sabato 23 aprile 2016

Il Manoscritto Hopkins di R.C. Sherriff

Prefazione

(Dalla Imperial Research Press, Addis Abeba)

Quando, due anni fa, la Royal Society dell'Abissinia scoprì "Il Manoscritto Hopkins" tra le rovine di Notting Hill, nacque la speranza che si sarebbe fatta almeno un po' di luce sugli ultimi, tragici giorni di Londra.
Tuttavia, uno studio attento del manoscritto ha provato che questa speranza è stata vana. Edgar Hopkins, il suo autore, fu un uomo di una tale inestinguibile autostima e limitata visione che la sua narrazione diventa quasi priva di valore per lo scienziato e lo storico, e se ne fa scarsa menzione nella voluminosa e magistrale opera della Royal Society "Investigazioni nelle Civiltà Estinte dell'Europa Occidentale".
Tuttavia, nonostante tutti i suoi difetti, "Il Manoscritto Hopkins" possiede una caratteristica unica: è il solo resoconto personale e quotidiano scoperto finora che ci restituisca i sentimenti intimi di un inglese durante i giorni del Cataclisma. La nostra ignoranza in fatto di storia dell'Inghilterra ha provocato molti commenti nei recenti dibattiti scientifici, ma bisognerebbe ricordarsi che per un centinaio d'anni dopo il crollo della "Civiltà Occidentale" i popoli delle nazioni rinate dell'est si sono abbandonati ad un'orgia dissennata di distruzione di tutto quello che esisteva nei loro paesi per ricordare loro dei giorni in cui vivevano sotto il dominio dell'"uomo bianco". Ogni libro stampato, ogni traccia d'arte sopravvissuta nell'Europa occidentale fu sistematicamente scovata e distrutta. Nei successivi settecento anni, il clima umido dell'Inghilterra completò il lavoro di distruzione e la tragedia della nostra rinascita di interesse nelle nazioni d'Europa dal lungo passato è che è arrivata troppo tardi. La nostra conoscenza dell'Inghilterra rischia di fondarsi per sempre su frammenti inadeguati, quali "Il Manoscritto Hopkins", sopravvissuto per un colpo di fortuna.
Qui si può dire una parola sulla storia della sua scoperta.
La parte continentale dell'Europa occidentale, un tempo abitata da francesi, tedeschi, italiani e spagnoli, è stata da allora colonizzata ed ogni traccia della sua passata civiltà è stata spazzata via. Nella sola isola britannica è rimasta qualche speranza di recuperare delle prove per ricostruire la gloria perduta dell'"uomo bianco".
Il clima umido britannico non ha attratto i popoli dell'est e, per quasi mille anni, da quando i suoi sventurati abitanti sono morti di fame tra le rovine delle loro città un tempo nobili, l'isola è rimasta una discarica desertica, frequentata da fantasmi - le sue città ed i suoi paesi sepolti sempre più in profondità sotto boschi e paludi invadenti.
Le difficoltà incontrate dalla spedizione pionieristica della Royal Society dell'Abissinia furono sufficienti a scoraggiare l'esploratore più ardito e non sorprende che ritornò quasi a mani vuote.
Gli inglesi annotarono le proprie vite e conquiste su carta così fragile che tutte le vestigia sono scomparse nella perpetua umidità dell'isola, e le loro iscrizioni su metallo e pietra sono della più scarsa qualità.
Una tavoletta di ferro completamente arrugginita fu trovata dodici miglia a sud-ovest di Londra. La sua iscrizione è stata decifrata dal dott. Shangul dell'Università di Adua, restituendo un "NON CALPESTARE LE AIUOLE" ed è attualmente ospitata nella Collezione reale ad Addis Abea.
La colonna rettangolare della pietra con l'iscrizione "PECKHAM 3 MIGLIA" può essere vista nel Museo Imperiale dell'Afghanistan.
La sola altra iscrizione trovata in Inghilterra ha suscitato molte speranze, al momento del suo ritrovamento. Recava molti nomi incisi, ma si rivelò la più grande delusione di tutte. La tavoletta, che commemora l'apertura di una piscina nella parte settentrionale di Londra, riporta in dettaglio i nomi del Consiglio circoscrizionale, dell'architetto e dell'ingegnere sanitario ed omette il nome del monarca in carica e del primo ministro - un esempio di vanagloria urbana che fa inorridire la mente moderna.
"Il Manoscritto Hopkins" fu scoperto grazie ad un puro colpo di fortuna. Mentre stava tagliando legna per il fuoco necessario alla spedizione ogni notte per proteggersi dai branchi di cani selvaggi che vagavano per l'isola, un giovane scienziato scoprì un muro di mattoni rossi in completa rovina che crollò sotto la pressione, rivelando così in una cavità una fiaschetta sotto vuoto. Il manoscritto vi era sopravvissuto, mentre milioni di libri, esposti agli elementi, erano andati distrutti.
E così "Il Manoscritto Hopkins" arriva fino a noi - un grido flebile e solitario di angoscia dalla notte dell'Inghilterra morente - infinitamente patetico nelle piccole, pietose presunzioni e nell'autostima del suo autore. Solleva l'ombra dai lembi morti di una nazione un tempo potente, come lo sfolgorio di un fiammifero può dissipare l'oscurità dal deserto del Sahara, eppure è tutto quello di cui abbiamo - tutto quello che avremo per ricordarci di un popolo che un tempo visse nella gloria.
Sappiamo che Giulio Cesare invase la Britannia perché questo è registrato su pietra eterna in Italia, ma quel che accadde dopo l'invasione di Giulio Cesare rimane un mistero che i nostri uomini di scienza probabilmente non sveleranno mai.
Questa edizione economica de "Il Manoscritto Hopkins" è pubblicata esattamente come fu scritta, ma un'edizione completamente annotata da quel brillante studioso, il dott. Shangul dell'Università di Adua, che ha corretto tutti gli errori grammaticali dell'autore, è stata pubblicata dalla Royal Society dell'Abissinia.

R.C. Sherriff, The Hopkins Manuscript, 1939
A meno di una mia svista, possibilissima, non ne esiste una traduzione italiana. 

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