Perché l'ungherese, originariamente, quando la sua lingua era ancora allo stato fluido, tutta da plasmare, deve essersi sentito un popolo completamente privo di coordinate, "spaesato" e lo "spaesamento" non è necessariamente una condizione di disagio, ma può essere una impagabile condizione di privilegio, sia per sé - ci si interroga, ci si mette in questione, piuttosto che asserire - sia per gli altri, cui si apporta necessariamente qualcosa.
Ovviamente lavoro di immaginazione e, come sempre, su un piano interpretativo del tutto personale, e per farlo uso una parola della mia lingua per cercare di interpretare un sentimento che un italiano può comprendere facilmente in questi termini, perché il luogo per eccellenza, per l'italiano, è la zona, la città, il paese, se non il proprio quartiere o il proprio microcosmo natale, da cui il potenziale "spaesamento" se si trova in qualsiasi altro luogo, anche se posto in territorio nazionale; l'avessi espresso in tedesco, sarei ricorsa a Unheimlichkeit che, pur non corrispondendo al termine italiano, costituisce una prova del fatto che un tedesco comincia ad avvertire un senso di disagio fin dalla soglia di casa (Heim) (la controprova è che solo a casa un tedesco si può sentire gemütlich, raggiungendo il proprio ideale di pace, serenità e agio totale*).
Se l'ungherese non fosse stato, almeno in origine, "spaesato", forse non avrebbe avvertito la necessità di concepire un sistema locativo estremamente preciso, di taglia tripla a quello comune a molte lingue, ponendosi la questione, ogni volta che deve localizzare un posto, se il luogo in cui ci si trova, a cui si va o da cui si proviene si trovi all'interno di qualcosa, all'esterno di qualcosa o vicino a qualcosa.
Stato in luogo
interno: -ban/-ben (inessivo)
esterno: -(o/e/ö)n (superessivo)
vicino: -nál/-nél (adessivo)
Moto a luogo
interno: -ba/-be (illativo)
esterno: -ra/-re (sublativo)
vicino: -hoz/-hez/-höz (allativo)
Moto da luogo
interno: -ból/-böl (elativo)
esterno: -ról/-röl (delativo)
vicino: -tól/-töl (ablativo)
*Ricordo una discussione sulla Gemütlichkeit con un amico tedesco e con un'amica ceca e la frustrazione totale provata dal tedesco per non essere riuscito a scalfire in noialtre l'intima convinzione che gemütlich, almeno secondo il nostro modo di sentire, potessero essere, al più, un paio di scarpe.
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