C'è un gran vantaggio nell'esprimermi in italiano, oltre al piacere di farlo: posso scrivere di cose fronsesi in modo relativamente defilato. È paradossale, vista la comune origine delle due lingue e la loro prossimità sintattico-terminologica, ma è così. In effetti, oltralpe di qua (ché anche qua si dice oltralpe, ma per indicare l'Italia) ci si tende a stupire della prossimità dell'italiano al francese e la prospettiva inversa è lungi dall'essere contemplata: per forza di gravità, le parole cadono naturalmente da nord a sud ed il contrario contravverrebbe alle leggi della gravitazione universale.
- Ah tiens ! Bizarre, en effet c'est proche du français.
I francesi che ho avuto modo di incontrare, checché se ne dica, sono stati pazienti nel sopportare le mie fasi iniziali di balbettamenti nella loro lingua e spesso si sono dati da fare per spiegarmi le parole difficili in termini semplici:
- Anémomètre. A-NE-MO-ME-TRE: tu comprends ? L'appareil pour mesurer le vent.
- Oui, merci, je comprends.
trascurando, ma in totale buona fede, davvero, il piccolo particolare che le parole difficili possano non essere francesi e trovarsi, più o meno tal quali, anche altrove e che uno straniero, all'inizio, avrebbe piuttosto bisogno di aiuto per comprendere le parole quotidiane:
- sitüadübulòàfèrt'enchiètpàživèmuàmêmatùt!
(sehaidellavorodafarenonpreoccuparticivadoioadopo!)
Leggo, anche in fatto di Francia, anche in fatto di storia di Francia, in modo molto disordinato. Da un bel po' consulto qua e là testi di storia alla ricerca di un'opera che mi consenta di avere uno sguardo d'insieme, organico e storiograficamente serio: ce ne sono molti, ma quelli seri sembrano essere tutti composti da parecchi volumi, il che mi ha finora indotto a posporre il momento in cui vi metterò mano e non mi ha distolto per niente dal procedere consueto, per piccoli passi, casualmente - un'abitudine che di per sé ovviamente non ho alcuna intenzione di interrompere. La ricerca non è solo dettata dal desiderio di colmare molte lacune, ma si accompagna anche alla curiosità di scoprire da dove vengano alcune delle loro convinzioni più radicate, dove affondino le radici di alcuni dei loro modelli di pensiero e di espressione. Tutti ne abbiamo, di convinzioni nazionali o generalizzate, più o meno fondate. Quelle collettive - trovo - sono degli indici piuttosto interessanti, rivelatori del modo in cui il potere, nel tempo, ha forgiato o per lo meno influenzato i propri cittadini. E se è vero che i francesi sono in genere più cittadini di noi (abbiamo persino dimenticato di esserlo stati, in passato, e in più occasioni), è anche vero che un citoyen del 1789 è diverso da uno del 1848 o del 1870 o del 1945 o - ahimè - del 2011, che anche loro sono stati sudditi, che lo sono stati di un potere centrale di lunga tradizione, che parole come liberté e république sono ancora di largo uso, ma che tuttavia parole come queste restano pur sempre, prima di tutto, delle idee.
La conseguenza attuale di questa lunga consultazione è che in questo momento mi ritrovo tra le mani la ristampa del testo perfetto: piccolo (un volumetto), dedicato alla storia francese, datato (l'edizione originale è del settembre 1894), ma a suo tempo aggiornatissimo (rispettava rigorosamente le disposizioni del decreto del 4 gennaio del 1894) e concepito per l'insegnamento della storia alle elementari dell'epoca (se ho capito bene, ai ragazzi dai 9 agli 11 anni).
Il principale effetto collaterale è che annoierò i lettori, lasciando trasparire nell'italiano, vuoi per sbaglio vuoi di proposito, il profumo francese del testo originale, con cose così:
Banchetto gallico
I Galli, come tutti i popoli barbari*, amavano riunirsi in banchetti, dove ridevano, gridavano e spesso finivano per picchiarsi (pag. 6)
*Cos'è un popolo barbaro? Un popolo barbaro è un popolo che non sa lavorare bene né la terra né i metalli, che non ha scuole e che è molto ignorante. Presso un popolo barbaro, gli uomini non sanno né nutrirsi bene né vestirsi bene né alloggiarsi bene; litigano sempre gli uni con gli altri e il più forte maltratta il più debole perché la giustizia non è ben resa.
Cos'è un popolo civilizzato? Un popolo civilizzato è il contrario di un popolo barbaro.
Ernest Lavisse, La nouvelle première année d'Histoire de France, Éditions des Équateurs, 2010
Insomma, un primo risultato c'è già: ho trovato una delle fonti di Asterix.
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