"Sette anni di prigione: sono molto o poco tempo? Un raggio di sole impiega otto minuti per raggiungere la Terra. Le onde luminose di un raggio di un faro diretto nel cielo raggiungono la stella più vicina al sole in poco più di quattro anni, vale a dire quasi due terzi della mia incarcerazione. La luce impiegherebbe circa due milioni di anni per raggiungere il nostro sistema stellare più vicino, la galassia di Andromeda. Incredibilmente tanto? Basti pensare a quante persone sono state colpite dalla guerra in Ucraina, che ha privato ognuna di loro di anni di una vita pacifica e normale - e alcune della loro stessa vita! E lo si moltiplichi... Così grande è la responsabilità che grava su tutti noi. Anche su di me."
Alexej Gorinov, prima che i giudici in tribunale annunciassero la loro sentenza, come previsto dall'articolo 293 del codice di procedura penale russo, che garantisce a ogni imputato il diritto a un discorso di chiusura, senza censura, senza interrogatorio e senza limiti di tempo. È l'ultima parola (posledneje slovo) dell'imputato, un diritto che risale all'epoca zarista e ha attraversato - indenne - quella sovietica fino al presente. Di ultime parole si occupa il dossier della Zeit di questa settimana. La citazione viene da lì.
Gorinov, consigliere comunale moscovita, è stato giudicato colpevole di "diffondere informazioni chiaramente false" sull'esercito russo utilizzando "i suoi doveri ufficiali" e di averlo fatto nel contesto di un gruppo organizzato motivato da "odio politico". Così la sentenza.
Ha chiamato guerra la cosiddetta "operazione speciale" russa, anche in tribunale.