lunedì 9 agosto 2010

Perché?

Trieste, agosto 2010

Nello spazio di qualche minuto, dal sottofondo delle voci da spiaggia emergono un rimprovero ad un passante (meridionale, specifica il fustigatore dei costumi) perché questi, nel tentativo di trovare spazio per la propria moto, sposta una Vespa altrui, della Schadenfreude per le migliaia di tagli al personale annunciati dall'Unicredit (che i provi lori e sfumature simili), un lamentarsi del tempo che di domenica correrebbe e lunedì mattina si fermerebbe alle 8, dei complimenti all'iniziativa inglese di affittare autobus turistici nelle città italiane (miga mone), un moto di fastidio per la raccolta differenziata (e l'osso del persigo, dove me lo meto, in tel cul?), qualche pensiero ad una suocera petulante, un gran parlare di cibo e di ristoranti, ma anche, nel mio tendere l'orecchio alla ricerca delle parole assenti dalle voci e dagli scritti del qui e ora, come ad esempio la parola perché seguita dal punto interrogativo, l'urlo della voce di Pietro Giannone e la naïveté di quella di Virgilio Giotti, che ascolto e riascolto lasciando naturalmente cadere l'accento dove il poeta maggiormente sembra allargare, inerme, le braccia:  su fioreti, ad esempio.

Final

'N un fià de àqua, a fianco
del vial, ne la cuneta,
ghe xe un muceto bianco,
come un cantuz de neve
ch'el sol no' ga disfà.

Fioreti, che la piova
ga butà zo stanote,
e che adesso la scova
del scovazzin, co' un colpo,
portarà via. Pecà!

Virgilio Giotti, Colori, Einaudi, 1997

Nessun commento:

Posta un commento