Non si potrà negare che, nel quotidiano, ci sono parecchie cose che non si vedrebbe l'ora di fare: tornare a casa dopo una lunga assenza o partire da un luogo divenuto intollerabile, riguadagnare una libertà perduta o conquistarne una solo fantasticata e mai assaporata, rivedere il proprio amore se si trova distante, cose così. In questi casi, si vorrebbe imprimere un'accelerazione e viaggiare veloci o addirittura che il tempo stesso accelerasse o, il che è lo stesso, che la distanza dalla meta agognata si annullasse in un attimo.
Quando ci si sposta sul piano ideale, però, a parte notevoli eccezioni, per lo più confinate alla sfera di avanguardie che ormai datano più di un secolo ma che soprattutto si sono eccessivamente compromesse con ideologie, per i più, anche se non proprio per tutti, impresentabili, le menti più colte e raffinate elogiano la lentezza (e la leggerezza: sono temi frequentemente trattati in parallelo), e lo fanno tout court, come se fosse un valore assoluto, come la libertà o la giustizia. Non ho grandi problemi a comprenderlo e, in parte, a condividerlo, l'elogio della lentezza (e della leggerezza). Solo in parte, però. Preferisco in effetti un approccio più pragmatico, per mera convenienza personale: se mi manca casa, vorrei ritornarci il prima possibile, se l'amore è lontano, vorrei rivederlo il prima possibile, nel momento stesso in cui vi penso, ecc., mi pare più che ovvio.
D'altra parte, mi pare anche che assieme ad antipolitica, casta, corruzione, crisi, disoccupazione, emergenza, euro, populismo, scandalo, spread, tagli, tragedia (in ordine alfabetico), le parole più usate al momento in Italia, ma anche a livello europeo, siano: adesso e subito, qualche volta, nella variante italiana, accompagnate dal segno di interpunzione più odioso che io conosca. Niente di quello che si vuole adesso o subito, però, viene realizzato, neanche una legge elettorale nazionale appena appena più equa e cristallina di quella attuale, neanche una Costituzione europea condivisa da tutti i paesi membri dell'unione, neanche un passo verso una politica fiscale comune o un significativo intervento per cominciare a ridurre i debiti nazionali di alcuni paesi senza creare ulteriori disuguaglianze ed ingiustizie sociali. Non ci sono le condizioni, si ergono ostacoli insormontabili o si interpongono i poteri forti oppure, ma solo nella variante italiana, la liquefazione del sangue di san Gennaro si rivela essere stata poi non così completa come inizialmente era sembrato.
Non è sempre stato così, nemmeno in Italia. Alla capitolazione della Repubblica Romana, proprio nei suoi istanti di vita finali, il 3 luglio 1849, mentre Pio IX continuava a lanciare scomuniche sui repubblicani dalla fortezza di Gaeta, mentre i Borboni scorrazzavano nell'Italia centrale (pur evitando di dirigersi a Roma, per non scornarsi con i francesi, se ho ben capito), mentre Garibaldi era già partito da Roma alla volta di Venezia nel vano tentativo di prestarle aiuto contro gli austriaci, mentre gli austriaci si erano già introdotti in Toscana e nelle Marche e mentre i francesi completavano l'occupazione di Roma tanto che se ne sentivano le voci letteralmente alla porta di casa, anzi, con i francesi in procinto di entrare nella sala in cui era riunita, l'Assemblea Costituente della Repubblica, imperturbabile, votava ed approvava la Costituzione.
Velocemente.
Toc toc !
Mentre la Repubblica stava per morire.
Toc toc : on y est !
Rapidamente, proprio.
Rapidamente, proprio.
Toc toc: ouvrez !
Senza neanche un errore di ornografia.
Toc toc: ouvrez la porte !
Ed includendo, in tutta fretta, forse proprio per eccesso di velocità, quello che, all'art. 17, mi sembra avere tutte le caratteristiche del primo suffragio universale previsto nella penisola italiana.
Ouf. Nous voilà.
Francesca, leggerti risveglia un'esperienza dimenticata, quella che mi suscitavano quando da ragazzo sbirciavo più che leggerli (mi mancavano le "scale")gli elzeviri nella "terza" del Corriere, inutile ricordarti che si potevano trovare articoli a firma Zanzotto o Pasolini e...
RispondiEliminati prego, non replicare che sono paragoni spropositati, fuori luogo.
Vero, Francesca è il nostro re Mida letterario: nelle sue mani tutto diventa oro.
RispondiEliminaGrazie, ma se fate così, mi metto a citare Baricco, eh.
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