Supponiamo che dal fondo dell’oceano una conchiglia pensante
emergesse per la prima volta alla superficie ed aprisse le sue valve
alla luce; supponiamo che essa sapesse di poter rimaner solo per pochi
istanti al cospetto dell’universo immenso e variopinto e di dover poscia
ritornare per sempre negli oscuri e misteriosi abissi del mare. Come si
potrebbe giustificare l’affermazione che, non, se mai, necessità bruta,
ma dovere morale sia per questa conchiglia quello di dedicare
quei pochi istanti al lavoro? Come si potrebbe sostenere che la sua
stessa essenza di ente spirituale e pensante non esiga invece che essa
li dedichi alla contemplazione del grandioso spettacolo che solo per un
momento le si affaccia? E come si potrebbe tributare plauso e
approvazione morale e dare la consacrazione d’una spiritualità superiore
a quella conchiglia se il breve momento consacrasse al lavoro e non
alla contemplazione? Ma l’uomo non è altro appunto che quella conchiglia
emersa un momento sulla superficie della vita e che fra un istante
scomparirà negli abissi.
Giuseppe Rensi, L’irrazionale, il lavoro, l’amore, 1923
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