sabato 28 settembre 2013

A m sun desdé stamatéina

Ho visto David Grossman. Non che ci sia stato alcun merito, in questo: è bastato pagare qualche euro per entrare in un teatro ed arrivare puntuali all'ora dell'incontro programmato.
Non mi sono emozionata per niente, non dal punto di vista strettamente letterario o artistico o creativo (biograficamente è tutto un altro paio di maniche). Delle pochissime persone molto note che ho visto in vita mia, è quella che mi ha emozionato di meno in assoluto, direi. Del resto, Bruce Springsteen è inarrivabile, quanto ad energia che è in grado di trasmettere da un palcoscenico, e la salivazione mi si è azzerata totalmente, come di fronte a pochi altri mi potrebbe mai capitare, solo una volta quando, davanti ad un'edicola di Porta Romana, ho detto ad Ilda Boccassini che non avrebbero dovuto sentirsi soli, lei e i suoi colleghi del tribunale di Milano, che c'erano molte persone che ne sostenevano il lavoro e che insomma, grazie.
I piedi di Grossman, poi, mi hanno molto distratta: sono parecchio grandi, rispetto alla sua altezza, almeno quando si vedono da una platea, appena sotto il palcoscenico. Forse è per questo che nelle foto in cui non gli si vede il solo viso li nasconde con artifizi ben congegnati.


E poi ho perso del tutto la concentrazione almeno per cinque minuti buoni quando ho avvertito l'improvviso desiderio di farmi di velluto raso rosso, come quello della sedia su cui sedevo, nel momento in cui, a fianco a me, mentre lui parlava di parole da trovare per descrivere la vita dei suoi personaggi nella sua interezza, senza alcuna reticenza o censura, è suonato il cellulare di E. con la suoneria di I will survive. Ho temuto che Grossman interrompesse l'intervista, passasse all'inglese e si rivolgesse a noi dicendo: I will survive too, but I'd feel better if you turned off your cell phone o qualcosa del genere. Invece non ha detto niente e ha continuato a seguire il filo del suo discorso, parlando, di preferenza, per immagini, e ricordando per l'ennesima volta che la differenza tra uno psicologo (che in interviste precedenti non aveva ancora completato gli studi, perché era un bagnino) e uno scrittore è che lo psicologo (o il bagnino) si tuffa per andare a salvare chi rischia di annegare, mentre uno scrittore si tuffa per andare ad annegare anche lui. Mi è parso posato ed educato, ma un po' incapace di distinguere bene uno psicologo da un bagnino.
Nella parte finale dell'incontro ha letto qualche passo della sua ultima opera in lingua originale senza l'intervento dell'interprete - bravo ed espressivo - fin lì presente in cuffia. Mi è venuto in mente Guccini quando presentava Al trist: ogni giorno alla radio ascoltate musica americana senza capire un cazzo, potete per una sera ascoltare il dialetto modenese con lo stesso effetto.

A m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv
a m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv,
a n pos purtéret fòra anch sl'lè dmanga
perchè a n gh'ò ménga al vsti nòv,
a n gh'ò ménga al vsti nòv, oh sé.

Grossman però, non si è espresso negli stessi termini di Guccini. Ha detto semplicemente che avrebbe letto un passo del suo ultimo libro, naturalmente senza interprete. Anche l'interprete l'ha confermato: évidemment, sans traduction, ha detto l'interprete, prima di tacere.
Al termine della lettura di Grossman, mentre continuavo a chiedermi il senso di quell'évidemment, sans traduction, tutto il pubblico ha applaudito a lungo, tranne me, ché altrettanto évidemment, non conoscendo l'ebraico, non avevo capito nulla e non me la sentivo quindi di applaudire sulla fiducia uno scrittore pur tanto educato e dai piedi così interessanti, per cui ho applaudito, ma brevemente e senza convinzione.
Non lo so se fossero pagine ben scritte, quelle che ha letto Grossman. Posso però dire che l'ebraico non fa esattamente lo stesso effetto del modenese.


5 commenti:

  1. Pezzo strepitoso.
    PS: hai fatto benissimo: un applauso sulla fiducia non si dà a nessuno.

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  2. Troppo buona, come al solito.

    Mai avrei immaginato, incrociando la Boccassini nei primi anni Duemila, che un decennio dopo ci saremmo trovati in questa situazione, così deboli, così privi di anticorpi democratici, così balbuzienti, così incapaci, così in ostaggio.

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  3. Cercavo di puntare all'ultimo post, ma a quanto pare non va.

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  4. Era a questo (http://italie.blog.lemonde.fr/2013/09/29/et-silvio-berlusconi-realisa-le-reve-de-beppe-grillo/) che cercavo di puntare, anche se ora, dopo tutte queste aggiunte, sembro attribuirvi un'importanza eccessiva. Resta abbastanza centrato, mi pare.

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  5. Bouleversé è esattamente il termine che ho usato, più di quindici anni fa, per spiegare al mio vicino di ombrellone quello che quel signore aveva fatto alla politica italiana (non che prima fosse pulita, per carità, però c'erano dei limiti all'indecenza). Poi ha continuato a farlo ancora per oltre quindici anni.

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