martedì 4 marzo 2014

Il ratto di Europa

Sono molti, i rapitori di Europa, anche se non hanno le fattezze di una divinità greca metamorfosizzatasi in toro bianco. Lo sono i responsabili della sua attuale pochezza. Lo sono i suoi avversari tout court. Lo sono anche coloro che si accontentano di quel che è, un esperimento a metà.
Tra i candidati alla presidenza della Commissione finora ufficializzati, mi sembra che solo due abbiano intenzione di non portarcela via, ma anzi, di volerne di più, o almeno di volerla diversa, e in ogni caso di non rinunciare al suo progetto e al suo miglioramento: Tsipras e Verhofstadt. Il primo parte da sinistra, ma è più moderato di quanto sembri. Il secondo parte da destra, ma sta da tempo virando a sinistra ed è molto meno moderato di quanto fosse al tempo in cui ricopriva la carica di primo ministro in Belgio. Sono candidature di minoranza, ma entrambe suscitano il mio interesse e la mia benevolenza, in un paesaggio politico altrimenti soffocato dai difensori degli stati nazione o addirittura di regioni nazione (che si tratti di antieuropeisti o di moderati e conservatori disposti a continuare a procedere in base agli interessi e alle decisioni di 28 stati e non di un'unica entità, non conta poi molto, ai fini degli effetti economici e sociali: è solo la dimensione dell'orticello, che cambia). Non riesco, al momento, a decidermi per l'uno o per l'altro. Dipenderà molto dai candidati delle liste che li sosterranno nei diversi paesi, immagino. Al momento, vista la modalità con cui alcuni italiani si candidano in favore di Tsipras annunciando fin d'ora la rinuncia al posto di parlamentare a favore di terzi che per ora ignoro, è Verhofstadt per cui propendo di più. Tuttavia, la propensione cambia immediatamente di verso e si dirige verso il greco - esponente tra l'altro di una nazione che sarebbe bello contribuisse alla realizzazione di un nuovo progetto europeo - se guardo la composizione del gruppo ALDE attualmente costituito in seno al parlamento europeo, specialmente quella delle compagini francese (Modem), tedesca (FDP) ed italiana (tutti IDV!)
È un ratto, un rapimento, un furto di portata colossale, anche se non come quello raccontato da Manganelli in un suo piccolo romanzo fiume che mi dà però la medesima sensazione di smarrimento impotenza dispiacere e pure scorno che provo per l'Europa di oggi. Fuori il nome di chi è uscito di casa solo per acquistare del dopobarba.

*

Uscendo da un negozio nel quale si era recato per acquistare un dopobarba, un signore di mezza età, serio e tranquillo, si accorse che gli avevano rubato l'Universo. Al posto dell'Universo c'era solo una polverina grigia, la città era scomparsa, scomparso il sole, nessun rumore veniva da quella polvere apparentemente del tutto abituata al proprio mestiere di polvere. Il signore era di natura calma, e non trovò fosse il caso di fare una scenata; era accaduto un furto, un furto più grande del consueto, ma pur sempre un furto. Il signore era infatti convinto che qualcuno avesse rubato l'Universo approfittando del momento in cui egli era entrato nel negozio. Non che l'Universo fosse suo, ma egli, in quanto nato e vivo, aveva un certo diritto di usarlo. In realtà, entrando nel negozio, egli aveva lasciato fuori l'Universo, senza applicare l'antifurto, che non usava mai, per le dimensioni enormi che lo rendevano di uso impratico. Malgrado la sua severità con se stesso, egli non si sentiva colpevole di scarsa vigilanza, di incautela; sapeva di vivere in una città molestata da una malavita tracotante, ma un furto di Universo non si era mai verificato. Il signore calmo si voltò, e come prevedeva, anche il negozio era scomparso. Dunque, non era improbabile che i ladri fossero ancora non troppo lontani. Tuttavia egli si sentiva impotente e lievemente seccato; un ladro che ruba tutto, compreso tutti i commissari di polizia e tutti i vigili urbani, è un ladro che si mette in una posizione di privilegio che di regola non spetta ad un ladro; il signore, sebbene calmo, provava quello stato d'animo che spinge molti signori a scrivere lettere ai direttori di giornali; e se ci fossero stati giornali, forse l'avrebbe fatto. Allo stesso modo, se ci fosse stato un commissariato, avrebbe fatto un esposto, precisando che l'Universo non era suo, ma che lo usava quotidianamente, dal momento della nascita, in modo attento e sobrio, senza esser mai stato richiamato all'ordine dalle autorità. Ma commissariati non ce n'erano, e il signore si sentì imbarazzato, giocato, battuto. Si stava domandando che mai avrebbe dovuto fare, quando, inequivocabilmente, qualcuno lo toccò sulla spalla, pianamente, per chiamarlo.

Giorgio Manganelli, Centuria: cento piccoli romanzi fiume, Adelphi


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