Mi dispiace che in questo libro non ci siano delle tracce italiane. Perché senza dubbio non mancano le occasioni per far entrare un italiano - o ancora meglio, un'italiana - in uno di questi racconti. Del resto, era più semplice e veloce ficcarci dentro qualche tedesco o russo. A ogni modo, spero che un certo non so che di italiano emerga da queste prose, innanzitutto perché esse sono il più delle volte eccessive, nervose e al tempo stesso allegre - caratteristiche principali, queste, anche del pubblico al quale consegno oggi Il libro dei mestieri. Sto pensando a quanto, nel trambusto della mia famiglia e nella veemente gesticolazione dei suoi membri, vi fosse di latino, di mediterraneo. Il caseggiato belgradese in cui abitavo in tempo di guerra, con le sue due ali e il cortile in mezzo, potrebbe essere lo stesso di Una giornata particolare di Ettore Scola. E la mia mamma, collerica e un po' mattacchiona, potrebbe benissimo passare per una napoletana, mentre lo zio - con i suoi abiti, le sue maniere e il suo interesse particolare per il genere femminile - sembra aver imparato la parte da uno dei vostri vecchi film. Film nei quali gli uomini erano spigliati, intraprendenti, e i loro capelli luccicavano sempre di brillantina. E poi le zie, che immaginavano di essere Alida Valli, mentre in realtà somigliavano di più a Gelsomina.
Una specie di italianità nascosta ha accompagnato tutta la mia vita. Uno spirito che tante volte ho visto affiorare dai libri, ma soprattutto dai film, e in cui ritrovavo molti aspetti di me stesso. In effetti, Amarcord potrebbe essere una mia opera segreta, che Fellini ha contrabbandato come sua - perché no? Per decenni, tra l'altro, ho trascorso regolarmente alcuni periodi in una casa romana, dove ho avuto modo di scrivere svariate cose. In quel luogo, del resto, non solo hanno preso corpo Le anime morte, ma è stato generato qualcosa di altrettanto importante. Mi riferisco al mio grande predecessore Miloš Crnjanski, che in qualità di diplomatico visse a Roma nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale, dove scrisse uno dei suoi libri più belli, Dagli Iperborei.
Durante tutti questi anni ho messo letteralmente a soqquadro, con la mia sola presenza, centinaia di piccole e grandi località sparse per l'Italia: villaggi in Val d'Aosta, castelli in Umbria e in Toscana, minuscole comunità del Lazio. E non mi fermerò così facilmente!
Dalla mia finestra istriana, a Rovigno, guardo il mare aperto, in direzione di Venezia, ogni volta sperando di scorgere, nell'azzurro dell'orizzonte, il campanile di San Marco. Per quanto i miei amici, gente di mare, tentino di persuadermi che una cosa simile è difficilmente realizzabile, sono convinto che un giorno accadrà.
Bora Ćosić, prefazione all'edizione italiana de Il libro dei mestieri (Priče o zanatima, 1966), Zandonai, 2011, traduzione di Maja Vranješ
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