giovedì 4 ottobre 2012

Bumerang

War einmal ein Bumerang;
War ein Weniges zu lang.
Bumerang flog ein Stück,
Aber kam nicht mehr zurück.
Publikum­ - noch stundenlang ­-
Wartete auf Bumerang.

Joachim Ringelnatz


Boomerang

Era una volta un boomerang;
era lungo fino a Pyongyang.
Boomerang volò per un po',
ma indietro più non tornò.
Pubblico fiducioso tutto attorno
di boomerang aspettò il ritorno.


Non è questione di rime, che pur hanno il loro peso. È soprattutto quello che manca, quello che non c'è, che qui conta, e il suo contribuire, passo imperfetto dopo passo imperfetto, a perfezionare una serie di metamorfosi che hanno luogo nello spazio di sei miseri versi, o almeno così a me pare dopo avere provato ad infilarmici dentro, a rivoltarli e a trasportarli di qualche grado di latitudine più a sud: la sparizione di articoli, pronomi e/o aggettivi dimostrativi ((C')era una volta un boomerang. (Esso) era un po' troppo lungo. (Questo/Il) boomerang volò per un tratto) trasforma un boomerang quasi in una persona, un uomo di nome Boomerang, cui seguono la comparsa improvvisa de (il) pubblico quando ci si aspetterebbe ancora e sempre (il) boomerang, la perdita del senso della realtà negli astanti, che invano attendono per ore ed ore in un modo che è fin troppo facile immaginare muto e stupefatto, la mutazione dello spazio coperto dal volo in un'attesa, e quindi in tempo, fino alla scomparsa del lettore, che si fa pubblico, quando arriva il punto finale. Ecco, siamo noi, ora, ad aspettare. 
Passando a cose serie, io un giorno li faccio incontrare, Ringelnatz e Ragazzoni.

3 commenti:

  1. Praticamente il Deserto dei tartari. Dove si va ad aspettare Godot che gode, lo sciagurato, a farsi aspettare senza fine (tu trascini la nostra vita - absit iniuria verbis).

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    1. (Quando non rispondo non è per maleducazione, è perché non sempre ho qualcosa da dire.)

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