mercoledì 12 agosto 2015

Portbou, luglio 2015

Sono venuta fisicamente a Portbou, endlich.
Ho quindi visto Portbou o, meglio, ho visto quello che ho voluto vedere: il paese, la ferrovia, la chiesa, gli alberi bruciati sulle alture intorno, le gettate di cemento del complesso parcheggione-banchina del porto nuovo, i turisti davanti ai condomini fronte mare ed un esercizio della memoria ipertrofica declinata in forma di targhe disseminate in molti punti del paese e del suo cimitero, a partire da quella esibita sulla facciata del tuo ultimo albergo, di una stele di una tomba fittizia ricoperta di pietre, alcune, per il timore che la funzione delle nude pietre non bastasse, provviste di scritte esplicative a pennarello, che la pioggia penserà ad attenuare fino al giusto oblio, del famoso monumento inclusivo di targa di anniversario della posa del monumento medesimo, come se la memoria avesse smesso di essere diretta a te per parlare solo di sé, chiudendosi in se stessa, di citazioni tratte dalle tue opere e del centro che un giorno sarà dedicato interamente a te, salvo la targa da dedicare al politico che provvederà ad inaugurarlo. Ti farò sapere il suo nome, se non tergiverseranno ancora a lungo.
Ho anche dovuto rispondere ad una serie di domande di un'inchiesta rivoltemi, all'uscita dal cimitero, da un esperto di architettura del paesaggio, ma ignaro di lingue diverse dalla sua, cui ho cercato di restituire - in uno spagnolo inventato che si arricchiva via via che ascoltavo le domande - le mie impressioni fresche fresche sul monumento, tratte percorrendo el circuito a te dedicato in senso inverso rispetto a quello che lui stesso mi aveva suggerito prima che lo affrontassi, con l'avvertimento che non mi riusciva proprio di districare, così, a caldo, l'effetto della visita dalle letture delle tue opere (mi è uscito un improbabile todo es entrelazado). Alla fine dell'intervista, l'esperto deve essere rimasto piuttosto deluso, mentre io avevo sistemato già qualche aggettivo possessivo, anche se continuo ad ignorare quelli delle persone che non abbiamo avuto modo di usare: tutti i plurali, ad esempio. Du hättest Spaß gehabt.
Speravo di poter continuare ad immaginare il tuo ultimo sguardo posato su un posto bello. Non credo che lo fosse nemmeno nel 1940, non in quella camera d'albergo senza vista né sul mare né sui colli, ma questo è un dettaglio, naturalmente, rispetto ai pensieri che devono aver accompagnato la tua lunga fuga. Sappi invece - ed è solo per questo che ti scrivo oggi, in fondo - che c'è una barchetta vicino a riva, discreta, che non attira l'attenzione dei bagnanti, ancorata con la prua verso terra, su cui ha fisso lo sguardo, e la poppa verso l'orizzonte, come il tuo angelo della storia, con la schiena rivolta al futuro.


Ed i tuoi libri, naturalmente, in molte case e in tutte le biblioteche, e quelli altrui, ma anche molta memoria, ancora da costruire, di tutti gli uomini con una valigia, ma soprattutto di quelli senza nemmeno quella.

2 commenti:

  1. Cara Francesca, anch'io ho voluto vedere coi miei occhi il paesino dove è finito il viaggio terreno di W. Benjamin. Ero emozionato anch'io ma, a parte qualche foto, non sono riuscito ad articolare parola alcuna. Le tue parole mi hanno colpito tanto. Ti ringrazio tanto e ti mando un abbraccio

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  2. Grazie a te, Francesco. Ci ho provato. Un abbraccio a te.

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