All'età di 81 anni, un italiano che, dopo aver percorso mezza Europa, dal 1805 si trovava in America e che non si era capacitato del fatto che quasi in ogni città americana si potessero trovare "i vini e l'uva della Sicilia, l'olio, l'ulive e le sete di Firenze; il marmo di Carrara; le catenelle d'oro di Venezia; il cacio di Parma; i cappelli di paglia di Livorno, le corde di Roma e di Padova; i rosoli di Trieste, la salsiccia di Bologna, e fino i maccheroni di Napoli e le figurettine di Lucca", ma, "per vergogna del nostro paese", non vi fosse "in tutta l'America un magazzino di libri tenuto da un italiano", potè finalmente scrivere:
Lorenzo Da Ponte, Memorie & Libretti mozartiani, Garzanti, 2003
Ho aperto perciò un magazzino di libri, dove m'assido al cantar del gallo, e non n'esco se non per pochi momenti, e vi rimango poi fin dopo molt'ore della notte. Son corsi già quasi cinque mesi dacché fo il mestiere di libraio. Non ho molt'occasioni, per verità, di sorger dalla mia sedia in un giorno; i compratori son pochi e rarissimi: ma io ho invece la gioia di veder a ogni istante venir alla porta mia cocchi e carrozze, e talvolta uscire da quelle le più belle facce del mondo, prendendo per isbaglio la mia bottega di libri per la bottega della mia contigua, ove si vendono zuccherini e crostate. Perché creda la gente che ho molti avventori, penso di porre uno scritto alla finestra, che dice: "Qui si vendono zuccherini e crostate italiane"; e se per questa burletta alcuno entrerà nel mio magazzino, gli farò vedere il Petrarca o qualch'altro dei nostri poeti, e sosterrò che sono i nostri più dolci zuccherini, per chi ha denti da masticarli.
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