sabato 28 gennaio 2012

Sfondi

Quel beau discours que celui de M. Mussolini, adressé au Gouverneur de Rome !

Rainer Maria Rilke, lettera ad Aurelia Gallarati Scotti, 5 gennaio 1926

Rilke potrebbe avere letto solo un riassunto del discorso di Mussolini. Potrebbe averlo letto solo in una cattiva traduzione francese, verosimilmente su Le Figaro. Potrebbe. Il risultato non cambierebbe di molto, perché l'anno in cui la scrisse è successivo al delitto Matteotti, la cui cronaca deve pur essere esistita in qualche onesto giornale straniero e il cui significato e la cui portata non ammettono sfumature di giudizio. Potrebbe anche essere l'angolo buio, il tassello che non trova posto nel puzzle, l'anello mancante della catena, il limite invalicabile dell'umana comprensione. O potrebbe essere l'inevitabile conseguenza di chi si mette ad odiare se stesso: nel tentativo di aprirsi al mondo e di liberarsi delle parti indigeste della propria cultura, al posto di prenderla in toto, così com'è, finire dritto dritto nelle braccia del primo cretino di turno di una cultura diversa.
(Vive acclamazioni.)
Governatore!
Il discorso che ho l'onore e il piacere di rivolgervi sarà di stile romano, intonato nella sua concisione alla solenne romanità di questa cerimonia.
Rigorosamente esclusa ogni divagazione retorica, il mio discorso consisterà in un elogio per quanto avete fatto e in una precisa consegna per quanto ancora vi resta da fare.
Ricordo che quando nell'aprile 1924 mi faceste l'onore di accogliermi fra i cittadini di Roma, vi dissi che i problemi della capitale si dividevano in due grandi serie: i problemi della necessità e quelli della grandezza. Dopo tre anni di regio commissariato, nessun osservatore obiettivo può contestare che i problemi della necessità sono stati energicamente affrontati e in buona parte risolti. Roma ha già un aspetto diverso. Diecine di quartieri sono sorti alla periferia della città che ha lanciato le sue avanguardie di case verso il monte salubre, verso il mare riconsacrato.
I dati sintetici del vostro bilancio triennale eccoli: strade nuove, aumentati mezzi di comunicazione, miglioramento di tutti i servizi pubblici, scuole, parchi, giardini, assistenza sanitaria, organizzazione igienica in difesa della salute del popolo. Nel tempo stesso, sono riscattati dal silenzio oblioso i Fori, come quello di Augusto, i templi, come quello della Fortuna virile.
Tutto ciò è innegabilmente merito vostro. Tutto ciò si deve alla vostra instancabile fatica e al vostro ardente spirito di romanità antica e moderna.
Non ci poteva essere soluzione di continuità in questa opera. Ecco perché il Governo ha deciso che voi, dopo essere stato per tre anni regio commissario, siate, vorrei dire per diritto naturale di successione, il primo Governatore di Roma. Governatore! Avete dinanzi a voi un periodo di almeno tre anni per completare ciò che fu iniziato, e incominciare l'opera maggiore del tempo secondo.
Le mie idee sono chiare, i miei ordini sono precisi e sono certo che diventeranno una realtà concreta. Tra tre anni Roma deve apparire meravigliosa a tutte le genti del mondo; vasta, ordinata, potente, come fu ai tempi del primo impero di Augusto.
Voi continuerete a liberare il tronco della grande quercia da tutto ciò che ancora lo intralcia. Farete dei varchi intorno al teatro Marcello, al Campidoglio, al Pantheon; tutto ciò che vi crebbe attorno nei secoli della decadenza deve scomparire. Entro 3 anni da piazza Colonna, per un grande varco, deve vedersi la mole del Pantheon. 
Voi libererete anche dalle costruzioni parassitarie e profane i templi maestosi della Roma cristiana. I monumenti millenari della nostra storia debbono giganteggiare nella necessaria solitudine.
Quindi la terza Roma si dilaterà sopra altri colli, lungo le rive del fiume sacro, sino alle spiaggie del Tirreno.
Voi toglierete la stolta contaminazione tranviaria che ingombra le strade di Roma, ma darete nuovi mezzi di comunicazione alle nuove città che sorgeranno in anello intorno alle città antiche. Un rettilineo che dovrà essere il più lungo e il più largo del mondo porterà l'ansito del mare nostrum da Ostia risorta fino nel cuore della città dove veglia l'Ignoto.
(Ovazioni.)
Darete case, scuole, bagni, giardini, campi sportivi al popolo fascista che lavora. Voi, ricco di saggezza e di esperienza, governerete la città nello spirito e nella materia, nel passato e nell'avvenire.
Volgono per questa vostra opera i fati specialmente propizi.
Da tre anni Roma è veramente la capitale d'Italia, i municipalismi sono scomparsi. Il Fascismo ha, fra gli altri, questo non ultimo merito, di aver dato moralmente e politicamente la capitale alla nazione: Roma, oggi altissima nella nuova coscienza della Patria vittoriosa.
Aggiungo che il popolo romano ha dato in questi ultimi anni, specialmente in questo che si conclude oggi, prove ammirabili di ordine e di disciplina. Esso è degno di vivere nella più grande Roma che sorgerà dalla nostra volontà tenace, dall'amore e dal sacrificio concorde e consapevole di tutte le genti d'Italia.
(Vivissimi applausi, unanimi.)
Governatore! Al lavoro senz'altro indugio.
La Patria e il mondo attendono l'avverarsi dell'auspicio, il compiersi della promessa.
(Grande manifestazione di entusiasmo, grida di: Viva Mussolini! Viva Roma! Tutti i punti del discorso sono stati applauditi, ma specialmente vivi sono stati gli applausi quando l'on. Mussolini ha detto che Roma apparisce meravigliosa a tutti i cittadini del mondo. Alla fine del suo discorso, il duce è stato fatto segno ad una calorosa ovazione.) 
Discorso di Benito Mussolini nella sala degli Orazi e Curiazi in Camipdoglio in occasione dell'insediamento del governatore di Roma Filippo Cremonesi, 31 dicembre 1925. Il discorso, gli applausi e le ovazioni sono come riportati da La Stampa del 1 gennaio 1926.
Considerato il numero relativamente limitato di antifascisti della prima ora rispetto al complesso della popolazione italiana, è probabilmente troppo facile ed eccessivo stigmatizzare ex post la trista fascinazione di Rilke per Mussolini. Resta però il fatto che Rilke avrebbe avuto tutti i modi per riflettere sulle mire di grandeur fasciste, per realizzare che oltre che incompatibili con i principi di libertà erano anche, fin dai primi anni, fatte di cartapesta, della stessa materia dei fondali con cui Mussolini avrebbe ricoperto Roma per accogliere Hitler nel maggio del 1938, e per arrivare quindi a conclusioni diverse, anche senza leggere i giornali. Leggendo la risposta che ricevette dalla stessa Gallarati Scotti, per esempio:
Ce n'est pas parce qu'un homme politique défend les intérêts de ma propre classe que je suis obligée de le trouver intelligent et providentiel.
A differenza della delusione provata quando ho letto per la prima volta la lettera di Leopardi al cardinal Consalvi*, nel caso della lettera di Rilke non ho mosso un muscolo, neanche metaforicamente parlando. Sul suo conto non mi ero mai illusa, forse per colpa delle sue discutibili frequentazioni, a partire da quella con i Thurn und Taxis, il cui castello di Duino, con la sua posizione di dominio sulle povere falesie (lo sfondo roccioso, il contrario della cartapesta, di molte mie estati), mi è sempre servito da memento.

* È riportata al termine di un post illeggibile, ma che non disconosco.

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