Mi appunto tre cose che non vorrei dimenticare.
La prima è che devo assolutamente cercare di rifare meglio una foto di una foto che si trova a casa dei miei e che ritrae i nonni materni della mia nonna materna. Eccola, nell'infelice forma che ho attualmente a disposizione.
Probabile anno della foto: 1930.
Luogo: Pravisdomini, allora in provincia di Udine, ora in provincia di Pordenone.
La seconda è la maggiore attenzione che dovrei dedicare alla storia minuta, anche per la quantità e la qualità delle informazioni che possono essere rivelate da alcuni suoi dettagli, persino quando è ritratta in una riproduzione minore e scadente come quella proposta. Nel presente caso, inviterei ad osservare le mani della nonna Serena (morta nel 1935) e a confrontarle con quelle del nonno Giovanni (morto, credo, nel 1932), ad osservare poi le figure dei nonni e a compararle con quelle dei due nipoti, Irene (nata nel 1914) e Norge (nato nel 1927), allora rispettivamente la maggiore ed il minore dei nipoti, ritratti in rappresentanza dei numerosi altri abbracciati fra le estremità delle loro età, a considerare la specialità dell'evento - una foto, una foto di gruppo ed una foto in posa - e quindi il fatto che per farsi fotografare devono essersi messi i vestiti migliori che avessero, devono essersi pettinati meglio di quanto di solito facessero, devono aver estratto dal cassetto tutti i gioielli di cui erano in possesso, a rilevare poi che non ci sono occhiali a correggere più che evidenti miopie e, infine, a rivolgere uno sguardo allo sfondo scelto dal fotografo ed un pensiero al tempo che questi deve aver dedicato per sistemare quello che sembra a tutti gli effetti un copriletto e per disporvi davanti i miei parenti, tenuto anche conto dell'atteggiamento di Norge, la cui apparente recalcitranza non escluderei abbia potuto generare lacrime e tentativi di fuga dall'obiettivo, che solo l'altezza dello sgabello su cui siede e la mano destra del nonno sembrano essere riusciti alla fine ad impedire.
La terza è legata all'esercizio della memoria, agli scarti e alle continuità che esso consente di far emergere quando si riesce a compierlo senza retorica, concretamente, individualmente e collettivamente, e, a contrario, agli effetti che possono essere generati dall'oblio, consapevole o inconsapevole che sia, perseguito volontariamente o indotto dall'ambiente che sia. Quando incrocio delle persone che nelle loro conversazioni si concentrano con insistenza su guadagni, macchine, case, viaggi, o anche solo sull'acquisto dell'ultimo modello di cellulare o sulla marca di cibo preferita dal loro gatto, oppure, in modo apparentemente diverso eppur non molto dissimile nella sostanza, quando mi si parla ricercatamente e con ricchezza di aggettivazione delle più recenti scoperte in ambito artistico e mi si consiglia di vedere l'ultimo film del grandissimo regista X o di non rimandare oltre la lettura dei testi del gigantesco autore Y o la visita della mostra dell'immenso pittore di postpostavanguardia Z, dove X, Y e Z sono dei geni senza antecedenti forniti di volta in volta, e a dosi massicce, dal mercato della cultura, mi chiedo quale sarebbe l'effetto che susciterebbero le loro parole, in me che li ascolto e nelle loro stesse orecchie, se, mentre snocciolano le loro conquiste materiali ed immateriali, si materializzasse tra di noi un ritratto, possibilmente a grandezza naturale, dei loro trisavoli, dei loro bisnonni o anche solo dei loro nonni.
Idealmente, vorrei riuscire a non dimenticarmi mai di avere alle spalle quella foto lì, quando sono io ad esprimermi e, più in generale, vorrei che mi accompagnasse costantemente in tutto quello che faccio, in una versione aggiornata - mobile e portatile - di rappresentazione dei lari domestici.
Idealmente, vorrei riuscire a non dimenticarmi mai di avere alle spalle quella foto lì, quando sono io ad esprimermi e, più in generale, vorrei che mi accompagnasse costantemente in tutto quello che faccio, in una versione aggiornata - mobile e portatile - di rappresentazione dei lari domestici.
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