Sto cercando di capire la differenza tra totalitario e globale. Per il gusto di farlo e, in misura del tutto minore, per capire se abbiano dei punti in comune e quali siano. Me ne occupo nel tempo che riesco a crearmi e me ne occupo, banalmente, in ordine cronologico. Di conseguenza, non so ancora cosa voglia dire globale, anche se nel suo mare ci vivo ogni giorno, mi dicono, mentre sto mettendo da parte qualche elemento per farmi un'idea di cosa possano essere stati effettivamente gli stati totalitari e delle tracce che eventualmente sono riusciti a lasciare in eredità agli stati che hanno preso il loro posto.
Per il momento, mi sembra di aver cominciato a trovare delle coincidenze - non saprei come altrimenti chiamarle - tra il linguaggio e la logica di alcuni protagonisti presenti (inclusi sia i soggetti al potere sia non pochi dei loro antagonisti) e quelli degli stati totalitari, ad esempio se si considera la predisposizione di entrambi a creare una rappresentazione del mondo funzionale ai propri obiettivi, impermeabile ai fatti e alle loro evoluzioni, e basata su una memoria storica vuoi selettiva vuoi alterata ad arte.
Considerando gli strumenti di cui mi posso avvalere, le conclusioni, se mai ce ne saranno, saranno lunghe a venire e sofferte, soffertissime. A proposito di linguaggio, ad esempio, leggendo il testo Victor Klemperer, repenser le langage totalitaire, sous la direction de Laurence Aubry et Béatrice Turpin, CNRS éditions, 2012, ho trovato, nello spazio di appena qualche pagina iniziale, perle come:
"un ou plusieurs membres des escouades, "squadri", du parti fasciste";
"Quella metà che vide definitiva la nostra feroce volontà totalitaria sarà perseguita con ancore maggiore ferocia";
"alla conquista plena, totalitaria de tutti le potere dello Stato";
"Der totale Staat wird keine Unterschied dulden"; e
"die liberale Machtstaaten".
Quelle souffrance.
*Não tenho sentimento nenhum político ou social. Tenho, porém, num sentido, um alto sentimento patriótico. Minha pátria é a língua portuguesa. Nada me pesaria que invadissem ou tomassem Portugal, desde que não me incomodassem pessoalmente. Mas odeio, com ódio verdadeiro, com o único ódio que sinto, não quem escreve mal português, não quem não sabe sintaxe, não quem escreve em ortografia simplificada, mas a página mal escrita, como pessoa própria, a sintaxe errada, como gente em que se bata, a ortografia sem ípsilon, como o escarro directo que me enoja independentemente de quem o cuspisse. Sim, porque a ortografia também é gente. A palavra é completa vista e ouvida. E a gala da transliteração greco-romana veste-ma do seu vero manto régio, pelo qual é senhora e rainha.
Per il momento, mi sembra di aver cominciato a trovare delle coincidenze - non saprei come altrimenti chiamarle - tra il linguaggio e la logica di alcuni protagonisti presenti (inclusi sia i soggetti al potere sia non pochi dei loro antagonisti) e quelli degli stati totalitari, ad esempio se si considera la predisposizione di entrambi a creare una rappresentazione del mondo funzionale ai propri obiettivi, impermeabile ai fatti e alle loro evoluzioni, e basata su una memoria storica vuoi selettiva vuoi alterata ad arte.
Considerando gli strumenti di cui mi posso avvalere, le conclusioni, se mai ce ne saranno, saranno lunghe a venire e sofferte, soffertissime. A proposito di linguaggio, ad esempio, leggendo il testo Victor Klemperer, repenser le langage totalitaire, sous la direction de Laurence Aubry et Béatrice Turpin, CNRS éditions, 2012, ho trovato, nello spazio di appena qualche pagina iniziale, perle come:
"un ou plusieurs membres des escouades, "squadri", du parti fasciste";
"Quella metà che vide definitiva la nostra feroce volontà totalitaria sarà perseguita con ancore maggiore ferocia";
"alla conquista plena, totalitaria de tutti le potere dello Stato";
"Der totale Staat wird keine Unterschied dulden"; e
"die liberale Machtstaaten".
Quelle souffrance.
*Não tenho sentimento nenhum político ou social. Tenho, porém, num sentido, um alto sentimento patriótico. Minha pátria é a língua portuguesa. Nada me pesaria que invadissem ou tomassem Portugal, desde que não me incomodassem pessoalmente. Mas odeio, com ódio verdadeiro, com o único ódio que sinto, não quem escreve mal português, não quem não sabe sintaxe, não quem escreve em ortografia simplificada, mas a página mal escrita, como pessoa própria, a sintaxe errada, como gente em que se bata, a ortografia sem ípsilon, como o escarro directo que me enoja independentemente de quem o cuspisse. Sim, porque a ortografia também é gente. A palavra é completa vista e ouvida. E a gala da transliteração greco-romana veste-ma do seu vero manto régio, pelo qual é senhora e rainha.
Bernardo Soares, Gosto de dizer
Non ho alcun sentimento politico o sociale. Eppure ho, in un certo senso, un alto sentimento patriottico. La mia patria è la lingua portoghese. Non m'importerebbe niente se invadessero od occupassero il Portogallo, a condizione che non mi disturbassero personalmente. Ma odio, con un odio vero, con l'unico odio che sento, non chi scrive male il portoghese, non chi non sa la sintassi, non chi scrive con un'ortografia semplificata, ma la pagina scritta male, come se fosse una persona vera; la sintassi sbagliata come se fosse gente da picchiare; l'ortografia senza ipsilon come uno sputo diretto che mi fa schifo indipendentemente da chi sputa. Sì, perché anche l'ortografia è una persona. La parola è completa se vista e sentita. E la gala della traslitterazione greco-romana me la veste col suo vero manto regio, per il quale è signora e regina.
Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares, traduzione di María José de Lancastre e Antonio Tabucchi, Feltrinelli, 2003
Cara Francesca, spero che mi perdonerai per il mio lungo silenzio. Oggi non ho potuto non condividere il tuo pezzo. Spero solo che lo svilupperai. Grazie per tutto!
RispondiEliminaNon lo so. Andrà già bene se riuscirò ad avvilupparlo.
RispondiElimina