In fila indiana
- perché ti sei voltato?
appena il tempo
di rivedere tutto da capo
tutta la chance
tutto l’inganno
perché ti sei voltato, Orfeo?
Walter Cremonte,
Perché ti sei voltato, 2007
Gluck, Orfeo ed Euridice, Atto III, Scena I, "Che fiero momento", 1762
Gluck, Orfeo ed Euridice, Atto III, Scena I, "Che farò senza Euridice?", 1762
Libretto di Ranieri de' Calzabigi
Jean Cocteau, Orphée, 1950
Ripensò al suo uomo, al loro ultimo incontro. Ci ripensò con fierezza. Poiché il poeta era venuto qui per lei, e aveva sforzato le porte con passo conquistatore, e aveva piegato tutti alla fatalità del suo canto. Perfino Menippo, quel buffone, quel fool, aveva smesso di sogghignare, s'era preso il calvo capo fra le mani e piangeva, fra le sue bisacce di fave e di lupini. E Tantalo aveva cessato di cercare con la bocca le linfe fuggiasche, Sisifo di spingere il macigno per forza di poppa... E la ventosa ruota d'Issione, eccola inerte in aria, come un cerchio d'inutile piombo. Un eroe, un eroe padrone era parso. E Cerbero gli s'era accucciato ai piedi, a leccargli con tre lingue i sandali stanchi... Ade dalla sua nube aveva detto di sì.
Rivide il sèguito: la corsa in salita dietro di lui, per un tragitto di sassi e spine, arrancando col piede ancora zoppo del veleno viperino. Felice di poterlo vedere solo di spalle, felice del divieto che avrebbe fatto più grande la gioia di riabbracciarlo fra poco...
Quale Erinni, quale ape funesta gli aveva punto la mente, perché, perché s'era irriflessivamente voltato?
"Addio!" aveva dovuto gridargli dietro, "Addio!", sentendosi la verga d'oro di Ermete picchiare piano sopra la spalla. E così, risucchiata dal buio, lo aveva visto allontanarsi verso la finestra del giorno, svanire in un pulviscolo biondo... Ma non sì da non sorprenderlo, in quell'istante di strazio, nel gesto di correre con dita urgenti alla cetra e di tentarne le corde con entusiasmo professionale... L'aria non li aveva ancora divisi che già la sua voce baldamente intonava "Che farò senza Euridice?", e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse studiato davanti a uno specchio quei vocalizzi e filature, tutto già bell'e pronto, da esibire al pubblico, ai battimani, ai riflettori della ribalta...
La barca era tornata ad andare, già l'attracco s'intravedeva fra fiocchi laschi e sporchi di bruma. Le anime stavano zitte, appiccicate fra loro come nottole di caverna. Non s'udiva altro rumore che il colpo uguale e solenne dei remi nell'acqua. Allora Euridice si sentì d'un tratto sciogliere quell'ingorgo nel petto, e trionfalmente, dolorosamente capì: Orfeo s'era voltato apposta.
Gesualdo Bufalino, da Il ritorno di Euridice in L'uomo invaso, Bompiani, 2001 (prima ed. 1986)
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