τοι ἔτ᾽ ἄλλος ἐλεύσεται ἐνθάδ᾽ Ὀδυσσεύς,

ἀλλ᾽ ὅδ᾽ ἐγὼ τοιόσδε, παθὼν κακά, πολλὰ δ᾽ ἀληθείς,

ἤλυθον εἰκοστῶι ἔτεϊ ἐς πατρίδα γαῖαν.

αὐτάρ τοι τόδε ἔργον Ἀθηναίης ἀγελείης,

ἥ τέ με τοῖον ἔθηκεν, ὅπως ἐθέλει, δύναται γὰρ,

ἄλλοτε μὲν πτωχῶι ἐναλίγκιον, ἄλλοτε δ᾽ αὖτε

ἀνδρὶ νέωι καὶ καλὰ περὶ χροῒ εἵματ᾽ ἔχοντι.

ῥηΐδιον δὲ θεοῖσι, τοὶ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχουσιν,

ἠμὲν κυδῆναι θνητὸν βροτὸν ἠδὲ κακῶσαι.

Translitterazione (fatta da anglofoni).


mercoledì 5 novembre 2008

O’Higgins

A Obama

José Eduardo O'HIGGINS nació en la pequeña, aunque hermosa población
de Runten, provincia de Salvamorro, en el Paraguay Oriental.

Hijo de un minero y una telefonista, sus padres eran tan étnicamente
limpios que en Runten, provincia de Salvamorro, en el Paraguay Oriental,
les llamaban, cariñosamente, los puros.

Más de una vez su madre, en un alarde de loca picardía femenina, se había
lanzado a dar consejos, sobre higiene, a los vecinos y curiosos de Runten,
provincia de Salvamorro, en el Paraguay Oriental.

Su padre, Carlos María Pablo Swartz O'Higgins, era conocido en su
profesión como "el topo", por las siestas que se echaba en la mina,
cuando, amparado en la oscuridad de las galerías, apagaba la luz de
carburo, se tiznaba de carbón y fingía ser una piedra.

Murió cuando un minero le confundió con una veta de lignito y lo convirtió
en 27 sacos de carbón para barbacoa.

Su madre aceptó con resignación la pérdida de su marido y aprovechó la
ocasión para cambiar el papel del pasillo.

José Eduardo O'HIGGINS, vecino de Runten, provincia de Salvamorro, en el
Paraguay Oriental, era un alma grande y le llamaban el "Mahatma
paraguayo". Ya a los 7 años de edad dio a la caridad una bolsa de trozos
de soldaditos de plástico, diez chicles mascados y el sujetador de su
madre.

Del sujetador nunca más se supo pero, meses después, José Eduardo
O'HIGGINS, vecino de Runten, provincia de Salvamorro, en el Paraguay
Oriental, se hizo militar, después general, más tarde presidente, luego
dictador, poco después monarca y ahora emperador y santo patrono, hijo
predilecto de Runten, provincia de Salvamorro, en el jodido Paraguay
oriental.

Está a punto de convertirse en Dios, el dios más joven de Runten,
Paraguay.

Accidents Polipoétics

domenica 2 novembre 2008

Se qualcuno mi chiede

(e qualcuno me lo chiede) dove vado con me
risponderei di non saperlo. Ho avuto
fin nel ventre materno, con la gioia,
questa sicurezza in una vera,
assoluta, inconoscibile irrealtà.

Pier Paolo Pasolini

sabato 18 ottobre 2008

Könnten Sie es kürzer sagen?

Leute waren da,
Dinge geschahen,
Bewegungen wurden vollführt.

Es schmerzte.

Martin Auer


Sarebbe in grado di dirlo più brevemente?

C'era della gente,
Accaddero delle cose,
Si eseguirono dei movimenti.

Fece male.

domenica 5 ottobre 2008

Poesie di Virgilio Giotti dette da Claudio Grisancich




A casa di Giotti, di Claudio Sepin: link al video su youtube.


La casa

Mia casa, messa in alto
come un nido de usei,
co' le man mie e i mii oci
fata, nei ani bei

che i mii fioi cresseva
gavevo atorno, e bela
la mama: mia te son,
mia, come lori e ela.

Davero mi me sento
solo con ti, mia casa.
Co te torno, ogni volta
i mii oci i te basa.

Te torno come el sposo
che torna de la sposa,
che nel su' sol, via i cruzzi,
beato el se riposa.

Rivo suso, mia casa,
e 'pena che son drento
strachezza e mal de gambe
i sparissi. Me sento

de colpo calai i ani
e san. Franco sui pìe
me movo; e giro, e vardo
le care robe mie;

le carezzo, le indrizzo,
che ogni toco sia bel;
vardo fora el mio monte,
vardo par aria el ziel.

Ch'el par tanto vizin
Fora sul pergoleto,
tacado, "casa alta",
ai orli del tu' teto.

Quel ziel, che vien zo in ogi
no' saete: de pezo.
Ma mi, anca se tremo,
resto l'istesso in mezo

de la mia casa, pronto
de andar 'basso con ela.
E sarìa par mi,
forsi, la morte bela.

Mia casa, ma te son
Ti pròpio vera po'?
Mia casa squasi vera!
Un sogno che me go

trovà drento putel
te son. Ma vera, sì,
pal mio cuor, pai mii oci,
che i te vedi cussì.

Fermo 'sto cuor, seradi
'sti do oci, e anca ti,
mia, mia casa bela,
te gavarà finì.

Virgilio Giotti

mercoledì 24 settembre 2008

Paragoni

Gli ITALIANI agiscono cattolicamente, ma sono scaltri
e hanno un comportamento troppo chiassoso
Gli ZINGARI rubano la biancheria e i bambini piccoli
e fanno fatture a nonne, galline e manzi.
Gli EBREI dominano - molto segretamente - il mondo intero
e ci fregano l'onesto denaro.
I TURCHI puzzano di montone e sono mangiaaglio
e nelle liti usano coltelli affilati.
I NERI sono pigri e vivono alla giornata,
e il loro cervello è tremendamente piccolo.
Come siamo noi TEDESCHI, bisognerebbe chiederlo agli ITALIANI
agli ZINGARI
agli EBREI
ai TURCHI
e ai NERI,
ma questi sono troppo gentili per dirci l'amara verità.

Christine Nöstlinger


Vergleiche

Die ITALIENER tun katholisch, sind aber verschlagen
und haben ein viel zu lautes Betragen.
Die ZIGEUNER stehlen die Wäsche und die kleinen Kinder
und verhexen Omas, Hühner und Rinder.
Die JUDEN herrschen - sehr geheim - über die ganze Welt
und bescheißern uns ums redliche Geld.
Die TÜRKEN stinken nach Hammel und sind Knoblauchfresser
und benutzen beim Streit scharfe Messer.
Die SCHWARZEN sind faul und leben bloß in den Tag hinein,
und ihr Gehirn ist schrecklich klein.
Wie wir DEUTSCHE so sind, müßte man die ITALIENER
die ZIGEUNER
die JUDEN
die TÜRKEN
und die SCHWARZEN
fragen,
aber die sind zu höflich, um uns die bittere Wahrheit zu sagen.

domenica 29 giugno 2008

20 miglia in un elenco

Ville di campagna cosiddette "vittoriane" con un portico su cui sventola una bandiera o una coccardona americana, circondate da alberi secolari e giardini con prato all'inglese, l'erba a coprire ogni pollice quadrato, fino al ciglio della strada (tanto il marciapiede non c'è), là dove vigila la cassetta della posta semicilindrica d'ordinanza, meglio se dotata di bandierina americana, ancora meglio se più di una, in tal caso rette da apposito sostegno multiasta;
strada in mezzo al bosco, a tornanti, con limiti di velocità, a seconda della presenza o meno di case, scuole e chiese, da 30 a 35 a 40 miglia;
scoiattolo che attraversa la strada;
jogger bianco, sudatissimo e tiratissimo;
cadavere di scoiattolo sull'asfalto;
parcone pubblico, con bandierone americano svettante al centro del parcheggione davanti all'ingresso;
jogger bianca, mediamente sudata e tiratissima, pantaloncino con scritto "Irish" sul sedere;
strada statale con limite di velocità di 55 miglia;
complessi di case medio-borghesi lungo percorsi più o meno circolari, che si diramano a partire dalla statale, con limite da 15 a 25 miglia a seconda della larghezza, provvisti di marciapiede privo di passanti, piccolo prato prospiciente ciascuna casa, interrotto dal vialetto di ingresso che conduce al garage e da quello, più stretto, che conduce alla porta di ingresso, qualche alberello, una serie di servizi comuni, dal punto di raccolta della spazzatura, all'aspiratutto per le auto, alla piscina, al campo da tennis, alla sauna e alla palestra;
ristrada statale;
donna bianca ad una fermata d'autobus, seduta per terra, rivista in mano;
uomo di colore ad una successiva fermata d'autobus, in piedi, mani in tasca, cuffie in testa;
complesso di negozi anonimi, catene di bar e ristoranti, concessionari di auto, riuniti attorno ad una corte il cui fulcro è un distributore di benzina;
auto di tutte le marche, nazionali e non, guidate con prudenza, finestrini chiusi;
incrocio con altra statale, in mezzo al quale un uomo di colore regge un cartello enorme che pubblicizza la svendita di lenzuola e tovaglie causa cessata attività;
complesso di negozi anonimi, catene di bar e ristoranti, concessionari di auto, riuniti attorno ad una corte il cui fulcro è una banca aperta 7 giorni alla settimana;
case di periferia uni- o bifamiliari strette (tipo 3-4 m x 8-10 m) a schiera, con finestre a veranda, di mattoni marrone scuro o prefabbricate e dipinte un tempo ma non ridipinte più, di tre tipi: o quasi dignitose, con un portico in comune e scale d'accesso indipendenti per ogni famiglia, o povere, cadenti e abitate, o povere, cadenti e abbandonate;
tram lento;
erbacce alte;
bambina su un triciclo, immobile, in un portico dietro ad una ringhiera;
fermate del tram, solo gente di colore in sua attesa;
auto che oltrepassa il limite di velocità, finestrino aperto, autoradio accesa, braccio steso fuori, in mano una sigaretta;
bambini di colore che fermano gli automobilisti in una strada laterale per mostrare loro dei cartelli, piazzandoli con decisione davanti al parabrezza;
a interrompere le schiere delle case, chiese battiste, metodiste, haitiane, centri musulmani ecc. ecc. e piccoli negozi, di due tipi: poveri e aperti in orari fantasiosi, poveri e abbandonati;
murales con gli eroi del quartiere, tutti neri;
autobus e fermate con la stessa gente in attesa;
gruppi di adolescenti di colore seduti su pile di pneumatici davanti ad una casa;
cintura verde, ville medie per la media borghesia, senza personalità;
fiume tra due rive ingombre di svincoli, con marciapiedi che si interrompono per lavori in mezzo al nulla;
fermate d'autobus, nessun autobus, nessuno in attesa;
murales dedicati alle donne artiste;
condomini piccoli, tutti della stessa altezza, nessuno spazio tra l'uno e l'altro, per la piccola borghesia, piccole zone verdi negli slarghi, piccoli monumenti al loro centro;
festa di strada, annunciata da un piccolo striscione colorato appeso ad un cavalletto con su scritto "fiesta";
scalinata di museo che turisti percorrono di corsa per terminare, braccia levate al cielo e sgambettanti, sul piazzale davanti alla facciata del museo e farsi immortalare così da un amico dotato di macchina fotografica, rimasto ai piedi o a metà della scalinata;
gruppi di turisti in coda a lato della scalinata, in attesa di una fotografia ai piedi della statua a braccia al cielo di quello che per primo si è mostrato al mondo correndo su per quei gradini;
museo, interno (omissis);
prato, ragazzi che giocano a calcio, gente in macchina sotto il sole con le quattro porte aperte, magliette appese a panchine, gente seduta su panchine all'ombra;
persone che assistono ad una gara di sollevamento pesi, con i pesi di diverse forme ed un percorso da completare;
viale pieno di bandiere di tutto il mondo, sotto ad ogni bandiera il nome del paese, in inglese e nella lingua del paese;
rete di strade cittadine, a reticolo perpendicolare;
slargo, rotatoria, fontana al centro;
qualche albero qua e là;
la chiesa più grande della città;
piccola aiuola, due merli dalle piume lucidissime, tre piccioni;
strada con edifici del terziario, bandiere americane cittadine, con aquila, che ricordano il 4 luglio;
grattacielo, parcheggio, banca, grattacielo, parcheggio, banca, assicurazione;
banca nella nicchia inferiore della B della cui insegna pigola un uccellino;
ristoranti, incroci, getti di aria calda dai negozi;
libreria, interno (omissis);
auto, taxi;
autobus e fermate con la solita gente in loro attesa;
mercato coperto, interno (omissis);
Chinatown;
musei, chiese, palazzi;
condomini residenziali di città, lampioni rossi, negozi e ristoranti in edifici ricoperti da murales;
passerella pedonale;
altro fiume, più grande.

mercoledì 4 giugno 2008

Im Kaffeehaus

Im Kaffeehaus
beschreibst du mir
deine Vorstellungen
von der Liebe.
Das Wichtigste
sei die Aufrichtigkeit
und die Treue.
Ich bin bereit
deine Vorstellungen
ganz und gar
zu übernehmen
wenn nur dein Knie
nie aufhört
das meine
zu berühren.

Peter Turrini

Nel caffè
mi descrivi
la tua idea
dell'amore.
Le cose più importanti
sarebbero la sincerità
e la fedeltà.
Sarei dispostissimo
a fare mia
la tua idea
se solo il tuo ginocchio
non smettesse mai
di toccare
il mio.

lunedì 28 aprile 2008

Le ballatelle Italo-Abissine

I

In cravatta bianca, in frac,
alla sera i crocchi chic
tra le chicchere e i pic-nic
e gli alchermes e i cognac,
con gran pose alla Van-Dyck,
ascoltando Grieg o Bach,
in cravatta bianca o in frac,
alla sera i crocchi chic,
se la ridon dei Degiàc
e dei Ras di Menelik;
ma l'Italia che fé cric,
jeri, in breve farà crac...
in cravatta bianca e in frac.

II

Pur noi in barba agli Abbacùc,
che impinguati di beefsteaks,
dietro un fumo di giubèk,
profetizzano il zurùch,
da quei negri del cibùc,
Roma avrà il salamelèc,
sempre in barba agli Abbacùc
impinguati di beefsteaks;
e col comodo di Cook,
o di Chiari, e d'uno chèque,
ce n'andremo fin là in break
a sonarci Grieg o Gluk,
sempre in barba agli Abbacùc.

Ernesto Ragazzoni

mercoledì 16 aprile 2008

Saba

Berretto pipa bastone, gli spenti
oggetti di un ricordo.
Ma io li vidi animati indosso a uno
ramingo in un'Italia di macerie e di polvere.
Sempre di sé parlava ma come lui nessuno
ho conosciuto che di sé parlando
e ad altri vita chiedendo nel parlare
altrettanta e tanta più ne desse
a chi stava ad ascoltarlo.
E un giorno, un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all'altra
dall'uno all'altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
"Porca - vociferando - porca". Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all'Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito.

Vittorio Sereni

Opicina 1947

Risalii quest'estate ad Opicina.
Era con me un ragazzo comunista.
Tito sui muri s'iscriveva, in vista,
sotto, della mia bianca cittadina.

Nell'ora dei ricordi vespertina
sedemmo all'osteria, che ancor m'attrista,
oggi, se penso quella camerista
che ci servì con volto d'assassina.

Due vecchie ebree, testarde villeggianti,
io, quel ragazzo, parlavamo ancora
lassù italiano, tra i sassi e l'abete.

"Dopo il nero fascista il nero prete;
questa è l'Italia, e lo sai. Perché allora -
diceva il mio compagno - aver rimpianti?"

Umberto Saba
Epigrafe, 1947-1948

giovedì 20 marzo 2008

Viaggio

Poi, alla fine,
mi metto in moto
nonostante
la tentazione di restare
nelle zone più vicine
in vista del mio noto.
Ma, in compenso, parto
solo per tornare.
Non so neanch'io
cos'è che vale
e mi convince,
quale pensiero...
un'intuizione certa
un sesto senso
che mi spinge,
la coscienza fulminante
di una scoperta
paradossale,
che bisogna perdersi
per potersi davvero
ritrovare.

Paolo Ruffilli

Voyages

Le voyage commence avant, bien avant les voyages, dans une maison
grande comme une boîte d’allumettes, avec des odeurs de sel, d’immortelles,
le carrelage brisé devant la cheminée. Rumeur au creux des coquillages.
Armurier de marine, mon grand-père habitait à côté.
J’entends le bruit d’un pas la nuit: le mien. Je me lève attiré par la tiédeur du
terrain sableux où je creuse un tunnel pour ressortir à l’autre bout du monde.
Là nous irons la tête en bas! La nuit est pleine d’étoiles. La mer monte. La
lune éclaire mes travaux. Ainsi, pendant des jours, je fouillai un sable de
plus en plus humide et de plus en plus pur jusqu’à tomber sur une nappe
d’eau, saumâtre, grise.
Il me fallut chercher plus tard une autre voie. Plusieurs pistes s’offraient en
étoile : pirate ou pèlerin? Pirate des livres dont les pages reçoivent le vent
comme des voiles? Ou pèlerin d’encore, du plus lointain et du plus bleu?

Pierre Lartigue


Viaggi

Il viaggio comincia prima, ben prima dei viaggi, in una casa
grande come una scatola di fiammiferi, con odori di sale, di fiori artificiali,
le piastrelle rotte davanti al camino. Rumore nelle cavità delle conchiglie.
Armaiolo di marina, mio nonno abitava alla porta accanto.
Sentivo il rumore di un passo, la notte: il mio. Mi alzo attirato dal tepore del
terreno sabbioso dove scavo un tunnel per uscire all'altro capo del mondo.
Ci andremo con la testa in giù! La notte è piena di stelle. Il mare sale. La
luna illumina i miei lavori. Così, per giorni, scavavo una sabbia
sempre più umida e sempre di più fino a cadere su una falda
d'acqua, salmastra, grigia.
Dovevo cercare più tardi un'altra via. Diverse piste si offrivano a
stella: pirata o pellegrino? Pirata dei libri le cui pagine ricevono il vento
come delle vele? O pellegrino d'ancora, del più lontano e del più blu?

mercoledì 19 marzo 2008

Kosmopolit

Von meiner weitesten Reise zurück, anderntags
Wird mir klar, ich verstehe vom Reisen nichts.
Im Flugzeug eingesperrt, stundenlang unbeweglich,
Unter mir Wolken, die aussehn wie Wüsten,
Wüsten, die aussehn wie Meere, und Meere,
Den Schneewehen gleich, durch die man streift
Beim Erwachen aus der Narkose, sehe ich ein,
Was es heißt, über die Längengrade zu irren.

Dem Körper ist Zeit gestohlen, den Augen Ruhe.
Das genaue Wort verliert seinen Ort. Der Schwindel
Fliegt auf mit dem Tausch von Jenseits und Hier
In verschiedenen Religionen, mehreren Sprachen.
Überall sind die Rollfelder gleich grau und gleich
Hell die Krankenzimmer. Dort im Transitraum,
Wo Leerzeit umsonst bei Bewußtsein hält,
Wird ein Sprichwort wahr aus den Bars von Atlantis.

Reisen ist ein Vorgeschmack auf die Hölle.

Durs Grünbein


Cosmopolita

Di ritorno dal mio viaggio più lontano, il giorno dopo
mi è chiaro che non capisco nulla di viaggi.
Imprigionato nell'aereo, fermo per ore,
sotto di me nuvole che assomigliano a deserti,
deserti che assomigliano a mari e mari
uguali a cumuli di neve per i quali si girovaga
al risveglio dalla narcosi, capisco
cosa significa errare lungo i gradi di longitudine.

Al corpo è rubato il tempo, agli occhi la calma.
La parola precisa perde il suo posto. Le vertigini
si levano in volo con lo scambio tra al di là e qui.
In diverse religioni, più lingue.
Ovunque le piste sono ugualmente grigie e ugualmente
chiara è la camera d'ospedale. Là, nello spazio di transito,
dove il tempo vuoto ci mantiene invano coscienti,
un proverbio diventa vero dai bar di Atlantide.

Viaggiare è un assaggio di inferno.

domenica 9 marzo 2008

Geometria euclidea - 3

Triangle équilatéral

Je suis allé trop loin
Avec mon souci d'ordre.

Rien ne peut plus venir.

Guillevic


Triangolo equilatero

Sono andato troppo lontano
Con il mio cruccio d'ordine.

Niente può più venire.

domenica 2 marzo 2008

Geometria euclidea - 2

Triangle isocèle

J'ai reussi à mettre
Un peu d'ordre en moi-même.

J'ai tendence à me plaire.

Guillevic



Triangolo isoscele

Sono riuscito a mettere
Un po' d'ordine in me stesso.

Ho tendenza a piacermi.

sabato 1 marzo 2008

Geometria euclidea - 1

Point

Je ne suis que le fruit peut-être
De deux lignes qui se rencontrent.

Je n'ai rien.

On dit: partir du point,
Y arriver.

Je n'en sai rien.

Mais qui
M'effacera?

Guillevic


Punto

Sono solo il frutto forse
Di due linee che si incontrano.

Non ho niente.

Diciamo: partire dal punto,
Arrivarci.

Non ne so nulla.

Ma chi
Mi cancellerà?

sabato 23 febbraio 2008

Libertà

Ausschnitt aus Requiem. Für eine Freundin

Denn das ist Schuld, wenn irgendeines Schuld ist:
die Freiheit eines Lieben nicht vermehren
um alle Freiheit, die man in sich aufbringt.
Wir haben, wo wir lieben, ja nur dies:
einander lassen; denn daß wir uns halten,
das fällt uns leicht und ist nicht erst zu lernen.

Rainer Maria Rilke

Perché, se c'è una colpa, è questa:
non accrescere la libertà di una persona amata
fino a darle tutta la libertà che matura in se stessi.
Quando amiamo, abbiamo in effetti solo questo:
lasciarci l'un l'altro; perché trattenerci
ci viene facile e connaturato.

lunedì 11 febbraio 2008

Bei meiner Geburt

Bei meiner Geburt
war ich krank.
Der Arzt sagte, ich hätte
nur noch 73 Jahre zu leben,
plus oder minus ein paar.
Ich habe die Diagnose
sehr ernst genommen
und mich gleich erkundigt
nach einem Platz im Hospiz für
Sterbebegleitung,
und ich muss sagen, man behandelt mich
hier sehr aufmerksam.

Martin Auer

Alla mia nascita
ero malato.
Il medico disse che avevo
ancora solo 73 anni da vivere,
anno più anno meno.
Ho preso la diagnosi
molto sul serio
e mi sono subito informato
per un posto nell'ospizio per
l'assistenza ai malati terminali,
e devo dire che qui mi si tratta
con estrema attenzione.

Zufall

Wenn statt mir jemand anderer
auf die Welt gekommen wär'.
Vielleicht meine Schwester
oder mein Bruder
oder irgendein fremdes blödes Luder -
wie wär' die Welt dann,
ohne mich?
Und wo wäre denn dann ich?
Und würd' mich irgendwer vermissen?
Es tät ja keiner von mir wissen.
Statt mir wäre hier ein ganz anderes Kind,
würde bei meinen Eltern leben
und hätte mein ganzes Spielzeug im Spind.
Ja, sie hätten ihm sogar
meinen Namen gegeben!

Martin Auer

Caso

Se al posto mio fosse venuto
al mondo qualcun altro.
Forse mia sorella
o mio fratello
o qualche ignota stronzetta -
come sarebbe allora il mondo,
senza di me?
E dove sarei io allora?
E mancherei a qualcuno?
Davvero nessuno saprebbe di me.
Al posto mio ci sarebbe qui un figlio completamente diverso,
vivrebbe dai miei genitori
e avrebbe tutti i miei giocattoli nell'armadietto.
Sì, gli avrebbero perfino
dato il mio nome!

Martin Auer è nato nel 1951 a Vienna. Tra l'altro, ha scritto un libro per bambini pubblicato nel 1986 e ha preparato (gratis) la rivoluzione mondiale.

venerdì 11 gennaio 2008

Nenni

Era il pieno dell'estate, quell'estate
dell'anno bisestile, così triste
per la nazione in cui sopravviviamo.
Un governo fascista era caduto, e dappertutto
c'era, se non quell'aria nuova, quella nuova
luce che colorò genti, città, campagne,
il venticinque Luglio - una sia pur incerta
luce, che dava al cuore un'allegrezza
eccezionale, il senso d'una festa.
E io come il "naufrago che guata" (scrivo
a un uomo che certo mi concede il cedere
a delle citazioni antidannunziane...)
felice d'aver salvato la pelle - bisestile
doppiamente per me, è stato l'anno -
ho avuto, per un attimo, dentro, il senso
d'un "poema a Fanfani": e non soltanto
per solidale antifascismo e gratitudine,
ma per un contributo, anche se ideale,
di letterato: un "appoggio morale", com'è
uso dire. Fu l'idea di un mattino
bruciato dal sole di quell'estate
che qualcuno aveva maledetto, e il cui biancore
faceva, dell'Italia ricca - che ronzava
in lidi popolari e in grandi alberghi,
nelle strade delle Olimpiadi incombenti -
l'imitazione d'una civiltà sepolta.

E poi, ero ridotto a una sola ferita:
se ancora ero in grado di esistere,
lo dovevo a una forza prenatale, ai nonni
o paterni o materni, non so, a una natura
radicata ormai in un'altra società.
Eppure, in quel mio slancio, mezzo
pazzo e mezzo troppo razionale,
c'era una necessità reale: lo vedo
meglio ora, che la collaborazione
è un problema politico: e Lei lo pone.
Dal quarantotto siamo all'opposizione:
dodici anni di una vita: da Lei
tutta dedicata a questa lotta - da me,
in gran parte, seppure in privato
(quanti interni terrori, quante furie).
Con che amore io vedo Lei, acerbo,
gli occhiali e il basco d'intellettuale,
e quella faccia casalinga e romagnola,
in fotografie, che, a volerle allineare,
farebbero la più vera storia d'Italia, la sola.
Io ero ancora in fasce, e poi bambino,
e poi adolescente antifascista per estetica
rivolta... Timidamente La seguivo
d'una generazione: e L'ho vista trionfare
con Parri, con Togliatti, nei grandiosi,
dolenti, picareschi giorni del Dopoguerra.
Poi è ricominciata: e questa volta
abbiamo, sia pur lontani, ricominciato insieme.
Dodici anni è, in fondo, tutta la mia vita.
Io mi chiedo: è possibile passare una vita
sempre a negare, sempre a lottare, sempre
fuori dalla nazione, che vive, intanto,
ed esclude da sé, dalle feste, dalle tregue,
dalle stagioni, chi le si pone contro?
Essere cittadini, ma non cittadini,
essere presenti ma non presenti, essere
furenti in ogni lieta occasione,
essere testimoni solamente del male,
essere nemici dei vicini, essere odiati
d'odio da chi odiamo per amore,
essere in un continuo, ossessionato esilio
pur vivendo in cuore alla nazione?

E poi, se noi non lottiamo per noi,
ma per la vita di milioni di uomini,
possiamo assistere impotenti a una fatale
inattuazione, al dilagare tra loro
della corruzione, dell'omissione, del cinismo?
Per voler veder sparire questo stato
di metastorica ingiustizia, assisteremo
al suo riassestarsi sotto i nostri occhi?
Se non possiamo realizzare tutto, non sarà
giusto accontentarsi a realizzare poco?
La lotta senza vittoria inaridisce.

(Una lettera, di solito, ha uno scopo.
Questa che io Le scrivo non ne ha.
Chiude con tre interrogativi ed una clausola.
Ma se fosse qui confermata la necessità
di qualche ambiguità della Sua lotta,
la sua complicazione ed il suo rischio,
sarei contento di avergliela scritta.
Senza ombre la vittoria non dà luce).

Pier Paolo Pasolini, 1960
Bestemmia, Poesie disperse I

domenica 6 gennaio 2008

De Africa

Vi dirò dunque dell'Affrica,
la qual Affrica è il paese
dove sta il senegalese,
l'ottentotto ed il niam-niam;
ed ha un clima cosí torrido
che, pel sole e i gran calori,
tutti i neri sono mori
ed in piú, figli di Càm.

Gli abitanti – detti indigeni –
cosí in uggia han panni e gonne
che, sí uomini che donne,
vanno nudi, o giú di lí;
ed han gusti cosí semplici
che, talor, se è necessario,
mangian anche il missionario
che li accolse e convertí.

Pur ve n'ebbero, di celebri
affricani, e di cartello:
Amonasro, il moro Otello,
la regina Taïtú,
e fra tutti memorabile
quel Scipione l'Affricano
cosí detto, perché un sano,
vero e buon romano fu.

Fattispecie di triangolo
con la punta volta in basso,
mezzo arena e mezzo sasso
e padul l'altra metà
(tre metà?), caos di polvere
con dentro iridi di fiori,
tale è l'Affrica, o signori,
nella sua complessità.

L'Ibi, il tropico del Canchero
l'equatore, l'Amba rasa
sono là come di casa,
con il ghibli, il Congo, Assab;
col cammello, con il dattero
e la tanto celebrata
adamonia digitata,
che sarebbe il baobab.

Sono là. E là – tartufolo
minerale – c'è il diamante,
c'è la pulce penetrante,
e la ria mosca tsè-tsè.
Ed è là che a volte càpita
di veder, tra arbusto e arbusto,
quel pulcino d'alto fusto
che lo struzzo è detto... ed è.

Ma la cosa che c'è in Affrica
e piú merita attenzione
è il terribile leone,
ruggibondo e divorier.
Non è ver che di proposito
sia malevolo e cattivo,
ha un carattere un po' vivo,
e va in bestia volentier.

Ed allora, Dio ne liberi
incontrarlo per la strada!
Se per lí non ci si bada
si finisce entro il leon.
Affamato, quei vi stritola
vi trangugia a larghe falde
poi, tra ciuffi d'erbe calde,
digerito vi depon.

Sono cose che succedono.
Ma l'ardito cacciatore
col fucil vendicatore
spaccia il mostro – e come no! –
Urli, spari, capitomboli!
Crolla il re della foresta.
Alla sera... Allah! gran festa
di tam-tam e di falò.

Viva l'Affrica ed il semplice
suo figliolo, l'affricano.
Non ancora buon cristiano
veramente come va;
un po' lesto di mandibola,
un po' lento nel lavarsi,
coi capelli crespi ed arsi,
... ma... speriamo... si farà.

Già, pel bianco nostro merito
ei, selvaggio ebano ignavo
si piegò, percosso e schiavo,
nella pelle del zio Tom,
ed – onore per lui inclito –
importato or ora in Francia
s'ebbe a far bucar la pancia
sulla Marna e sulla Sòm.

Benvenuto dal tuo Senegal,
fratel nero, e dal Sahara;
dalla tua contrada avara
benvenuto a crepar qui.
Vien! L'Europa qui ti prodiga
(giú la barbara zagaglia!)
la civile sua mitraglia
che già tanto suol nutrí!

Ti vogliamo eroe... Rallegrati.
Pur, se mai, ti si dà il caso
che tu porti fuori il naso
da quest'orgia, o almeno un piè,
quando torni ai tuoi, ricòrdati:
(quando là sarai tranquillo)
– Tante cose al coccodrillo,
per mio conto, e al cimpanzè!

Ernesto Ragazzoni

Biancotti racconta: "Talvolta in un cerchio d'amici [...] si levava una voce: "Ragazzoni, l'Affrica..." Ed egli sorridendo ironico e bonario incominciava:"Vi dirò dunque dell'Affrica...""

giovedì 3 gennaio 2008

Elegia del verme solitario

Solo è Allah nel Paradiso
del Profeta Makometto
solo è il naso in mezzo al viso
solo è il celibe nel letto,
ma nessun, da Polo a Polo,
come me sul globo è solo,
né mai fu, per quanto germe
ebbe luna dal lunario,
perch’io solo sono il verme
lungo verme
cupo verme
cieco verme
bieco verme
triste verme
solitario.

Solitario sulla vetta
della torre antica è il passero
solitario. È la vedetta
solitaria in cima al cassero,
solitario è il soldo, o duolo,
del tapin ch’à un soldo solo,
solo andava il cieco inerme
e ben noto Belisario,
ma il piú sol di tutti è il verme
lungo verme
cupo verme
cieco verme
bieco verme
triste verme
solitario.

Tutte l’altre creature
hanno moglie od hanno figli:
i canguri han le cangure
i conigli han le coniglie,
l’api accoppiansi nell’aria
e perfin la dromedaria
tra le sabbie nude ed erme
ha il fedele dromedario.
Il piú sol di tutti è il verme
lungo verme
cupo verme
cieco verme
bieco verme
triste verme
solitario.

Una vaga fantasia
alle volte pur mi coglie,
la mia mente vola via
e m’immagino aver moglie,
mi par d’essere, o cuccagna,
un bel nastro, una lasagna…
non piú fitto in membra inferme
nel mio vil penitenziario
e non piú essere un verme
lungo verme
cupo verme
cieco verme
bieco verme
triste verme
solitario.

Nastro a volte mi figuro
annodarmi intorno a un collo
di fanciulla esile e puro.
In intingoli di pollo
altre volte invece parmi
da lasagna intingolarmi.
Il mio cor si tuffa in terme
di speranza… ed al contrario
resto sempre il verme, il verme
lungo verme
cupo verme
cieco verme
bieco verme
triste verme
solitario.

Pure il giorno verrà, il giorno
che uscirò fuori a vedere
come è fatto il mondo intorno
miserere, miserere,
finirò la vita trista
nel boccal d’un farmacista
pieno d’alcool ed ermeticamente funerario,
perché io non son che il verme
lungo…
cupo…
cieco…
bieco…
triste verme solitario.

Ernesto Ragazzoni