1. Oktober. Altneu-Synagoge gestern. Kol Nidre. Gedämpftes Börsengemurmel. Im Vorraum Büchse mit der Aufschrift: »Milde Gaben im stillen besänftigen den Unwillen.« Kirchenmäßiges Innere. Drei fromme, offenbar östliche Juden. In Socken. Über das Gebetbuch gebeugt, den Gebetmantel über den Kopf gezogen, möglichst klein geworden. Zwei weinen, nur vom Feiertag gerührt? Einer hat vielleicht nur wehe Augen, an die er das noch gefaltete Sacktuch flüchtig legt, um das Gesicht gleich wieder nahe an den Text zu halten. Nicht eigentlich oder hauptsächlich wird das Wort gesungen, aber hinter dem Wort her werden Arabesken gezogen aus dem haardünn weitergesponnenen Wort. Der kleine Junge, der ohne die geringste Vorstellung des Ganzen und ohne Orientierungsmöglichkeit, den Lärm in den Ohren, sich zwischen den gedrängten Leuten hinschiebt und geschoben wird. Der scheinbare Kommis, der sich beim Beten rasch schüttelt, was nur als Versuch einer möglichst starken, wenn auch vielleicht unverständlichen Betonung jedes Wortes zu verstehen ist, wobei die Stimme geschont wird, die überdies in dem Lärm eine klare große Betonung nicht zustande brächte. Die Familie des Bordellbesitzers. In der Pinkassynagoge war ich unvergleichlich stärker vom Judentum hergenommen.
Im B. Šuha vorvorgestern. Die eine, Jüdin mit schmalem Gesicht, besser: das in ein schmales Kinn verläuft, aber von einer ausgedehnt welligen Frisur ins Breite geschüttelt wird. Die drei kleinen Türen, die aus dem Innern des Gebäudes in den Salon fuhren. Die Gäste wie in einer Wachtstube auf der Bühne. Getränke auf dem Tisch werden ja kaum angerührt. Die Flachgesichtige im eckigen Kleid, das erst tief unten in einem Saum sich zu bewegen anfängt. Einige hier angezogen wie die Marionetten für Kindertheater, wie man sie auf dem Christmarkt verkauft, das heißt mit Rüschen und Gold beklebt und lose benäht, so daß man sie mit einem Zug abtrennen kann und daß sie einem dann in den Fingern zerfallen. Die Wirtin mit dem mattblonden, aber zweifellos ekelhaften Unterlagen straff gezogenen Haar, mit der scharf niedergehenden Nase, deren Richtung in irgendeiner geometrischen Beziehung zu den hängenden Brüsten und dem steifgehaltenen Bauch steht, klagt über Kopfschmerzen, die dadurch verursacht sind, daß heute, Samstag, ein so großer Rummel und nichts daran ist.
Zu Kubin: Die Geschichte von Hamsun ist verdächtig. Solche Geschichten könnte man aus seinen Werken zu Tausenden als erlebt erzählen.
Zu Goethe: »Erregte Ideen« sind bloß die Ideen, die der Rheinfall erregt. Man sieht das aus einem Brief an Schiller. – Die vereinzelte Augenblicksbeobachtung »Kastagnettenrhythmus der Kinder in Holzschuhen« hat eine solche Wirkung gemacht, ist so allgemein angenommen, daß es undenkbar ist, daß jemand, wenn er auch diese Bemerkung niemals gelesen hätte, diese Beobachtung als eigene Originalidee fühlen könnte.
Kafka, Tagebücher, 1. Oktober 1911
1° ottobre. Sinagoga Staronová, ieri. Kol Nidré. Attenuato vocio da borsa. Nell'antisala, bossolo per la questua con la scritta: »Modeste offerte in silenzio placano l'indignazione.« Interno similchiesa. Tre ebrei devoti, evidentemente orientali. In calze. Chini sul libro delle preghiere, lo scialle per la preghiera tirato sulla testa, rimpicciolitisi al massimo. Due piangono, commossi solo dal giorno di festa? Uno ha forse solo gli occhi doloranti, su cui si passa velocemente il fazzoletto senza spiegarlo, per poi riavvicinare subito il viso al testo. La parola non è in realtà cantata, o almeno non principalmente, ma dopo la parola si traggono arabeschi dalla parola filata di continuo, della finezza di un capello. Il ragazzo che, senza la minima idea dell'insieme e senza possibilità di orientarsi, con il rumore nelle orecchie che si ritrova, si infila tra la folla gremita ed è spinto a destra e a sinistra. Quello che sembra un commesso, che pregando si agita molto, il che va inteso solo come un tentativo di accentuare il più possibile, per quanto forse in modo incomprensibile, l'intonazione di ogni parola, risparmiando la voce, che fra l'altro in quel rumore non ce la farebbe mai a raggiungere una chiara e forte intonazione. La famiglia del proprietario del bordello. Nella sinagoga Pinkas ero preso dall'ebraismo in modo incomparabilmente più forte.
Nel b. (bordello, ndt) Šuha, due giorni fa. Una, ebrea dal viso sottile o, meglio, che finisce con un mento sottile, per quanto scosso da una larga pettinatura ad onde, che lo allarga. Le tre piccole porte, che dall'interno dell'edificio danno nel salone. Gli ospiti come in un corpo di guardia sul palcoscenico. Delle bevande sul tavolo vengono a malapena toccate. Quella dal viso piatto nell'abito squadrato, che si comincia a muovere appena in fondo, all'altezza dell'orlo. Alcune, qui, vestite come le marionette per il teatro per bambini, come quelle che si comprano al mercatino di Natale, cioè con attaccati froufrous e oro, cuciti con qualche punto appena, in modo da poterli togliere, tirandoli, e da disfarli tra le dita. La tenutaria dai capelli biondo opaco, ma senza dubbio ributtanti, tirati su, appiccicati, con il naso decisamente pendente in giù, la cui direzione si trova in un qualche rapporto geometrico con i seni penduli e con la pancia tirata, si lamenta per i dolori alla testa causati dal fatto che oggi, sabato, c'è tanto casino ma non se ne cava niente.
Per quanto riguarda Kubin: la storia di Hamsun è sospetta. Di tali storie se ne potrebbero raccontare a migliaia, dalle sue opere, come se fossero vissute.
Per quanto riguarda Goethe: »Idee agitate« sono solo le idee che la cascata del Reno agita. Lo si vede da una lettera a Schiller. – L'isolata osservazione dell'attimo »ritmo di nacchere dei bambini con gli zoccoli« ha sortito un tale effetto, è diventata così generale, che è inconcepibile che qualcuno, anche se non avesse mai letto questa osservazione, la possa percepire come una propria idea originale.
Che Kafka sia stato uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi è risaputo. Ma Francesca riesce a dimostrarlo anche attraverso le pagine del suo diario che solo lei sa scovare!
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