Riprendo a scrivere o, meglio, soprattutto a provare ad interpretare pensieri, possibilmente inattuali, nonostante non si sia verificata nessuna delle condizioni cui, in modo tanto naïf quanto sincero, avevo subordinato il mio silenzio in questo spazio. Questo per chiarire fin da subito a coloro che non abbiano avuto modo o voglia di seguire la più recente cronaca politica italiana che Silvio Berlusconi non si è dimesso e non ha nemmeno cominciato a sottoporsi ad uno dei processi in cui è imputato, anzi, come da copione, si sta adoperando per risolvere legislativamente i propri problemi giudiziari (nelle pause tra un dispiacere per Gheddafi e l'altro).
Riprendo a scrivere se non altro perché le due condizioni prospettate renderebbero il mio silenzio definitivo, anticipandolo prima del tempo e privandomi in tal modo non solo del piacere di continuare a condividere questa mia esperienza con alcune persone che mai avrei potuto conoscere altrimenti, ma anche della possibilità di commettere errori anche in questo spazio e io, ai miei errori, tengo tantissimo: sono tra le cose più rivelatrici e fertili che io conosca.
Ecco, ho appena commesso un errore: ho metacomunicato. La metacomunicazione - mi hanno insegnato - consiste nel parlare del parlare, senza dire nient'altro: è un'azione grave, che non si deve compiere, un errore imperdonabile. A questo punto, immagino che sto addirittura metametacomunicando, in quanto parlo del parlare del parlare: deve essere gravissimo.
C'è una poesia di Sanguineti che finora ho esitato a ricopiare proprio per il suo imperdonabile aspetto metacomunicativo. È giunto senz'altro il momento di metapubblicarla.
Anni fa ho scritto, come tanti, delle poesiole partendo, del tutto inconsapevolmente, da dei petits faits vrais. Se continuo ad insistere a commettere degli sbagli, finisce che un giorno ne riporto una.
Riprendo a scrivere se non altro perché le due condizioni prospettate renderebbero il mio silenzio definitivo, anticipandolo prima del tempo e privandomi in tal modo non solo del piacere di continuare a condividere questa mia esperienza con alcune persone che mai avrei potuto conoscere altrimenti, ma anche della possibilità di commettere errori anche in questo spazio e io, ai miei errori, tengo tantissimo: sono tra le cose più rivelatrici e fertili che io conosca.
Ecco, ho appena commesso un errore: ho metacomunicato. La metacomunicazione - mi hanno insegnato - consiste nel parlare del parlare, senza dire nient'altro: è un'azione grave, che non si deve compiere, un errore imperdonabile. A questo punto, immagino che sto addirittura metametacomunicando, in quanto parlo del parlare del parlare: deve essere gravissimo.
C'è una poesia di Sanguineti che finora ho esitato a ricopiare proprio per il suo imperdonabile aspetto metacomunicativo. È giunto senz'altro il momento di metapubblicarla.
per preparare una poesia, si prende “un piccolo fatto vero” (possibilmente
fresco di giornata): c’è una ricetta simile in Stendhal, lo so, ma infine
ha un suo sapore assai diverso: (e dovrei perderci un’ora almeno, adesso,
qui, a cercare le opportune citazioni: e francamente non ne ho voglia):
conviene curare
spazio e tempo: una data precisa, un luogo scrupolosamente definito, sono gli ingredienti
più desiderabili, nel caso: (item per i personaggi, da designarsi rispettando l’anagrafe:
da identificarsi mediante tratti obiettivamente riconoscibili):
ho fatto il nome
di Stendhal: ma, per lo stile, niente codice civile, oggi (e niente Napoleone, dunque,
naturalmente): (si può pensare, piuttosto, al Gramsci dei Quaderni, delle Lettere, ma
condito in una salsa un po’ piccante: di quelle che si trovano, volendo, là in cucina,
presso il giovane Marx): e avremo una pietanza gustosamente commestibile, una specialità
verificabile: (verificabile, dico, nel senso che la parola può avere in Brecht, mi pare,
in certi appunti dell’Arbeitsjournal): (e quanto all’effetto V, che ci vuole, lo si ottiene
con mezzi modestissimi): (come qui, appunto, con un pizzico di Artusi e Carnacina):
e
concludo che la poesia consiste, insomma, in questa specie di lavoro: mettere parole come
in corsivo, e tra virgolette: e sforzarsi di farle memorabili, come tante battute argute
e brevi: (che si stampano in testa, così, con un qualche contorno di adeguati segnali
socializzati): (come sono gli a capo, le allitterazioni, e, poniamo, le solite metafore):
(che vengono a significare, poi, nell’insieme:
attento, o tu che leggi, e manda a mente):
Edoardo Sanguineti
Postkarten, Poesie 1972-77, Feltrinelli, 1978
Anni fa ho scritto, come tanti, delle poesiole partendo, del tutto inconsapevolmente, da dei petits faits vrais. Se continuo ad insistere a commettere degli sbagli, finisce che un giorno ne riporto una.
Prorompo, imperdonabilmente, in un'escalamazione di metagiubilo.
RispondiEliminaBenvenuta nel mondo dei vivi. Che cos'e' un blog se non una sola ed ininterrotta metacomunicazione?
RispondiEliminaGrazie, metalettori pazienti. Prorompete quando e quanto volete. Restare sospesi un po' nel limbo prima di tornare nel mondo dei vivi può essere a volte necessario, specialmente ora che, da quanto ne so, ufficialmente il limbo non esiste più se non nella Divina Commedia.
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