giovedì 19 agosto 2010

Quel golfo come un cortile

El golfo de Trieste in una foto de la Nasa

Pogled čez morje: Gradež

Prikazoval se je zjutraj
ko je sonce razgnalo meglice,
podoben sanjam,
kot se jih spomnimo v budnosti.

Kot otroku mi ni bilo nikoli jasno,
kako lahko hiš vznikajo iz morja.,
kako lahko trdne zgradbe trepečejo
pred mojimi očmi.

V jasnih nočeh
je bil Gradež niz raznobarvnih luči,
razpotegnjenih čez obzorje.
V svoji otroški zaupljivosti
sem jih imel za speče ladje.

Bil je še mesto duhov
in mesto mrtvih,
obljubljena dežela,
v katero mi je bilo prepovedano stopiti.

In bil je čarobna bedesa,
ki sem jo šepetal ob večerih
v polmrak hotelske sobe.

In zdaj, ko spet stojim na piranski punti
in se iz jutranjih meglic luščijo hiše,
pobodne prividu,
si ne upam stopiti k blagajni
in si kupiti vozovnize za čez morje.

Peter Semolič


Sguardo oltre il mare: Grado

Si faceva vedere di buon'ora,
non appena il sole scacciava le brume,
simile ai sogni
come ce li ricordiamo al risveglio.

Ero bambino e non ho mai capito bene
come possano le case spuntare dal mare,
come gli edifici solidi possano tremare
davanti ai miei occhi.

Nelle notti chiare
Grado era una serie di luci multicolori
allungate oltre l'orizzonte.
Nel mio candore di bambino
le credevo navi dormienti.

Era ancora la città dei fantasmi
e dei morti,
la terra promessa
in cui mi era vietato mettere piede.

Ed era la parola magica
che sussurravo la sera
nella penombra della stanza d'albergo.

E ora, che di nuovo mi trovo sulla punta di Pirano
e dalla nebbiolina del mattino spuntano le case
simili a miraggi,
non me la sento di andare alla cassa
e comprare il biglietto per attraversare il mare.

Nuova poesia slovena, traduzione di Michele Obit, ZTT EST, Trieste, 1998


Cololtri

I gera frêli nostri su la tera
i gera frêli nostri su l'altar
insieme a noltri i navegheva 'l mar
de l'alba fin a sera.

Solo diverso el sovo favelâ
quela so lengua gera a noltri muro;
nei loghi nostri el dí gera siguro
e ili gera cani da scassâ.

E tu, Signor, t’ha visto 'l gran pecào
e t'ha mandào su noltri l’uragan,
la to gran man che púo n'ha sradicào
che n'ha dispersi pel mondo lontan.

Ai servi nostri tu t'ha dào la tera,
i païsi sui coli e le sitàe
sul mar coi moli duti in bianca piera
co' le stagion che par sia sempre istàe.

E adesso semo comò pagia al vento,
e no podemo mête più radise,
co' 'l cuor che duol in continuo lamento
co' boca che no' sa quel che la dise.

Biagio Marin, Elegie istriane, 1963


Quegli altri

Erano fratelli nostri sulla terra,
erano fratelli nostri sull'altare
insieme a noialtri navigavano il mare
dall'alba fino a sera.

Solo diverso il loro favellare,
quella loro lingua era per noialtri muro;
nei luoghi nostri il dí era sicuro
e quelli erano cani da scacciare.

E tu, Signore, hai visto il gran peccato
e hai mandato su noialtri l’uragano,
la tua grande mano che poi ci ha sradicato
che ci ha dispersi per il mondo lontano.

Ai servi nostri tu hai dato la terra,
i paesi sui colli e le città
sul mare con i moli tutti in bianca pietra
con stagioni che sembrano sempre estate.

E adesso siamo come paglia al vento
e non possiamo mettere più radici,
con il cuore che duole in continuo lamento
con bocca che non sa quello che dice.

El golfo de Trieste in un'imagine de Google maps


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