martedì 31 maggio 2011

Milano non è mai stata così bella

Falsa partenza. Parigi, 28 maggio 2011
Per la prima volta in vita mia, perdo l'aereo.

L'attesa (buona la seconda). Orly, 29 maggio.
Riprovo a partire. Ci riesco.

Speranze. Milano, via Laghetto, 29 maggio.
Via Laghetto è a un passo da via Larga, dove ci sono gli Uffici dell'Anagrafe, aperti anche la domenica in occasione delle elezioni. Trovo gli impiegati in stato di grazia: entro con un avviso elettorale ed una carta d'identità scaduta, ne esco cinque minuti dopo con un nuovo certificato elettorale ed una carta d'identità rinnovata. 

Paure. Milano, via Segantini, 29 maggio.
"Con la sinistra voto agli immigrati. Con noi no.", Il Popolo della Libertà.
Sua.

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

Il tempo. Milano, Alzaia Naviglio Grande, 29 maggio

In attesa dei risultati. Milano, via dei Guarneri, 30 maggio.

In attesa dei risultati: il passato che non passa. Milano, via Ripamonti, 30 maggio.
"È solo l'azione che dà la tempra alle anime", Benito Mussolini

La liberazione. Milano, Piazza Duomo, 30 maggio.

La liberazione. Milano, Piazza Duomo, 30 maggio.

Datemi un pizzicotto. Milano, Piazza Duomo, 30 maggio.

"Dobbiamo farla ritornare quella città accogliente, quella città gioiosa, quella città che riempirà le piazze di felicità, di sorrisi e di ironia. (...) Non abbandonatemi mai.", Giuliano Pisapia

"Vogliamo parlare delle persone, che sono degli esseri umani, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle rom e abbracciarli, alla faccia loro. Vogliamo abbracciare quelli che vogliono pregare qualunque Dio e dire ai nostri fratelli musulmani che sono benvenuti in tutta Italia. Vogliamo liberarci da una politica fatta di paura, di pregiudizio, di luoghi comuni, di maschilismo, di sessismo. Vogliamo ritrovare la politica come gentilezza, come cultura, come rapporto con la vita, con l'eleganza della passione. Viva questa meravigliosa Milano di oggi.", Nichi Vendola

Messico e nuvole
la faccia triste dell'America
e il vento suona la sua armonica
che voglia di piangere ho.
Milanesi, Piazza Duomo, 30 maggio 2011.






P.S. dell'8 giugno, Parigi. Dice Barbara Spinelli che il discorso di Vendola in piazza Duomo è sbagliato perché usa categorie estranee alla politica. Lo sono, in effetti. Mi chiedo cosa si sarebbe potuto dire di diverso su quel palco milanese in quel preciso momento, dopo i toni ed i contenuti della campagna elettorale, davanti ad una folla che avvertiva chiaramente la sensazione della liberazione da tanti anni di potere, tra le varie cose, xenofobo. 

venerdì 27 maggio 2011

Ho fotografato il cielo per 365 giorni. C’era sì una sottolineatura di tipo biografico, ma c’era anche un invito alla continuità dello sguardo sulle cose, a non accontentarsi di dieci bellissimi cieli.
Luigi Ghirri

An den Raum

Ein Himmel ist der Waldweg,
Auf dem die Sterne kreisen −
So nah sind sie −
Auch abseits im All,
Zwischen den Gräsern
Und unter den Büschen.
Winde sind Füße, die manchmal
Du stillhältst, um keinen Stern
Zu zertreten. Manche erlöschen davon.
Hinter dir leuchten sie auf, da du
Vorbei bist. Wie Geäst knackt
Unter dir Donner. Du streckst
Eines Blitzes Arm aus und
Greifst einen Glühwurm und legst ihn
Auf den Wolkenteller deiner Hand.
Davon wird es hell und tagt.
Und so bestimmst du die Tage,
Die Wetter, den Wuchs einer Erde,
Die an dir sein muß sehr unten,
Vielleicht an den Sohlen des Weltalls.

Uwe Greßmann


Allo spazio

Un cielo è il sentiero nel bosco
su cui ruotano le stelle −
sono così vicine −
anche lontano nell'universo,
tra le graminacee
e sotto i cespugli.
I venti sono piedi, che qualche volta
non muovi per non calpestare
le stelle. Se cammini, alcune si spengono.
Dietro di te alcune si riaccendono, ora che
le hai oltrepassate. Come rami crepitano
sotto di te dei tuoni. Stiracchi
il braccio di un fulmine e
afferri una lucciola e la posi
sullo strato delle nubi della tua mano.
Ne nasce il chiarore e fa giorno.
E così sei tu a determinare i giorni,
i tempi, la crescita di una Terra
che deve stare molto più in basso di te,
forse alle piante dei piedi dell'universo.


Luigi Ghirri, Infinito

giovedì 26 maggio 2011

We two, how long we were fool'd

Walt Whitman

Port de Javel bas, Paris

Schlossplatz, Höchst

Platz der Einheit, Frankfurt
Christian Herdeg, Synergie

Sint-Servaasbasiliek, Maastricht

Métro Odéon, Paris

Intercourse (sic), Pennsylvania 

Westend U-Bahn, Frankfurt

Brianza

Cape May, New Jersey

Avenue de l'Opéra, Paris

Roßmarkt, Frankfurt

L'imperfection est la cime

Yves Bonnefoy

Place des Vosges

Tre vie

Umberto Saba

Pont de Sully

mercoledì 25 maggio 2011

L'es-tu ?

Est-ce le ricanement d'une taupe,
le fou rire d'une tortue,
le grognement d'un coléoptère,
le ronronnement d'une libellule,
le coït du mille-pattes, le gloussement
de l'escargot, les bégaiements d'une limace
horticole, la quinte de toux d'un ver
de terre à queue rebiquée, le soupir langoureux
de la mouche à blé, les éternuements saccadés
d'une fourmi noire grippée ?

Qui crie sous la salade ?

Gilles de Obaldia


Sei tu?

È il sogghigno di una talpa,
la ridarella di una tartaruga,
il ringhio di un coleottero,
il far le fusa di una libellula,
il coito del millepiedi, il chiocciare
della chiocciola, il balbettio di una lumaca
dei giardini, l'accesso di tosse di un verme
di terra dalla coda rizzata, il sospiro languoroso
della mosca del grano, il convulsivo starnutire
di una formica nera influenzata?

Chi grida sotto l'insalata?

Da L'herbe haute, Maison de Poésie, 2008.

Ho avuto la fortuna di sentirla a teatro in uno spettacolo composto da poesie e da voci, di cui in rete ho trovato solo un esempio. Forse è il ricordo di quella serata che mi ha spinto a riportarla, forse è piuttosto la netta antitesi con la poesia della cassiera Muriel, forse niente altro che un po' d'azzardo, perché è solo attraversando il complesso della raccolta di poesie di de Obaldia che la si può apprezzare appieno, fatto sta che ora l'ho già copiata ed è un attimo cliccare su "pubblica post".
Prima di cliccare, però, e indebitamente in fondo a tutto, la voglio dedicare a R., che sta riapprendendo a sentire su quell'abbecedario che è il suo nuovo impianto cocleare.

martedì 24 maggio 2011

la cajera muriel

Cuando vemos, ¿qué vemos?
Nunca vemos un torso de Apolo.
Vemos cajeros, tendederos y semáforos.
Estoy harta de alondras.


María Eloy-García

estoy pensando en la cajera sedente
ella es lo verdadero de la sincronía del mundo
con su rayo láser ávido de códigos
me murmura complacida las ofertas
y cómo suma los dígitos arrastrando
entre lo dócil y el hastío
el tesoro precioso de mi dulce integral
a través de la máquina que le computa
el precio exacto de toda mi tarde
dice tres
y nunca nunca fue este número más mágico
la cajera extraordinaria teclea el sumatorio
de la monotonía y dice tres
y mira entonces justo antes de que se produzca
el cotidiano milagro de que mi dulce integral
sea mío para siempre
de repente ella mira otra tarde
sale de lo mío a lo del otro
le susurra las mismas ofertas
le marca el tetrabrik con el ojo de su láser
abriendo en fin el cajón místico del hiper
con un movimiento suyo de mercado
los billetes ordenados repiten la cara de ella sin gestos
y me voy por esas puertas
que se abren sólo con el aura
dejándola mientras su láser que suena
va marcando otra tarde

María Eloy-García


Quando vediamo, cosa vediamo?
Non vediamo mai un torso di Apollo.
Vediamo bancomat, stendini e semafori.
Sono stufa di allodole.


María Eloy-García

la cassiera muriel


sto pensando alla cassiera sulla sua sedia
lei rappresenta la vera sincronia del mondo
con il suo raggio laser avido di codici
mi mormora compiaciuta le offerte
e come somma le cifre con una strisciata
tra il docile e l'annoiato
il tesoro prezioso del mio dolce integrale
attraverso la macchina che le calcola
il prezzo esatto di tutta la mia serata
dice tre
e mai mai questo numero è stato più magico
la cassiera straordinaria batte la somma 
della monotonia e dice tre
e guarda allora proprio prima che si produca
il quotidiano miracolo che rende il mio dolce integrale
mio per sempre
all'improvviso guarda un'altra serata
esce dal mio a quello dell'altro
gli sussurra le stesse offerte
gli scansiona il tetrabrik con l'occhio del suo laser
aprendo infine la cassa mistica dell'iper
con un movimento tutto suo di mercato
le banconote ordinate riproducono il suo volto senza gesti
e me ne vado per queste porte
che si aprono solo con l'aura
lasciandola mentre il suo laser - bip -
scansiona un'altra serata


Cfr., volendo.

domenica 22 maggio 2011

Gentili Sigg.

Allora ebbe una specie di tristo presentimento e datosi a correre con quanta forza gli rimaneva nelle gambe, si trovò in pochi minuti sul prato, dove sorgeva una volta la Casina bianca. Ma la Casina bianca non c’era più. 


Gentili Sigg.,

Mi scuso e ringrazio per l’invito ad una così importante Esposizione d’Arte, ma ci ho ripensato.
Non credo che l’Italia abbia bisogno di me per essere rappresentata, e io mi sentirei come un gatto ad una esposizione canina, o viceversa.
Se la mia vita dipendesse da questo Stato che ufficialmente mi invita, il mio recapito sarebbe c/o Stazione Centrale.
È all’Estero che ho trovato casualmente e fortunatamente la dignità del lavoro, il rispetto e l’apprezzamento per la qualità e l’impegno, e la condizione più importante per pensare e produrre: La Libertà.
In attesa che questo pittoresco Paese si decida ad attuare e rispettare i Principi e i Diritti della sua Splendida Costituzione,
distintamente saluto e ringrazio.

Roberto Innocenti, illustratore




Dear Sirs,

I apologize and thank you for the invitation to such an important Art Exhibition, but I've changed my mind.
I don't believe Italy needs me to be represented, and I'd feel like a cat at a conformation dog show or viceversa.
If my life depended on this State which officially invites me, my address would be c/o Central Railway Station.
It's Abroad that I found by chance and fortunately the dignity of labour, the respect, and the appreciation for quality and commitment, and the most important condition to think and produce: Freedom.
Looking forward that this picturesque Country decides to enforce and respect the Principles and Rights of its Wonderful Constitution,
I remain yours faithfully and thank you.

der himmel

der himmel
ein betrunkener
seemann
dem einer das auge
ausgestochen hat

im finstern
die weiße perle

du schläfst
mit dem zyklopen

Uljana Wolf



il cielo
un marinaio
ubriaco
cui si sia
cavato l'occhio

nel buio
la perla bianca

tu dormi
col ciclope



Note

1. Alle volte delle cose mi rimandano a delle poesie, ma accade anche il contrario, per fortuna.

2. Πᾶν γνήσιον άντίτυπον φέρει τήν κάτωθι ύπογραφήν και τήν σφραγίδα: ogni copia autentica reca la seguente firma e sigillo.

3. So pochissimo di Ettore Wieser: era triestino, navigava, leggeva libri in tedesco, francese e greco, alcuni dei quali, acquistati a Patrasso, si era portato a bordo della goletta "Angelo", (forse, ma non ne ho trovato conferme definitive) ha partecipato alla battaglia di Domokós del 1897 tra le fila dei garibaldini e, almeno in fatto di libri, aveva uno spiccato senso della proprietà. La prossima volta che vado a Trieste provo a cercare qualche altra sua traccia, se mi riesce.

4. Per Niccolò Tommaseo e Trieste rimando a qua.

5. Il testo illustrato nelle fotografie ha un odore che potrò integralmente restituire, incluse le sue nuances marine, fra qualche decina d'anni, se tutto va bene, con uno speciale link (il listink).


6. Questo è tutto quello che ho da dire sull'editoria elettronica.

sabato 21 maggio 2011

Storia di un esergatore - 2


È un esercizio di umiltà, il mio mestiere, sia per chi lo esercita, perché usa sempre ed esclusivamente poche parole altrui, sia per gli scrittori perché, se fatti bene, gli eserghi possono crocifiggerne i lunghi testi con due o tre colpi di martello, mettendone in questione la prolissità e ridimensionandone la novità o l'originalità: l'esergo gli è sempre anteriore per definizione, non solo per posizione, ma anche per creazione - In principio fu l'esergo, dicevo a Teresa, cui lei replicava - La Bibbia non ha eserghi. E invece sì, deve essere stata una minisequenza di nucleotidi, e anche il primo ingresso assoluto nella lista dei testi messi all'indice:


ATGC.

In principio Dio creò il cielo e la terra.


Ma questo, nell'inutile tentativo di non farla andare via da me, non gliel'ho mai detto.

Prima parte.

venerdì 20 maggio 2011

A Milano, che può cambiare

Mattina di tarda estate a Porta Romana, il punto milanese per cui passa l'unica retta che passi anche per il punto romano, a credere al nome. A credere al nome e alla città che lo contiene, c'è tutto un entrare ed un uscire, attraverso la porta, e invece no, è un nome ingannevole: i pedoni e le macchine ci passano intorno, mai sotto la sua arcata. Comunque, questa mattina di tarda estate non ci sono macchine. Siamo in tre, io dalla parte del Corso di Porta Romana e, sul marciapiede dentro le mura spagnole, due ragazzi sorridenti di un altrove che posso solo vagamente intuire (Maghreb, direi, ma conta fino ad un certo punto, perché l'identità è anche questione di futuro, se solo Milano vi si aprisse). Colgono frutti maturi: mele milanesi, un nome ed un concetto cui non avevo mai pensato. Lui carica tutto il proprio peso su una gamba, le prende di mira e le mitraglia a colpi di zainetto. Ad ogni centro, lei, china al suo fianco, le prende al volo, prima che cadano sull'asfalto. Non mi vedono, mentre passo oltre, verso Corso Lodi.

Milano, 2001

świat jest taki mały

świat jest taki mały
świat ma tylko dwa piętra

Halina Póswiatowska

il mondo è così piccolo
il mondo ha solo due piani

Wiersze Wybrane

giovedì 19 maggio 2011

Promozione della lettura

La porta di casa nostra presenta varie perforazioni. Le serrature penzolano come lingue. Tutti i tavoli sono rovesciati. I cassetti sporgono vuoti. Le carte si increspano per terra. La cassetta del pronto soccorso è sparpagliata per il bagno. Non restano apparecchi alla vista. Mancano i vestiti. Le stoviglie sono fuggite. Nei loro scaffali di sempre, i nostri libri rimangono intatti.

Andrés Neuman

mercoledì 18 maggio 2011

Storia di un esergatore - 1

Nichts, wenn man es überlegt, kann dazu verlocken, in einem Wettrennen der erste sein zu wollen.
Franz Kafka

However, if we want to play a bigger role, the role of a free man, then we should be capable of accepting—or at least imitating—the manner in which a free man fails. A free man, when he fails, blames nobody.
Iosif Brodskij

Das Ganze erscheint zwar sinnlos, aber in seiner Art abgeschlossen.
Franz Kafka

Sono un esergatore. Disoccupato, ovviamente. Gli editori cui mi sono rivolto negli ultimi anni dicono che l'esergo è morto. Anche per questo, nonostante tutto, io ci credo ancora, all'arte dell'esergo. È il destino di certe arti, quello di essere date per morte e di conoscere invece delle lunghe, vispe agonie: l'opera, il romanzo, il cinema. E l'esergo.
Quei pochi eserghi che arrivano a pubblicazione e che non si risolvano nella sola, breve dedica ad un familiare o ad un maestro e che non siano un passo biblico o dei versi di Dante o Shakespeare, dicono ancora, sono frutto di selezione da parte degli autori, in gran misura più scientifici che letterari, che ancora ci tengono, agli eserghi, e che non li accetterebbero mai se fossero suggeriti dall'editore.
Eppure in passato non era così. Lavoravo. Anonimamente, discretamente, non moltissimo, all'ultimo livello della scala degli scrivani, sotto quello degli scrittori delle quarte di copertina, ma lavoravo.

Molte mani hanno ormai sfogliato il mio curriculum, che in esergo aveva un Brodskij incastonato tra due Kafka (Niente, se ci si riflette, può invogliare ad arrivare per primi ad una corsa./Comunque, se vogliamo avere una parte più importante, la parte dell'uomo libero, allora dovremmo essere capaci di accettare - o almeno di imitare - il modo in cui un uomo libero è sconfitto. Un uomo libero, quando è sconfitto, non dà la colpa a nessuno./Il tutto sembra certo privo di senso, ma a suo modo compiuto.) e che si concludeva con una presentazione di un immaginario Moby Dick che iniziasse, come tutti ricordano, con "Chiamatemi Ismaele" contrapposto al vero Moby Dick, con le sue pagine e pagine di eserghi, dalla Genesi alla Canzone della balena.

Nei colloqui, presentavo le infinite possibilità di apporli, da quella classica, in testa ai capitoli di un romanzo o tra i titoli di testa dei film, a quelle ancora poco o per niente esplorate, come quella di metterli sulle facciate degli edifici, tra l'ultima finestra in alto a destra e il sottotetto, in cima alle porte e alle scale, in testa ai treni, sull'ala destra degli aerei, sul pomello destro del manubrio delle biciclette, alla fine delle strade, in mezzo alle rotonde, sul pannello in testa all'ultima corsia a destra dei caselli delle autostrade a pagamento, all'ingresso dei tunnel, in cima ai moli e ai trampolini, sulle prue delle navi, sugli striscioni degli arrivi delle corse podistiche, delle biciclette e delle gare da sci, sulle porte da calcio, sui tabelloni da pallacanestro, sulle reti del tennis, sulle mazze da hockey, sulle aste dei saltatori con l'asta, sulle siepi della 3000 siepi, sui tavoli da pranzo, sulle ante destre degli armadi, agli angoli delle lenzuola, degli asciugamani e dei tappeti, sui cuscini dei divani, sulle cornici dei quadri, sui servizi di piatti e bicchieri, sul manico delle scope o su quello degli spazzolini da denti, sulle calze, sui fazzoletti, sulle bottiglie del latte, sui biscotti.

Uno degli ultimi cui ho sottoposto la mia proposta, un imprenditore edile, mi ha detto che esagero, che l'idea non regge, non risponde alle esigenze del mercato e che comunque non ho idea di quanti permessi bisognerebbe ottenere per esporre eserghi ovunque.
- Ma ne ha una vaga idea? - mi ha quasi urlato, scocciato.
- E lei ha mai contato, ma dico veramente contato, le etichette che ha addosso e in casa o i cartelli pubblicitari che decorano il percorso che separa la sua porta di casa da quella del suo ufficio?
- Guardi... grazie, è stato un piacere. Arrivederci.
- Lietissimo.... Arrivederci. Balbettò Raskol'nikov cercando di sorridere.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
- gli ho detto uscendo dalla stanza, con un filo di voce.

lunedì 16 maggio 2011

Giovanni

Che mi si creda o meno, è da quando ho cominciato a leggere il suo blog, ad agosto dell'anno scorso, che penso al modo in cui potrei presentarvi Giovanni. Stasera ho realizzato che se continuo a pensare troppo al modo migliore per farlo, finisce poi che non lo faccio proprio più. Sono quindi disposta ad accettare tutte le imperfezioni del modo che vorrà emergere da questa bella serata di domenica di maggio, sperando che potrà accettarle pure lui.

Che mi si creda o meno, ci sono alcune coincidenze, che credo lui ancora almeno in parte ignori, di per sé banali, ma che in qualche modo ci accomunano e che sono per me fonte di positivo, gioioso confronto: non di sfida, che non mi interessa, di semplice confronto, e quindi di necessaria e sana autocritica. Mi limito ad esplicitare le più evidenti e macroscopiche, dalle più remote alle più vicine nel tempo: la nostra età differisce di qualche mese, abbiamo votato entrambi la prima volta alle elezioni europee del 1989 e l'abbiamo fatto nello stesso modo, viviamo entrambi all'estero, abbiamo un debole per Pinocchio, ci interessa la memoria e la scrittura come mezzo per elaborarla e conservarla, per quanto non senza una certa dose di disillusione e disincanto che non intacca il desiderio  e la necessità di provarci comunque, e, non da ultimo, lunedì scorso, mentre tutti parlavano della morte di bin Laden, entrambi, per molte ore, l'abbiamo ignorato perché entrambi stavamo volando.

Per rendergli davvero onore di quanto e di come scrive, dovrei analizzare a fondo i temi che affronta (nonostante un certo rigore nel percorso che sembra imporsi, non necessariamente confinati - come recita il sottotitolo del suo blog - a memoria e tecnologia) ma, soprattutto, il modo in cui lo fa, prima scomponendoli e poi ricomponendoli in un doppio percorso analitico e sintetico che finisce per offrire un quadro, una visione che non si ricompone mai nell'immagine iniziale. È qui che emerge uno dei talenti di Giovanni, da una parte nel suo apporto creativo basato su un metodo efficace, che avverto innato e spontaneo, dall'altra nella sua capacità di conquistare il lettore per un tempo ben più lungo di quello che è effettivamente impiegato per leggere i suoi scritti. Succede così che generalmente lo si legge il lunedì, ma è fino a domenica, in realtà, che si può continuare tranquillamente a ragionarci sopra. C'è poi un tocco finale, che del tutto probabilmente lui ignora, quello di indurre nel lettore la piacevole (per quanto erronea) sensazione che eventuali nuove conclusioni o - più spesso - nuove domande riescano ad emergere in modo autonomo ed originale: come a dire che leggere il suo blog tende ad aumentare sensibilmente l'autostima.

Per quando riguarda i temi, opto per passare ad offrirne un esempio concreto prendendo un suo post e riproponendolo qui senza il suo previo consenso, ma assumendomene pienamente responsabilità, eventuali rischi e contrappassi ed aggiungendovi, di mio, oltre che la mia personale, casalinga interpretazione del suo bellissimo, elegante inglese, solo un esergo. Nella versione originale, si chiamava F-f-f-falling.

C-c-c-cadendo


E noi che la felicità la pensiamo
in ascesa sentiremmo la commozione,
che quasi ci atterra sgomenti,
per una cosa felice che cade.
Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi, Decima Elegia, vv. 110-113
Poesie, II, 1908-1926, Einaudi-Gallimard, 1995
Traduzione di Anna Maria Giavotto Künkler

A 6 minuti e 2 secondi di The Big Snooze (1946), Bugs Bunny e un travestito Taddeo escono dal sogno che stanno ambedue avendo ed iniziano a cadere.



E cadono


e cadono


e cadono. 





Che spettacolo meravigliosamente snervante. Credo sia stata la Warner Brothers, piuttosto che la Disney, a perfezionarlo: la caduta libera prolungata – per buoni quarantadue secondi, in questo caso – verso quella che si potrebbe chiamare una morte incerta. Perché si sapeva che dietro ci sarebbe stata una trovata, ma non sempre la salvezza. In Devil’s Feud Cake (1962), Yosemite Sam muore veramente quando raggiunge il terreno, mentre spesso alla fine di un cartone di Bip bip è difficile essere sicuri che Willie il coyote non si farà male. Un esempio per eccellenza è offerto da Gee Whiz-z-z-z-z-z-z (1956), in cui il coyote implora con successo che lo spettacolo finisca prima di raggiungere il fondo del dirupo. 
Che ne direste di finire questo cartone prima che tocchi terra?




Ma quello che rende le più fantastiche scene di caduta prolungata così snervanti è il terrore esistenziale che attanaglia i personaggi dei cartoni mentre fissano quella che loro appare essere una morte reale. Quei quarantadue secondi in The Big Snooze sono saturi del tormento urlato di Taddeo, reso ancora più sconvolgente dalla nonchalance di Bugs, mentre la discesa in picchiata dell'aereo lunga un minuto di Falling Hare (1943) dà a questi abbastanza tempo per passare attraverso diversi stadi di sofferenza, inclusa la rabbia, 



la depressione, 



e l'accettazione.






Alla fine l'aereo finisce senza carburante, fermandosi stridendo a qualche centimetro da terra, e Bugs torna a fare lo spiritoso prima che 'That's All, Folks!' abbia il tempo di balenare sullo schermo, ma la rapida, sciocca soluzione non scioglie completamente la tensione, né fa dimenticare il tempo concesso a contemplare la fine della vita.


Ci si ritrova anche con un dilemma filosofico: i personaggi dei cartoni animati sono indistruttibili? Willie il coyote ovviamente prova dolore, cade con rassegnazione, ma senza apparente paura di morire. Farà un buco nel terreno e ne uscirà scalandolo, o butterà fuori un grande sbuffo di polvere di canyon e ritornerà nella scena successiva. Nello splendido Russian Rhapsody (1944), Hitler veramente cerca di accelerare la propria caduta libera per uscire da sotto un bombardiere in picchiata, e atterra sui propri piedi incolume solo per essere schiacciato dall'aereo. Ma quando Bugs precipita dal cielo, ha bisogno di un dispositivo, di una trovata o di uno stratagemma che lo fermi dal raggiungere il terreno in velocità. In The Big Snooze non ha paura perché ha con sé una bottiglia di tonico per capelli che ‘ferma la caduta delle lepri’. In Hare Lift (1951) e in Devil’s Feud Cake, tira un ‘aerofreno’ e l'aereo riesce miracolosamente a fermarsi. In High Diving Hare (1948) resta sospeso a mezz'aria e fa la battuta:

So che questo sfida la legge di gravità, ma, vedete, non ho mai studiato legge. 
Maggiore è il pericolo, più stupido è l'effetto finale, o maggiore l'inganno. Chiaramente quello che contava per i realizzatori del film era la caduta di per sé, la possibilità di giocare con le aspettative degli spettatori e di creare una improbabile, quasi insopportabile suspense. Qualcuno sull'orlo del precipizio non era affatto una novità neanche allora. Harold Lloyd l'aveva traformata in una forma d'arte, soprattutto nel suo famoso Preferisco l'ascensore del 1923, da cui è tratta questa celebre immagine: 






Lloyd, Keaton e Chaplin erano personaggi dei cartoni ante litteram, solo marginalmente meno elastici e in fin dei conti più distruttibili. Potevano resistere a un sacco di maltrattamenti fisici, ma non li si poteva semplicemente  buttar giù da un aereo o da un edificio perché non ci sarebbe stato modo di salvarli. Nel 1988, Robert Zemeckis mischiò le cose facendo cadere Bob Hoskins da un edificio da cartone animato, in una lunga sequenza – di oltre un minuto – di esplicito omaggio a quei cartoni animati del tempo di guerra della Warner Brothers. E Joel ed Ethan Coen avevano pensato ovviamente ad entrambi i precedenti, e a quello di Harold Lloyd, nelle due scene di caduta di Mister Hula Hoop (1994). La prima, lunga quarantaquattro secondi, segue il salto suicida di Waring Hudsucker, l'amministratore delegato delle Industrie Hudsucker di fronte al suo consiglio di amministrazione, mentre nella seconda, che dura diversi minuti tra altre sequenze, il nuovo amministratore delegato Norville Barnes scivola dal cornicione dello stesso edificio e finisce per essere salvato dall'addetto alle pulizie, che incastra un manico di scopa tra gli ingranaggi del gigantesco orologio, fermando così il tempo. 










Dal punto di vista formale, il film dei Coen era un cartone animato filmato, e in tal senso ricercato. Nel 2007 i realizzatori di Mad Men sono ritornati alla forma reale per metaforizzare stilisticamente il cadere e la caduta di Don Draper. 






Ma quello che questi esempi recenti hanno in comune è che il dramma viene meno: il calcolo dietro lo spettacolo è sin troppo evidente, come le funi che sostengono l'artista di discesa con la corda ne L'uomo che cade di Don DeLillo, che rappresenta di nuovo quel fermo immagine iconico di un uomo che cade dalla Torre Nord del World Trade Centre. 


Tuttavia all'epoca della farsa hanno complessivamente preso la caduta più seriamente. Harold Lloyd nel compiere le sue acrobazie che sfidavano la morte e nel rappresentare i ruggenti anni Venti come un decennio passato su un cornicione, Robert Clampett e i suoi compagni alla Warner Brothers mettendo in questione la marcia verso la vittoria della propaganda del tempo di guerra con i loro eroi e - assieme - farabutti in caduta interminabile e tortuosa dal cielo. Non solo immagini di cadute, ma immagini della Caduta, proprio quando le truppe sovietiche marciavano su Majdanek e poi Auschwitz e gli alleati su Buchenwald. C'è ovviamente la tentazione di leggere tutta l'arte di quell'epoca come una sinistra allegoria, col rischio di esagerare, ma d'altra parte sarebbe difficile sapere che altro fare della spiccata bizzarria di quei cartoni della Warner Brothers, del loro ossessivo oscillare tra la sciocchezza e la precisione. 



A decenni di distanza viviamo in tempi finali diversi. Non cadiamo più a testa in giù, ma altrettanto inesorabilmente, e abbiamo bisogno di trovare delle immagini aggiornate, che calzino. A questo proposito trovo il titolo dell'ultimo romanzo di James Meek molto suggestivo: We Are Now Beginning Our Descent. La tirerà probabilmente per le lunghe, con ancora più spazio per la rabbia e per lo scendere a patti. E poi forse alla fine toccheremo il suolo dolcemente e in sicurezza, solo per aprire le porte della cabina su un mondo in cui non vivremo più.