Se avessimo anche una fantastica come abbiamo una logica, allora sarebbe scoperta l'arte dell'inventare. Alla fantastica appartiene in qualche misura anche l'estetica, come alla logica il giudizio (Hätten wir auch eine Phantastik wie eine Logik, so wäre die Erfindungkunst erfunden. Zur Phantastik gehört auch die Aestetik gewissermassen, wie die Vernunftlehre zur Logik).
Novalis, Fragmente.
Questo frammento di Novalis viene ricordato nell'Antefatto a La grammatica della fantasia di Gianni Rodari, frutto dell'esperienza dello scrittore a Reggio Emilia, città cui il libro è dedicato, in occasione degli Incontri con la fantastica, ivi organizzati nel 1972. È un frammento che Rodari trovò nell'inverno 1937-38, quando imparò un po' di tedesco insegnando l'italiano a dei bambini in casa di ebrei tedeschi che credevano di aver trovato in Italia un rifugio contro le persecuzioni razziali. La mattina insegnava l'italiano, il pomeriggio lo passava nei boschi a camminare e a leggere Dostoevskij.
Una delle storie riportate dal libro nacque in una scuola materna in cui i bambini erano stati invitati dalla maestra, che il giorno precedente aveva partecipato ad uno degli incontri, ad inventare una storia a partire da un binomio di parole: "luce" e "scarpe". Questo fu il risultato inventato da un bambino di cinque anni e mezzo, aiutato, nell'operazione, da tre compagni:
C'era una volta un bimbo che si metteva sempre le scarpe del suo papà. Una sera il papà si era stufato che il bimbo gli prendeva sempre le scarpe, allora lo mette attaccato alla luce, e poi a mezzanotte cade, e allora dice il papà: - Cosa c'è, un ladro?
Va a vedere e c'era il bimbo per terra. Il bimbo era rimasto tutto acceso. Allora il papà ha provato a girargli la testa ma non si è spento, ha provato a tirargli le orecchie ma non si spegneva, ha provato a schiacciargli il naso ma non si spegneva, ha provato a tirargli i capelli ma non si spegneva, ha provato a schiacciargli l'ombelico ma non si spegneva, ha provato a tirargli via le scarpe e c'è riuscito, si è spento.
Al termine della storia, i bambini, soddisfatti di sé e soprattutto della trovata finale, sentirono il bisogno di applaudirsi.
domenica 28 marzo 2010
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