Perché il concetto profondamente veneto di lavoratore, usato come forma suprema di encomio e manifestazione di massima stima (L'è un lavoratore), è del tutto estraneo all'ungherese:
Befejezted a munkát? (Hai finito il lavoro?)
Dehogy! (Ovviamente no!)
Hungarian: An Essential Grammar (cit.)
venerdì 8 ottobre 2010
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Questo mi rammenta il mio primo manuale d’italiano, pubblicato dal Tankönyvkiadó ungherese nel 1952 e decorato con il ritratto doppio di Stalin e Rákosi sull’antefrontispizio. La prima lezione cominciava così:
RispondiEliminaPietro Bíró [sì, Bíró come l’inventore del biro] è un operaio. Pietro Bíró è un operaio diligente. L’operaio diligente lavora molto. Pietro Bíró lavora molto.
Elena Bíró è una massaia. Elena Bíró è una massaia diligente. La massaia diligente lavora molto. Elena Bíró lavora molto.
Con questo si approfondiva anche la conoscenza del sillogismo socratiano che a quel tempo era esiliato dall’insegnamento di filosofia socialista. Posso solo sperare che l’autore del manuale non era fucilato quando si ha scoperto questo sabotaggio.
Socrate subdolamente nascosto dietro il signor Bíró: che grammatica decadente ed imperialista! Ma lo sai che è ancora usata? Credo che anche gli altri post siano tratti dallo stesso manuale. Leggerne alcuni mi ha fatto pensare a due cose: innanzi tutto all'incredibile velocità con cui una lingua cambia: "massaia", "tante belle cose", ecc. (per non parlare dello strano effetto provocato dai prezzi in lire) si possono sentire ancora, ma solo da parte di persone di una certa età. Poi, al fatto che le grammatiche forse invecchiano linguisticamente, ma restano pur sempre, indirettamente, una fotografia di un angolo di mondo nell'anno in cui sono state pubblicate e, direi, più un ritratto del paese di pubblicazione che un ritratto del paese della lingua trattata: in fin dei conti, continuiamo a guardare gli altri attraverso le nostre lenti, anche nelle grammatiche.
RispondiEliminaOra, se, come mi pare, hai ancora il tuo primo manuale di italiano, se un giorno (senza fretta) hai tempo, non è che potresti fotografarne il doppio ritratto o una lezione che ti ispira particolarmente?
E’ incredibile che ci sia ancora gente nell’Ungheria che impari italiano da questa grammatica.
RispondiEliminaPurtroppo la mia copia non esiste più. Io l’ho usata all’età di diciassette, nel 1983 (volevo diventare marinaio sull’Adriatico, e l’italiano era necessario per l’esame di ammissione), e un anno più tardi, mentre facevo il servizio militare, mia mamma, senza chiedermi, l’ha buttato fuori insieme con gli altri vecchi libri di scuola (eravamo dieci fratelli e sorelle in una piccola casa e ogni minimo di spazio liberato era una vittoria per lei).
Tuttavia ti posso presentare una lezione che mi ha ispirato particolarmente perché conteneva la prima poesia italiana che ho imparato a mente. La lezione era la tredicesima che si è concentrata sul tempo e le stagioni, e la poesia era di Pascoli, che tuttora mi ricordo:
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca
senti, una zana dondola pian piano
un bimbo piange, il piccol dito in bocca
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta,
la neve fiocca, lenta, lenta, lenta.
Se l'Italia fosse un paese più civile di quello che purtroppo sembra essere diventata, ti meriteresti come minimo la cittadinanza onoraria di San Mauro di Romagna.
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