Als Gregor Samsa eines Morgens aus unruhigen Träumen erwachte...
Wacht auf, - denn eure Träume sind schlecht!
Bleibt wach, - weil das Entsetzliche näher kommt.
Rifiutandosi di bere e di mangiare, con delle placche rosse di febbre sulle guance, mio padre diventava in effetti selvaggio. Era chiaro che nessun organismo avrebbe potuto sopportare a lungo una tale carica d'odio. Una repulsione terribile trasformava il suo viso in una maschera tragica, fissa, dove solo le pupille guardavano, nascoste dietro le palpebre inferiori, tese in una eterna diffidenza. Con un urlo feroce scattava all'improvviso dalla sedia, si precipitava alla cieca in un angolo della stanza e già alzava il suo giavellotto sulla punta del quale uno scarafaggio enorme agitava disperatamente le sue zampette intrecciate. Adele veniva allora in aiuto a mio padre pallida d'orrore, gli ritirava la lancia con il trofeo infilzato in cima, che andava ad annegare nel catino. Ma di quell'epoca, non avrei potuto dire se fossero stati i racconti di Adele ad avermi inculcato queste immagini o se ne fossi stato io stesso testimone. Papà non aveva più allora quella forza di resistenza che protegge gli uomini sani contro la fascinazione della repulsione. Al posto di strapparsi di dosso la terribile attrazione, mio padre, in preda alla follia, ne restava sempre più invischiato. I suoi tristi effetti non tardarono a farsi sentire. Presto apparvero i primi sintomi sospetti, che ci riempirono d'angoscia e di dolore. Il comportamento di papà era cambiato. La sua follia sembrava placarsi, la sua eccitazione scemava. I suoi gesti e la sua mimica cominciarono a tradire una cattiva coscienza. Si mise ad evitarci. Restava nascosto tutto il giorno negli angoli o sotto le coperte. Lo vedevo spesso pensoso, mentre si guardava le mani, si esaminava la consistenza della pelle, delle unghie, dove comparivano delle macchie nere e lucenti. Nere come il carapace dello scarafaggio.
Di giorno resisteva ancora con quello che gli restava della forza, lottava, ma di notte la fascinazione lo assillava. Lo vidi una sera alla luce di una candela posata per terra, steso sul pavimento, nudo, totem chiazzato di nero che striavano le linee delle costole; la sua anatomia fantastica vista in trasparenza lo attirava su cammini oscuri. Agitava le sue membra con movimenti complicati, secondo un rituale strano nel quale, scosso d'orrore, riconobbi un'imitazione del cerimoniale degli scarafaggi.
A partire da quel momento, lo rinnegammo. La sua somiglianza con uno scarafaggio si accentuava di giorno in giorno - mio padre si trasformava in scarafaggio.
Cominciammo ad abituarcici. Lo vedevamo sempre di meno, per intere settimane spariva su sentieri di scarafaggio, si fondeva completamente tra il popolo nero, cessammo di distinguerlo da questo. Nessuno sapeva se vivesse ancora in una fessura del pavimento, se, di notte, percorresse la casa, immerso in affari da scarafaggio, o se non si trovasse tra quegli insetti morti, stesi sul dorso, a zampe ritte, che Adele ramazzava con disgusto su una paletta tutte le mattine per gettarli nella spazzatura.
"Eppure, dico senza convinzione, sono sicuro che questo condor sia lui". Mia madre mi guardava attraverso le ciglia. "Smetti di tormentarmi, caro, ti ho detto che tuo padre viaggiava come rappresentante di commercio. Sai bene, a volte ritorna a casa di notte, per ripartire prima dell'alba".
Una possibile versione della traduzione francese di Thérèse Douchy dal polacco di un pezzo tratto da Le botteghe color cannella.
Bruno Schulz, Oeuvres complètes, Denoël 2004
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