Io non ho qui né il tempo, né l'ingegno per dimostrare come la storia della filosofia italiana è continuata nella storia della filosofia germanica. Ognuno che conosce la filosofia del secolo decimosesto in Italia e il progresso del pensiero speculativo in Germania, e voglia giudicare liberamente e senza passione, vedrà se dico il vero. Io non fo qui che additare la via e affermo sinceramente e senza timore, che finché noi ci ostineremo, per qualunque cagione, nell'attuale maniera di filosofare, metà scozzese, metà francese, ora leggermente kantiana, ora strettamente legata ad una forma particolare di religione, o vogliamo ripigliare la nostra tradizione dal punto che fu rotta nella nostra patria, ripudiando tutto ciò che si manifesta come continuazione di essa in altra terra, la scienza non varrà per noi più che una esercitazione logica ed oziosa dell'intendimento, o un interesse di un partito, non già come una immagine fedele della verità concreta e reale.
Bertrando Spaventa, Unificazione nazionale ed egemonia culturale, Laterza, 1969
Questo estratto è stato caparbiamente cercato in seguito ad uno spunto offerto dall'ultimo libro di Ermanno Rea, La fabbrica dell'obbedienza, cit., e carpito lentamente, a piccole porzioni, a colpi di ripetuti copia-e-incolla di mozziconi di frasi, dalle fauci delle anteprime di Google Books. Se ne abbia la dovuta considerazione, se non per il suo contenuto, almeno per le modalità con cui è stato ottenuto.
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