sabato 3 aprile 2010

*

Mi ricordo qualche foto e delle ombre,
sui muri tappezzati di carta bianca.
Ma invece non mi ricordo più
se i vasi della casa
avevano delle anse,
o il cassetto del tavolo
una chiave.

*

Ci chinavamo,
tutte le mattine,
sul nostro silenzio,
io mi chinavo
sulle caraffe rotte,
sulle finestre chiuse.

*

Siamo rimasti in piedi,
nel labirinto del nostro tempo succinto;
o ci siamo rannicchiati
sull'ultimo istante.
Ci siamo rannicchiati su sogni evanescenti,
su coppe vuote,
su una chiesa.
La chiesa di fronte mi ha visto abbracciare il nulla.

*

Volevo morire,
solamente ho riso
nel blu del cielo.
Ma in camera
ho fatto una piccola fessura nelle persiane,
e mi sono giunti allora il rumore dei treni,
una giornata obliqua
e dei punti di domanda.

*

C'erano un ponte in pietra, antico,
e degli alberi bagnati
alle porte di una città.
La ferrovia assomigliava
ad una lingua in fuga,
assomigliava ad un gesto o
alla genesi di un dire.

*

Che colore, oggi,
avranno la mia giacca
rimasta dietro la porta,
la coppa dimenticata sul tavolo
e il basilico inclinato sul pavimento?
Ci sono nella mia memoria
delle parole banali,
ma ci sono anche dei dolori
incollati alla finestra.

Sabah Zouein

(una possibile versione della versione francese, che immagino opera della stessa autrice, pubblicata nel volume Voix libanaises actuelles di Sabah Kharrat Zouein, Le temps des cerises 2009, un volume, nelle intenzioni dell'autrice, destinato ai lettori del Québéc, e finito, in un suo esemplare, nelle mani di un'italiana)

*

Sabah Zouein è nata in Libano, a Zouk Mosbeh, dove vive, nel 1955. Ha studiato sociologia e ha all'attivo 9 raccolte di poesie, di cui le prime quattro scritte dapprima in francese e poi tradotte da lei stessa in arabo. È giornalista, critica letteraria, cinematografica e traduttrice. Parla arabo, francese, tedesco, spagnolo, inglese e italiano. Se c'è una cosa che veramente la inebria, è la scoperta della radice di una parola (da qua). A chi lo dice.

Nessun commento:

Posta un commento