Registro un malcelato piacere, da parte degli italiani, nel sapere che il numero dei contagi in Francia cresce sensibilmente ogni giorno. Ho l'impressione che il piacere potrebbe essere ancora più intenso se la situazione dovesse peggiorare in modo evidente anche in Germania ("anche in Germania, eh"). Quasi nessuno, in questo momento, pensa che il futuro potrebbe riservare lo stesso destino agli italiani, tanti e variegati essendo i fattori (e le lacune di conoscenza) che determinano il propagarsi del virus, il suo accelerare, il suo rallentare e il suo deviare. Quasi tutti sono convinti che la pandemia sia sotto relativo controllo in Italia grazie ad un lockdown senza pari, alla bravura ineguagliata dei suoi amministratori, in primis i presidenti delle regioni, che tutti, ma proprio tutti, si ostinano a chiamare governatori, e alla disciplina degli italiani.
Il mio campo di osservazione comprende parenti, conoscenti, vicini di casa, intervistati - tra cui molti virologi ed epidemiologi, non solo politici - sui giornali e alla televisione, che non guardavo da secoli e che mi ha fatto male riguardare, soprattutto in questo tempo di ripiegamento nazionale: è tutto un noi e loro, e non solo in fatto di pandemia. Persino il noi di Zingaretti, pur contrapposto all'io, non è un noi socialmente significativo, ma è un noi nazionale.
Sono in Italia da agosto per recuperare tempo rubato e per passare del tempo nuovo, prezioso con i miei, ma io non abito più in Italia, neanche ora che sono fisicamente qui. In questi giorni, mi trovo spesso nell'aula del tribunale dove si svolge il processo per gli attentati a Charlie Hebdo e all'Hyper Cacher, ma anche in pagine di Silvio D'Arzo, Franco Arminio, Patrizia Cavalli, Romain Gary e Robert Seethaler.
P.S. Giorno per giorno, lo scrittore Yannick Haenel scrive del processo in corso su Charlie Hebdo. I suoi resoconti sono accessibili a tutti per 24 ore.
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