martedì 4 ottobre 2011

Ridendo e scherzando

sono più di dieci giorni che si bombarda Reims. Per chi legge i giornali dei primi di ottobre del 1914, naturalmente. Per costoro, il conteggio dei giorni non è immediato, perché una notizia da Rotterdam del 21 settembre riporta che, a quella data, era già da tre giorni che le artiglierie tedesche stavano bombardando la città dalla sponda opposta della Marna, mentre un'altra da Londra del 3 ottobre dice "già da dieci giorni".
La gente di Reims non ancora sfollata sta vivendo in cantina. Ma non è la popolazione di Reims, su cui si concentrano i giornali: è la sorte della sua cattedrale (i simboli contano più degli uomini). Deve aver subito danni considerevoli. E non perché lo dica Le Figaro del 22 settembre, con parole accorate e piene di indignazione, ma tradite dalla frase fatta per cui ci sarebbe solo un "cumulo di macerie":
Senza poter invocare nemmeno l'apparenza di una necessità militare, e per il solo piacere di distruggere, le truppe tedesche hanno sottoposto la cattedrale di Reims ad un bombardamento sistematico e furioso. A quest'ora, la basilica non è più che un cumulo di macerie. Il governo della Repubblica ha il dovere di denunciare all'indignazione universale questo atto rivoltante di vandalismo che, dando alle fiamme un santuario della nostra storia, ruba all'umanità un frammento incomparabile del suo patrimonio artistico.
No, non per le parole del Figaro. Più che altro, per la logica ed i dettagli della smentita ufficiale diramata da Berlino il 23 settembre:
Il governo francese sostiene che il cannoneggiamento di Reims non è una necessità militare. Di fronte a ciò, si constata quanto segue: siccome i francesi hanno fatto della città di Reims, mediante forti trinceramenti, il centro della loro difesa, ci hanno costretto ad attaccare la città con tutti i mezzi. Per ordine del comando superiore dell'esercito tedesco, il duomo doveva venir risparmiato, fin tanto che i francesi non lo avessero sfruttato a proprio vantaggio. Il 20 è stata issata sul duomo la bandiera bianca e noi l'abbiamo rispettata. Tuttavia, abbiamo potuto constatare che sulla torre c'era un posto di osservazione, il che spiegava la buona copertura dell'artiglieria francese contro l'attacco della nostra fanteria. Bisognava rimuovere il posto d'osservazione. Ciò è avvenuto mediante un fuoco di shrapnel dell'artiglieria da campo - nemmeno allora è stato permesso il fuoco dell'artiglieria pesante - e il fuoco è stato sospeso appena rimosso il posto. Come abbiamo potuto osservare, le torri e l'esterno della cattedrale sono conservati. Il tetto è andato in fiamme, come doveva avvenire. La responsabilità è dei francesi, che hanno tentato di abusare della bandiera bianca posta sul venerabile campanile.
E soprattutto, per i tuttavia ed i però di un comunicato del 21 settembre, rilasciato ancora dall'attaccante, che inducono a pensare che i danni subiti dalla cattedrale (che si trasforma in duomo, fuori dalla Francia) fossero effettivamente seri:
Il duomo, nel quale sono ricoverati i feriti,
viene per quanto possibile risparmiato,
tuttavia è già stato colpito da otto cannonate,
però non ha riportato danni gravi.
Le potenze tradizionali modellavano la realtà secondo i propri interessi, per cui una cattedrale danneggiata da delle bombe oscillava tra un cumulo di polvere ed una struttura sì colpita, ma ancora saldamente in piedi, e nella tradizionale propaganda di guerra il nemico si macchiava o della barbarie cieca dell'attaccante o del subdolo utilizzo, nel caso del difensore, di una cattedrale come postazione militare.
Le potenze moderne inventano la realtà: lo scontro di civiltà(1), le reti terroristiche globali, i loro capi, i loro mille bracci destri, le loro vite, le loro morti, i loro fini, le dubbiose stragi di civili che giustificano interventi bellici a fronte delle palesi e continue stragi di civili lasciate impunite. Inventano e si spingono pure oltre l'invenzione: vorrebbero anche che chi non ha il potere si limitasse ad interpretare la loro rappresentazione della realtà. A volte(2) ci riescono.
The aide said that guys like me were ''in what we call the reality-based community,'' which he defined as people who ''believe that solutions emerge from your judicious study of discernible reality.'' I nodded and murmured something about enlightenment principles and empiricism. He cut me off. ''That's not the way the world really works anymore,'' he continued. ''We're an empire now, and when we act, we create our own reality. And while you're studying that reality -- judiciously, as you will -- we'll act again, creating other new realities, which you can study too, and that's how things will sort out. We're history's actors... and you, all of you, will be left to just study what we do.'' 
L'assistente ha detto che tizi come me si trovavano "in quella che noi chiamiamo la comunità basata sulla realtà," che ha definito come la gente che "crede che le soluzioni emergano dallo studio giudizioso di una realtà discernibile." Ho fatto cenno di sì e ho blaterato qualcosa sui principi dell'illuminismo e dell'empirismo. Mi ha interrotto. "Siamo un impero, ora, e quando agiamo, creiamo una nostra realtà. E mentre voi studierete questa nostra realtà - giudiziosamente, come farete - noi agiremo di nuovo, creando delle altre nuove realtà, che vi metterete a studiare ancora, ed è questo il modo in cui le cose si sistemeranno. Noi siamo attori della storia... e a voi, a tutti voi, non resterà che studiare quello che facciamo". 
Un consigliere di George W. Bush a Ron Suskind, estate del 2002, NYT, 17.10.2004(4)
Buona visione.

(1) Parolaccia che, declinata al passato, suonava Lebensraum, questione superata a prezzo di milioni di morti e finita con due scarabocchi di penna, quelli delle firme con cui Schröder e Putin hanno siglato l'accordo sul Nord Stream.
(2) A volte non ci riescono, comunque: i potenti dimenticano di essere anch'essi mortali, non conoscono i pappici(3) ed in ogni caso sottovalutano la potenza del clinamen.
(3) 'O pappice dicett' 'a noce: damme tiempo ca te spertoso.
(4) Trovato grazie a Barbara Spinelli in "Una parola ha detto Dio, due ne ho udite". Lo splendore della verità, Laterza, 2011

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