Neanche i video che seguono li ho fatti io. Non sono stata nemmeno io a raggrupparli: l'ha fatto Didi-Huberman, su un pavimento di un'enorme sala del Palais de Tokyo, su cui, nonostante la loro presenza, si può camminare, se si ha la cura di restare negli spazi lasciati tra un'immagine e l'altra. Del resto, l'installazione di Didi-Huberman è un palese omaggio - oltre che a Warburg, presente con Atlas mnemosyne - al pensiero di Benjamin - assente molto presente - sull'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica. E, fatte, le debite proporzioni da un passaggio all'altro, Benjamin senza Marx, ecc. ecc.
A parte delle immagini fisse riproducenti dei tessuti di anonimi bizantini del XV secolo, delle fotografie non firmate, Desastres de la guerra di Goya e Kriegsfibel di Brecht, tutte le altre sono sequenze video tratte dai film che ho cercato di raccogliere qui, in qualche forma (spero di averli recuperati tutti, pur non avendone rispettato né la sequenza prescelta per ognuno, né l'ordine, né, per forza di cose, la disposizione). Alle pareti, poi, sono riprodotte delle foto di Arno Gisinger.
Omettendo qualsiasi considerazione sui contenuti di ogni riproduzione, mi sembra che si tratti di un tradimento di Benjamin, per quanto compiuto in buona fede e probabilmente involontario, o almeno di una premessa essenziale del suo lavoro. Perché la visione è necessariamente influenzata dal grado di conoscenza dei film da parte di ogni visitatore (nel mio caso, non più di metà), dal ricordo che è rimasto della loro visione, quando c'è stata, dalla scelta di guardarli dapprima dall'alto o passeggiandoci attorno, dal modo di percorrere gli spazi tra i fotogrammi (me ne sono resa facilmente conto sia andando avanti ed indietro sia seguendo con lo sguardo le scelte di percorso, diverse, fatte da chi era con me), dal tempo che ci si trova a dedicare ad ogni film, e, non da ultimo, da quanta attenzione si dedichi alle foto alla pareti e dai tempi e dai modi in cui si scelga di dedicarla.
Nessun visitatore, tenendo conto almeno di questi fattori (e chissà di quanti altri), può vedere la mostra Nuove storie di fantasmi nello stesso modo.
Theo Angelopoulos, Lo sguardo di Ulisse, 1995
Anonimo spagnolo, El entierro de Buenaventura Durruti, 1936
Dominique Abel, En nombre del padre, 1999
Bas Jan Ader, I Am too Sad to Tell You, 1971
Robin Anderson, Bob Connolly, Black Harvest, 1992
Filippo Bonini Baraldi, Plan séquence d’une mort criée, 2004
Aleksandr Dovženko, Arsenale, 1929
Aleksandr Dovženko, La terra, 1930
Harun Farocki, Übertragung, 2007
Jean-Luc Godard, Vivre sa vie, 1962
Mohsen Makhmalbaf, Once Upon a Time, Cinema, 1992
Sergej Paradžanov, La Légende de la forteresse de Souram, 1984
Sergej Ejzenštejn, La corazzata Potëmkin, 1925
Pier Paolo Pasolini, Medea, 1969
Artavazd Pelešjan, Noi, 1969
Pier Paolo Pasolini, La Rabbia, 1963
Vsevolod Pudovkin, La madre, 1926
Glauber Rocha, Terra em transe, 1967
Jean Rouch, Cimetières dans la falaise, 1951
Pier Paolo Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo, 1964
Zhao Liang, Pétition, la cour des plaignants, 1996-2009
Sergej Paradžanov, Le ombre degli avi dimenticati, 1964
Cara Francesca, grazie per questo bel regalo pasquale!
RispondiEliminaDi niente! La sensazione è di non essere stata all'altezza, ma si fa quel che si può.
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