giovedì 27 ottobre 2011

Dizionario di tutte 'e cose - O come Orologi

Per non cominciare con la parola io, ho cominciato con la parola per (omaggio a E. Jandl). Ogni tanto mi intrometto tra le righe dell'algoritmo spara-poesie che governa questo minimondo. In realtà, in alcune versioni sono già fin troppo presente e rari sono i momenti di grazia in cui il tocco riesce lieve lieve come la neve (omaggio a E. Ragazzoni). Oggi mi intrometto o, meglio, mi sono già intromessa, tenendo presente che lo sto facendo già da qualche riga, vale a dire tenendo conto di quello cui tendo monotonamente a girare intorno: il tempo. Si fa trovare ovunque, tal quale, come Chronos l'ha fatto, nelle parole, nei suoi effetti, nascosto tra i meccanismi degli orologi più semplici, come le candele, i mazzi di fiori, la luna e le maree, le stalattiti, o le vetrate antiche delle chiese (il vetro fluisce, anche se non con la fretta dell'acqua, per cui lo spessore alla loro base tende ad ingrossarsi, quello alla loro sommità ad assottigliarsi - fine del momento Discovery Channel). A girare attorno a certe parole base come la parola "tempo" non mi fermerei mai, se credessi che mai, così come sempre, abbia per il genere umano il significato che pretende di avere, incapace com'è di raggiungere la radicalità della parola "niente" che, a pensarci, è parola alquanto bistrattata e volgarizzata, almeno in italiano. Si cominciano persino le conversazioni, in italiano, con la parola "niente" (ne ha scritto la Spinelli non so più dove). Non conosco altre lingue in cui una conversazione possa prendere avvio così:

- Niente, volevo dirti che...

Un francese che si immergesse nella lingua italiana parlata senza l'ausilio di dizionari o di corsi propedeutici sarebbe indotto a dedurre, con tutta probabilità, che niente sia l'equivalente di donc. Un tedesco, di also. Non sto divagando, sto prendendo tempo o creando tempo o forse solo misurandolo per un breve tratto, visto che sono un orologio anch'io, in fondo. Ecco perché, anche se idealmente mi piacerebbe lasciare, tra queste righe destinate a fissarsi qua per un po' di tempo, un segno di gioia, un momento in cui ci si dimentica dell'orologio, finisco invece ancora una volta con l'incastrarmi proprio in mezzo a due lancette.

zerfallen

nach meinem Tod die Seele
von der ich nicht weiß
wo sie sich augenblicklich befindet
(ich habe sie noch nie gesehen)
wohin sollte sie sich wenden wohin
wenn ich sterbe wenn ich umfalle
dass mein Herz aufhört zu schlagen
ist gewiss auch dass es zu Erde wird
wieviel Herzen habe ich pochen hören
Seelen keine und ich wünsche niemand
erlitte die Qual eine Art Herberge
meiner Seele später zu werden solche
Strafe hat wirklich keiner verdient
mein Herz aber wird zerfallen schade

Helga M. Novak
Wo ich jetzt bin. Gedichte, Schöffling & Co., 2005


decomporsi

dopo la mia morte l'anima
di cui ignoro
l'attuale collocazione
(non l'ho ancora mai vista)
dove dovrebbe dirigersi dove
quando morirò quando cadrò
che il mio cuore smetterà di battere
è pacifico anche che tornerà polvere
quanti cuori ho sentito battere
anime nessuna e non auguro a nessuno
di soffrire la pena di diventare più tardi
una specie di ostello della mia anima una tale
punizione non se la merita proprio nessuno
il mio cuore però si decomporrà peccato

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