martedì 18 marzo 2014

Gli strappi e i fiori della memoria

Un cudiruss a la matina ciara,
nel sifulà fra i sces e 'l nàss del sû..
Me canta el cudiruss, me lüs la ciara
e mi me bràscia el tremà del mund..
'Na lüs de aqua la me porta a l'aqua
che süga el piang e me s'ciariss el fund
di strèpp de memoria e di savur,
e quel bel fiur de l'àrbur che me ciama

Franco Loi, Amur del temp, Crocetti 1999


Il codirosso

Per Franco Loi

Dopo che ho chiuso il libro
mi è rimasto in testa un codirosso:
dalle bacche e dai fiori della memoria
si è aperto un suo sentiero di canto
fino a forare un'aria trasparente d'aprile,
ferma nel mio ricordare;
e dopo il codirosso, sulla punta di nuvole
scritte in silenzio, si sono aperte voci di bambini
e tutta la luce dell'estate ne riempiva le bocche,
e dopo un torrente e un greto mi sono venuti in mente
un torrente d'acqua scarsa ma non tanto
da scoprirne il fondo e non chiamarci a confidenza;
poi sono apparse interminabili veglie,
tre, quattro di noi giocavano all'alfabeto muto
nella medesima luce che faceva più aspre
le facce delle beghine.
Anche mio padre mi è venuto incontro,
asciugandosi le mani con uno straccio sporco
e altre cose che non ti dico sono apparse
perché le cose dette figliano le cose non dette
e le cose non dette figliano quelle dette,
così non si sa se il codirosso di oggi
sia lo stesso che tornerà a svegliarmi domani
né se domani torneranno le cose di adesso,
mentre penso a come la vita e il suo contrario
stiano vicine sui palmi delle parole ben scritte
più di quanto stiano stretti i pulcini che ho visto sui miei
quando ho letto del tuo codirosso.

Pierluigi Cappello, Azzurro elementare, Rizzoli 2013

P.S. Se internet contenesse davvero quello che conta, avrei potuto riportare la poesia cui probabilmente si riferisce effettivamente Cappello, che si trova in Verna, che non ho. Ne ho un solo brandello, quello che sono riuscita a strappare a Google books, con molti più sforzi di quelli prodotti da Putin per annettersi la Crimea:

o 'l murnirö che nass dai bucch de latt.
Ch'insci se dìs d'un can tacchent a 'n can,
d'un tus cun la sua tusa, giuin, un fiur,
se dìs de quel vardàss sensa duman,
de la speransa che den' la nott la curr.

Ma chi che le cunuss? Chi sa de lü?
Nient nüm ne sèmm del bèll e veretâ,
nient sa la lüs de l'umbra e de la lüs
nissün sculta la müseca.. El m'à parlâ?
El canta de nascost, tra 'l sangh büjent,
te porta via nel vent quan' l'è passâ.
Ché l'è nel tas che durda, un mujment
nel vöj de terra, nel mör de la citâ,
tra 'l fum che fa cruser e quel müt sent
de l'òm che sculta la vus che l'à insugnâ.


o il codirosso che nasce dalle bocche di latte. Ché così si dice d'un cane incollato a un cane, d'un ragazzo con la sua ragazza, giovane, un fiore, si dice di quel guardare senza avvenire, della speranza che dentro la notte corre. Ma chi lo conosce? Chi sa di lui? Niente noi sappiamo della bellezza e della verità, niente sa la luce dell'ombra e della luce, nessuno ascolta la musica.. Mi ha parlato? Canta di nascosto, tra il sangue bollente, ti porta via nel vento quando è passato. Ché è nel tacere che trutila, un movimento nel vuoto della terra, nel morire della città, tra il fumo che fa crociere e quel muto sentire dell'uomo che ascolta la voce che ha sognato.

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