domenica 15 aprile 2012

La memòria té molta imaginació

Non ho mai fatto collezioni di oggetti, anche se provo curiosità per coloro che hanno la costanza di idearle, curarle ed arricchirle nel tempo, specialmente se sono intrinsecamente inadatte ad essere completate. Di alcune astrazioni sì, però. Tra le più ricorrenti figura una raccolta di incontri improbabili, del cui effettivo verificarsi o addirittura della cui verosimiglianza non mi curo troppo o affatto. Dell'incontro tra Kafka e il ladro della sua guida a Milano, del suo contesto e delle sue circostanze,  ho già raccontato una volta. Un incontro cui penso negli ultimi tempi è quello tra Benjamin e Céline nel passage Choiseul, che mi ossessiona perché ci passo di frequente, perché so che ci è cresciuto Céline e perché Passagenwerk di Benjamin è una delle opere che, suo malgrado, non è riuscito a regalarci per intero, ma solo a suggerire, a farci intravvedere, per tacere della evidente distanza intellettuale ed ideale tra i due, che può indurre a cristallizzarli, semplificando, negli archetipi del carnefice e della vittima. Li vedo incrociarsi proprio lungo quel passage (ma più verso la rue Saint-Augustin che verso la rue des Petits-Champs, che mi rimanda troppi echi kafkiani), a dispetto dei tempi che non collimano per niente, perché li seguo mentre camminano in anni diversi: Céline di fretta, facendosi largo tra i passanti che guardano le vetrine, nervoso e smanioso di vincere il Goncourt, mentre si sta dirigendo verso Drouant, il famoso ristorante proprio dietro l'angolo, dove assegnano il premio e di fronte al quale intende aspettare l'esito della votazione, che non gli sarà favorevole, Benjamin, ugualmente inconsapevole del passante che sta incrociando, appena sfiorato dal lampo del suo sguardo ed intento, piuttosto, ad osservare i piccoli gesti dei commercianti, le loro merci, l'architettura del passage e il suo rapporto col Théâtre des Bouffes-Parisiens, cui offre uno dei due accessi, e a pensare al modo in cui organizzare la propria opera e preservarla dal tempo e dagli uomini.
Questi ed altri incontri, per quanto improbabili e non poco forzati, lasciano sull'asfalto invisibili orme che cerco di seguire, alimentano i miei pensieri ad ogni passaggio nei loro luoghi, radicandosi nei miei ricordi né più né meno di incontri o, più in generale, di fatti, reali, e producendo suggestioni (di cui la principale è: cosa avrebbero fatto, come avrebbero reagito se i loro sguardi si fossero incrociati per più di qualche istante, fino a guardarsi?) e, a loro modo, costruendo memoria.
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Acte I
Poema de la permanéncia

Les tres actrius fan temps, mantenen l'atenció del públic amb gestos mínims, caminen, s'asseuen i parlen entre elles sense que la gent entengui el que diuen. Realitzen moviments que no expressen res en particular, intensament vives.


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D'un en un s'aproximen als espectadors.

Walt: Sóc Walt Disney.
Vladimir: Sóc Vladimir Lenin.
Salvador: Sóc Salvador Dalí.

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Salvador: Escolteu, em sap greu, no us he ensenyat l'altra sala.
Walt: Non crec pas que sigui necessari.
Salvador: Em feia por que estigués mal orientada.
Vladimir: Quines parets tan blanques. Em pregunto quantes vegadas es deuen haver pintat. Segur que són incomptables. Tot i axí, semblen mudes. Definitivament, no m'agrada el blanc, m'agradarien de color vermell.
Salvador: A mi tampoc, és massa neutre, insípid. Però de vermell tampoc! Ja hi tornem a ser.
Walt: Aquestes parets no tenen portes. Sempre murs, sempre passadissos, i a l'altre costat encara més murs. No hi a entrada ni sortida.
Vladimir:  Però on vols anar, tu, ara?
Walt: La qüestió no és l'ara, ni l'ahir ni el demà. Anem avançant de nou, una vegada més, travessant passadissos, sales i galeries per aquest sinistre lloc d'una altra època, de silencioses habitacions on les petjades són absorbides, on un no sent ni els seus propis passos. Passadissos transversals que porten a sales desertes, sobrecarregades amb la decoració d'èpoques passades, habitacions silencioses, on les petjades són absorbides. Molt lluny del lloc on som ara, abans que nosaltres, esperant una vegada més.

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Salvador: Estàvem parlant de colors, no ens desanimis ara tu.

Vladimir: Quin lloc és aquest?

Salvador: Tu ho has dit, és només un lloc.

Walt: Com hem arribat aquí?

Vladimir: Sempre hem estat aquí.

Walt: Sempre serem aquí.

Vladimir: Això ja ho veurem, falta que vulguin.

Salvador: No tingueu temptaciones de creure en la realitat, les coses no són com són, sinó com es recorden. La memòria té molta imaginació, és molt miserable. El passat és molt relatiu.

Walt: Present com a futur, futur com a present.

Vladimir: Tot gira al voltant de la idea que hi ha solució per a tot i que només cal trobar-la.

Walt: I és així...

Oriol Villanova, Ells no poden morir, Christoph Keller Editions, 2011



Atto I
Poesia della permanenza

I tre attori passano il tempo, mantengono l'attenzione del pubblico con gesti minimi, camminano, si mettono a sedere e parlano tra di loro senza che la gente riesca a cogliere quello che dicono. Effettuano movimenti che non esprimono niente in particolare, estremamente vivaci.

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Uno alla volta si avvicinano agli spettatori.

Walt: Sono Walt Disney.
Vladimir: Sono Vladimir Lenin.
Salvador: Sono Salvador Dalí.

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Salvador: Senti, mi dispiace, non ti ho mostrato l'altra sala.
Walt: Non credo sia necessario.
Salvador: Temevo fosse mal orientata.
Vladimir: Che pareti bianche. Mi chiedo quante volte devono essere state tinteggiate. Sicuramente innumerevoli. Anche così, sembrano mute. Definitivamente, non mi piace il bianco, mi piacerebbero di colore rosso.
Salvador: Neanche a me piacciono, è troppo neutro, insipido. Ma non mi piacerebbero nemmeno di rosso! Ci risiamo.
Walt: Queste pareti non hanno porte. Sempre muri, sempre corridoi, e dall'altra parte ancora più muri. Non ci sono né entrata né uscita.
Vladimir:  Ma dove vuoi andare, ora?
Walt: La questione non è l'ora, né lo ieri né il domani. Stiamo di nuovo avanzando, una volta ancora, attraversando passaggi, sale e gallerie attraverso questo sinistro posto di un'altra epoca, abitazioni silenziose dove le orme sono assorbite, dove non si riescono a sentire nemmeno i propri passi. Passaggi trasversali che conducono a sale deserte, sovraccariche di decorazioni di epoche passate, abitazioni silenziose, dove le orme sono assorbite. Un lungo percorso dal posto in cui ci troviamo ora, che ci precede, in attesa una volta ancora.

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Salvador: Stavamo parlando di colori, non scoraggiarci, ora.

Vladimir: Che posto è questo?

Salvador: L'hai detto, è solo un posto.

Walt: Come siamo arrivati qui?

Vladimir: Siamo sempre stati qui.

Walt: Saremo sempre qui.

Vladimir: Lo vedremo, solo se lo vogliono.

Salvador: Non farti tentare dal credere nella realtà, le cose non sono come sono, ma solo come sono ricordate. La memoria ha molta immaginazione, è molto miserabile. Il passato è molto relativo.

Walt: Presente come futuro, futuro come presente.

Vladimir: Tutto gira attorno all'idea che ci sia una soluzione per tutto e che basti trovarla.

Walt: È proprio così...

Il passage Choiseul si trova sia in Benjamin sia in Morte a credito, dove è chiamato diversamente: cette année là, où mes parents firent de si mauvaises affaires, passage de La Bérézina.

4 commenti:

  1. Cara Francesca,
    i tratti onirici del tuo modo di pensare e scrivere mi attraggono sempre di più.
    Il Dalì del Poema de la permanéncia, comunque, aveva proprio ragione:
    “le cose non sono come sono, ma solo come sono ricordate. La memoria ha molta immaginazione…”.
    Un caro saluto.
    Francesco

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  2. Grazie, Francesco. Chissà perché qualche volta mi viene da metterli per iscritto e renderli pubblici. È una domanda che talvolta mi pongo e alla quale non so dare una vera risposta.

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  3. La risposta la conosci, meglio di me: abbiamo tutti un insopprimibile bisogno di comunicare. Bisogno accentuato da un mondo che isola sempre più gli individui.
    Semmai non capisco bene la ragione per cui, persone come noi, cercano nella rete, che ha contribuito ad isolare gli individui, la fraternità smarrita nella vita reale.

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  4. Non sono sicura né della bontà della risposta che dai né dell'esigenza che prospetti: la cosa potrebbe essere piuttosto legata alla più o meno inconscia volontà (che fa rima con velleità) di lasciare tracce.

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