martedì 7 gennaio 2014

Qu'attendons-nous ? L'année 2014 ? La voici

Mes chères concitoyennes, mes chers concitoyens,

A l'aube de cette année 2014, je vous souhaite beaucoup de bonheur.

Une fois dit ça, qu'ai-je dit ?

Que souhaitais-je vraiment ?

Je m'explique : je nous souhaite d'abord une fuite périlleuse, et ensuite un immense chantier. D'abord fuir la peste. La peste de cette tristesse gluante, que par tombereaux entiers, tous les jours, on déverse sur nous. Cette vase venimeuse, faite de haine de soi, de haine de l'autre, de méfiance de tout le monde, de ressentiment passif et contagieux, d'amertume stérile, de hargne persécutoire. Fuir l'incrédulité ricanante, enflée de sa propre importance. Fuir les triomphants prophètes de l'échec inévitable. Fuir les pleureurs et les vestales d'un passé avorté à jamais et barrant tout futur.

Une fois réussie cette difficile évasion, je nous souhaite un chantier. Un chantier colossal. Pharaonique, himalayesque, inouï, surhumain, parce que justement totalement humain. Le chantier des chantiers. Ce chantier sur la palissade duquel, dès les élections passées, nos élus s'empressent d'apposer l'écriteau : Chantier interdit au public. Je crois que j'ose parler de la démocratie. Etre consulté de temps à autre ne suffit plus. Plus du tout. Déclarons-nous tous responsables de tout. Entrons sur ce chantier. Pas besoin de violence, de cris, de rage. Pas besoin d'hostilité, juste besoin de confiance. De regard. D'écoute. De constance. L'Etat en l'occurrence, c'est nous.

Ouvrons des laboratoires, ou rejoignons ceux, innombrables déjà, où à tant de questions et de problèmes, des femmes et des hommes trouvent des réponses, imaginent et proposent des solutions qui ne demandent qu'à être expérimentées et mises en pratique, avec audace et prudence. Avec confiance et exigence. Ajoutons partout, à celles qui existent déjà, des petites zones libres. Oui, de ces petits exemples courageux qui incitent au courage créatif. Expérimentons nous-mêmes, expérimentons humblement, joyeusement, et sans arrogance. Que l'échec soit notre professeur, pas notre censeur. Cent fois sur le métier remettons notre ouvrage. Scrutons nos éprouvettes minuscules ou nos alambics énormes, afin de progresser concrètement dans notre recherche d'une meilleure société humaine. Car c'est du minuscule au cosmique que ce travail nous entraînera. Et entraîne déjà ceux qui s'y confrontent. Comme les poètes qui savent qu'il faut tantôt écrire une ode à la tomate ou à la soupe de congre, tantôt écrire les "Châtiments". Sauver une herbe médicinale en Amazonie et garantir aux femmes la liberté, l'égalité, la vie souvent.

Et surtout, surtout : disons à nos enfants qu'ils arrivent sur Terre quasiment au début d'une histoire et non pas à sa fin désenchantée. Ils en sont encore aux tout premiers chapitres d'une longue et fabuleuse épopée, dont ils seront, non pas les rouages muets, mais au contraire les inévitables auteurs. Il faut qu'ils sachent, que, ô merveille, ils ont une oeuvre faite de mille œuvres, à accomplir ensemble avec leurs enfants, et les enfants de leurs enfants. Disons-le haut et fort, car beaucoup d'entre eux ont entendu le contraire et je crois moi que cela les désespère. Quel plus riche héritage pouvons-nous léguer à nos enfants que la joie de savoir que la genèse n'est pas encore terminée, et qu'elle leur appartient ?

Qu'attendons-nous ?

L'année 2014 ? La voici.


Mie care concittadine, miei cari concittadini,

all'alba di quest'anno 2014, vi auguro molta felicità.

Detto questo, che cosa ho detto?

Che cosa ho veramente augurato?

Mi spiego: ci auguro innanzi tutto una fuga piena di rischi, e poi un immenso cantiere. Innanzi tutto sfuggire alla peste. La peste di questa tristezza appiccicosa, che a carrettate, ogni giorno, ci viene riversata addosso. Questo vaso velenoso, fatto di odio di sé, di odio dell'altro, di sfiducia di tutti, di risentimento passivo e contagioso, di amarezza sterile, di astio persecutorio. Sfuggire all'incredulità fatta di sogghigni, gonfia della propria importanza. Sfuggire ai profeti trionfanti dell'inevitabilità del fallimento. Sfuggire a quelli che non fanno che piangere e alle vestali di un passato fallito per sempre, ostacolo ad ogni futuro.

Una volta riuscita questa difficile evasione, ci auguro un cantiere. Un cantiere colossale. Faraonico, himalayano, inaudito, sovrumano, proprio perché totalmente umano. Il cantiere dei cantieri. Questo cantiere sulla cui recinzione, fin dalle ultime elezioni, i nostri eletti si premurano di apporre la scritta: Cantiere vietato al pubblico. Mi sa che mi sto azzardando a parlare di democrazia. Essere consultati di tanto in tanto non basta più. Per niente. Dichiaramoci tutti responsabili di tutto. Entriamo in questo cantiere. Non c'è bisogno di violenza, di grida, di rabbia. Non c'è bisogno di ostilità, solo bisogno di fiducia. Di attenzione. Di ascolto. Di costanza. Lo Stato, in questo caso, siamo noi.

Apriamo dei laboratori, o andiamo in quelli, già innumerevoli, dove a molte domande e problemi donne ed uomini trovano risposte, immaginano e propongono soluzioni che chiedono solo di essere provate e messe in pratica, con coraggio e prudenza. Con fiducia ed esigenza. Aggiungiamo ovunque, a quelle che esistono già, delle piccole zone libere. Sì, quei piccoli esempi coraggiosi che incitano al coraggio creativo. Sperimentiamo noi stessi, sperimentiamo umilmente, gioiosamente, e senza arroganza. Che il fallimento sia il nostro professore, non il nostro censore. Fare e rifare il nostro lavoro centinaia di volte. Esaminiamo le nostre minuscole provette o i nostri enormi alambicchi per progredire concretamente nella nostra ricerca di una società umana migliore. Perché è dal minuscolo al cosmico che questo lavoro ci condurrà. E già conduce quelli che ci si misurano. Come i poeti che sanno che alle volte bisogna scrivere un'ode al pomodoro o alla zuppa di grongo, ed altre volte i "Castighi". Salvare un'erba medicinale in Amazzonia e garantire alle donne la libertà, l'uguaglianza, spesso la vita.

E soprattutto, soprattutto: diciamo ai nostri figli che arrivano sulla Terra quasi all'inizio di una storia, e non alla sua fine disincantata. I nostri figli si trovano ancora nei primissimi capitoli di una lunga e favolosa epopea, di cui saranno non le rotelle mute, ma, al contrario, gli inevitabili autori. Bisogna che sappiano che - oh meraviglia - hanno da compiere un'opera fatta di mille opere, assieme ai loro figli e ai figli dei loro figli. Diciamolo forte e chiaro, perché molti di loro hanno sentito l'opposto ed io credo che questo tolga loro la speranza. Quale più ricca eredità possiamo trasmettere ai nostri figli della gioia di sapere che la genesi non è ancora finita e che gli appartiene?

Che cosa aspettiamo?

L'anno 2014? Eccolo.

Ariane Mnouchkine

(cfr. Meneghello, volendo)

2 commenti:

  1. Ciao Francesca! Come stai? Spero bene :-) Volevo solo dirti che ti ho nominata per il Liebster award: http://sonnenbarke.wordpress.com/2014/02/09/liebster-award/ Non importa se parteciperai o meno, era solo un modo per dirti e dire agli altri che il tuo blog mi piace molto e apprezzo tanto quello che scrivi e come lo fai. Non che ci fossero dubbi, d'altronde. Un forte abbraccio.

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  2. Ciao, Marina! Bene, grazie, mi manca solo almeno qualche ora al giorno. Spero bene anche te. Grazie: a Ragazzoni, Benjamin, Kafka e a tutti gli altri fa piacere che tu mi dica questo.
    Un forte abbraccio a te e - spero - ad un giorno non lontano.

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