Einmal sagte der in Japan lebende amerikanische Autor Ivan Levi zu mir, die japanische Gesellschaft sei Nicht-Japanern verschlossen, auch die japanische Kultur sei nicht offen. Das einzig Offene in Japan sei die Sprache, jeder dürfe sie schreiben. Seine Worte waren ein heftiger Tabu-Bruch für die meisten Japaner, die gerade durch die Unantastbarkeit der heiligen Muttersprache ihre nationale Identität sichern wollen.
In Deutschland würden die meisten Menschen nicht behaupten, daß die deutsche Sprache von anderen nicht angetastet werden darf. Aber indirekt geben sie einem immer wieder zu verstehen, daß die Sprache ein Besitztum sein muß. Sie sagen zum Beispiel, daß man eine Fremdsprache nie so gut beherrschen könne wie die Muttersprache. Man bemerkt sofort, daß das Wichtigste für sie die Beherrschung ist. Meiner Meinung nach ist es überflüssig, eine Sprache zu beherrschen. Entweder hat man eine Beziehung zu ihr oder man hat keine.
Andere sagen, nur in der Muttersprache könne man authentisch seine Gefühle ausdrücken, in einer Fremdsprache lüge man unwillkürlich. Sie fühlen sich bei ihrer Suche nach dem authentischen Gefühl gestört, wenn sie ihre Sprache auf fremden Zungen sehen.
Es gibt auch Menschen, die behaupten, in einer Fremdsprache ist die Kindheit abwesend.
Aber ich fand nirgendwo so viel Kindheit wie in der deutschen Sprache. Schmatzen, schnaufen, schluchzen, schlürfen: viele deutsche Wörter klingen wie Onomatopoesie. Für die Neugeborenen klingt vielleicht jede Sprache so wie Deutsch für mich.
Yōko Tawada, Überseezungen, konkursbuchverlag, Tübingen 2002
Una volta l'autore americano residente in Giappone Ivan Levi mi disse che la società giapponese è chiusa ai non giapponesi e che anche la cultura giapponese non è aperta. L'unica cosa aperta in Giappone - sosteneva - era la lingua: tutti possono scriverla. Le sue parole erano una violenta rottura di un tabù per la maggioranza dei giapponesi, che proprio attraverso l'inviolabilità della sacra lingua materna vogliono preservare la propria identità nazionale.
In Germania la maggior parte delle persone non sosterrebbe che la lingua tedesca non possa essere violata dagli altri, ma indirettamente continua a dare ad intendere che la lingua debba essere una proprietà. Dicono ad esempio che non si possa essere padroni di una lingua straniera. Si nota subito che la cosa più importante per loro è la padronanza. A mio parere è superfluo essere padroni di una lingua. O si ha una relazione con essa o non se ne ha nessuna.
Altri dicono che solo nella lingua materna si possano esprimere autenticamente i propri sentimenti, e che in una lingua straniera involontariamente si menta. Si sentono infastiditi, nella ricerca del sentimento autentico, quando vedono la loro lingua su lingue straniere.
Ci sono anche persone che sostengono che in una lingua straniera sarebbe assente l'infanzia.
Ma io non ho trovato da nessuna parte altrettanta infanzia come nella lingua tedesca. Schioccare un bacio, sbuffare, singhiozzare, sorbire: molte parole tedesche suonano come onomatopee. Nelle orecchie dei neonati forse ogni lingua suona come il tedesco nelle mie.
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